Un kilt tricolore

La comunità italiana in Scozia ha raggiunto la quarta e la quinta generazione. Sono circa 30 mila gli italiani residenti che rappresentano il 10% dell'intera popolazione italiana in Gran Bretagna.
24 Giugno 2003 | di

EDIMBURGO
L'arrivo degli italiani in Scozia, in numero relativamente cospicuo, si colloca alla fine del XIX secolo come parte di un processo d'emigrazione a catena attraverso il quale i primi immigrati che si erano già  affermati, mandavano a chiamare parenti e compaesani per lavorare nelle loro attività . Grazie a questo tipo d'emigrazione, si sono sviluppati forti legami tra aree d'insediamento e specifiche regioni in Italia che si riflettono oggigiorno con la presenza di associazioni regionali quali i Lucchesi nel Mondo e i Laziali in Scozia o gemellaggi che uniscono città  di entrambi i Paesi quali Torino-Glasgow e Firenze-Edimburgo. Le due componenti più ampie - spiega infatti Ennio Troili, direttore dell'Istituto Italiano di Cultura di Edimburgo - provengono da Barga e Picinisco: in provincia di Lucca la prima, e di Frosinone la seconda. La nostra collettività  - prosegue Troili - è bene integrata e gode di una buona posizione economica e di molto rispetto. I nostri connazionali sono legati all'Italia dove trascorrono in parte le loro vacanze, mantengono l'orgoglio di essere italiani anche se per i più giovani il legame rimane di natura sentimentale.
Con questa breve premessa iniziamo la nostra analisi sull'identità  culturale dei giovani italo-scozzesi. Ne abbiamo parlato con Alessandro Nardini, 32 anni, di Largs, paese sulla costa ovest, ad un'ora da Glasgow. Sono nato in Scozia ma le mie radici sono in Italia - esordisce Alessandro -, quindi la mia identità  è un qualcosa di poco chiaro. Mi piace pensare di aver preso in prestito i tratti migliori di entrambe le culture, lo spirito scozzese e il senso del fair-play da una parte, l'importanza della famiglia e l'amore per la gastronomia dall'altra. Crescere in Scozia da una famiglia italiana ha certamente modellato la maniera di vedere l'ora dei pasti. Era sempre alle 7 in punto e tutti insieme, lo ricordo sempre come il momento clou della giornata. Ancora oggi mangiamo insieme ed ugualmente in grande quantità . A scuola - prosegue - è stato difficile qualche volta, visto che il nome e la carnagione mi facevano uscire dalla norma, ma mai in maniera scomoda, se penso a quello che mio padre e mio nonno hanno sopportato durante la loro permanenza, i miei problemi diventano insignificanti. Le radici italiane hanno certamente influito sulle mie scelte di vita, la famiglia, per esempio, è al primo posto. Lavoro nella mia piccola attività  familiare e senza rammarico. Alessandro, laurea in Marketing Internazionale e I.T. presso l'Université di Paisley, dirige il Seaview Café in Wemyss Bay: il menu è per palati scozzesi anche se le lasagne fatte in case da mia madre sono molto richieste. Sul concetto di doppia identità , Alessandro ammette: molto spesso uno può sentirsi distaccato sia in Scozia sia in Italia.
C'è un senso di accettazione in entrambe ma quasi mai una totale
appartenenza, sensazione quest'ultima che troveremo comune a mol-
ti altri intervistati. Alessandro è inoltre l'ideatore del sito internet www.scotsitalian.co.uk dedicato alle molte famiglie italiane che hanno fatto della Scozia la loro nuova casa: la maggioranza delle informazioni sul sito provengono da racconti ed esperienze di vita fatte da familiari, amici di mio padre e personaggi che ho incontrato durante la giovinezza, molti dei quali sono ora tristemente scomparsi. Penso sia importante - sottolinea Alessandro - raccogliere e registrare questi fatti, visto che l'identità  si diluisce attraverso le generazioni.
Gli fa eco una ragazza: Non sono la tipica italo-scozzese - afferma Tanita Casci, laurea in Genetica, 30 anni di Glasgow - sono nata e cresciuta in Scozia da genitori italiani ma all'età  di 12 anni la mia famiglia è ritornata in Italia. Ho fatto le scuole medie e il liceo scientifico, e a 20 anni sono ritornata in Gran Bretagna: prima a Glasgow, poi a Cambridge e ancora a Glasgow. È chiaro che ho avuto una maggiore esposizione alla cultura italiana rispetto a molti italo-scozzesi - aggiunge Tanita, vincitrice del primo Pontecorvo Prize per la genetica, premio intitolato all'inventore della genetica moderna, Guido Pontecorvo -. Il mio italiano è fluente e raramente mi pongo domande sulla mia identità , che è innegabilmente una mescolanza di entrambe le culture, con quella scozzese predominante al momento. Da bambina è sempre stato un po' imbarazzante essere differente dagli altri, ma non c'erano barriere per mescolarsi con i veri scozzesi, ed è precisamente quello che io e la mia famiglia abbiamo fatto. È bello essere capaci di adottare e incorporare nella propria vita gli aspetti che più ci piacciono di entrambe le culture, come l'umorismo inglese e la cucina italiana ci confida Tanita. L'Italia per me rappresenta il cibo, la famiglia e il senso del divertimento. Famiglia e amici sono valori importanti nella scala delle priorità  degli italiani, e la loro generosità  verso questi è ineguagliabile. Mi piace la Scozia per la varietà  di persone e culture, e per l'atteggiamento liberale che vi si trova, l'Italia invece è piuttosto omogenea, conservatrice e conformista, ed è proprio per questo che ho preferito vivere qui. L'unica piccola complicazione di essere un'italo-scozzese - conclude Tanita - è che in Scozia non sono ritenuta una vera scozzese e in Italia sono sempre l'inglesina. Non c'è via di scampo: sarò sempre un po' entrambe.
Un'interessante soluzione a questa multiappartenenza che talvolta crea un senso di smarrimento viene da Sergio Casci, famoso scriptwriter italo-scozzese di Glasgow, il quale propone l'affascinante idea di una terza entità  rappresentata dalla fusione delle due culture e la conseguente creazione di un nuovo essere. Ero più che trentenne quando ho trovato la risposta alle mie incertezze - scrive Sergio in un articolo pubblicato per la rivista Italia & Italy -. Non ero né uno scozzese con un cognome strano né una brutta copia delle persone che incontravo in vacanza, nel paese natio dei genitori. L'identità  era diventata chiara: ero uno di razza. 100% italo-scozzese! Per me quella fu una rivelazione - prosegue -: finalmente non dovevo più giustificare perché ero orgoglioso delle mie radici e non dovevo più scusarmi per le imperfezioni linguistiche. Dopo tutto devo ancora incontrare un italiano che parla inglese meglio di me, e io parlo italiano decisamente meglio di molti scozzesi. Anche per Sergio, la famiglia e il buon cibo sono importanti, mangiare insieme, trascorrere il tempo con i propri familiari sono valori impareggiabili.
Ho una doppia identità ? - si domanda Roberto Lucherini, commercialista -. Suppongo di sì! Con il passare degli anni mi considero sempre più italiano o, per essere più preciso, sempre meno scozzese. Avendo avuto il privilegio di vivere in Messico, ad esempio, trovo una maggiore affinità  con tutte le cose latine: musica, arte, luoghi, cibi e persone comprese. Roberto, nato a Glasgow nel 1951, figlio di emigrati da Barga, ci racconta: da bambino e da adolescente ho avuto difficoltà  con questa doppia nazionalità . Non sono mai riuscito ad integrarmi né con la cultura scozzese né con quella italiana, e di conseguenza a scuola ho avuto difficoltà  soprattutto nell'uso della lingua inglese dato che l'italiano era la mia prima lingua. Quando ho sposato mia moglie, scozzese, ho giurato di non insegnare due lingue ai nostri figli, e infatti entrambi ora parlano l'inglese perfettamente, ma non l'italiano. Dico questo con un po' d'orgoglio ma anche con qualche rimpianto.
C'è comunque chi la lingua italiana la insegna alla scuola serale. È il caso di Giannina Amatruda, insegnante di Dundee, la quale ci racconta che essere un'italo-scozzese non ha mai posto problemi alla sua identità . Fu cresciuta come un'italiana cui semplicemente capitava di vivere e lavorare in Scozia. Ammette che il fatto d'essere oriunda, ha influenzato le scelte di vita: per amore dell'Italia ho conseguito una laurea in Italiano e Inglese, e sono stata un'insegnante per tutta la vita. Ora insegno italiano presso il Club Romano ad un numeroso gruppo di adulti. La mia ambizione - prosegue Giannina - era quella di sposare un italiano e vivere in Italia, e anche se ciò non è accaduto, ancora oggi le mie sorelle ed io pensiamo che se avessimo sposato un italiano avremmo avuto matrimoni più felici. Ci spiega inoltre che essere italo-scozzesi ha significato uscire dalla norma ma non per critica bensì per lode, gli italiani in Scozia sono sempre stati apprezzati perché gran lavoratori e rispettosi della legge. 

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017