Un lungo ponte nel segno del sorriso

Pellegrinaggio delle Penne nere dell’Ana, l’Associazione nazionale alpini, a Rossosch, dove gli alpini donarono, vent'anni fa, l’Asilo Sorriso. Carica di ricordi ed emozioni la visita a Nikolajewka in memoria dei caduti.
22 Novembre 2013 | di

«Siamo sulla via della costruzione di un grande ponte grazie al quale i popoli si tendono le mani e possono costrui­re rapporti di amicizia». Sono queste le parole pronunciate dal sindaco Markov, a Rossosch, il 21 settembre scorso, in occasione dell’incontro con le Penne nere dell’Ana (Asssociazione nazionale alpini) per il ventennale della donazione dell’Asilo Sorriso alla città nella quale, durante la campagna di Russia, aveva sede il Corpo d’armata alpino.

Allora, lo spirito animatore dell’Ana era stato quello di voler erigere un monumento ai Caduti nel cinquantesimo anniversario della battaglia di Nikolajewka, un monumento del tutto particolare e originale. Si tratta, infatti, di un’opera di pace, di solidarietà e di amicizia per i figli dei figli dei nemici di un tempo. Non a caso la scritta sulla targa, apposta sopra a un muro esterno della struttura, è bilingue: «Ai bambini di Rossosch che non hanno conosciuto / le sofferenze e le crudeltà della guerra, / gli alpini d’Italia donano questo asilo a ricordo di quanti, sull’uno / e sull’altro fronte, si sono immolati nella stagione / del dovere e perché sorrida a tutti i popoli / la stagione della libertà, dell’amicizia, della pace. / Ana». Parole che riassumono in poche righe il significato di un’impresa straordinaria, difficile, e «unica» per riprendere un’altra espressione del sindaco Markov. In effetti, non risulta che esista un’altra associazione d’arma (l’Ana lo è) che abbia progettato, costruito e donato alla popolazione di uno Stato che era stato «nemico» una struttura come quella che mani alpine (mani «benedette», come qualcuno le ha definite) costruirono vent’anni fa.

Il ritorno a Rossosch, e poi a Nikolajewka, non è stato un evento sporadico. In questi anni le Penne nere sono tornate, a più riprese, per «aggiunte» (un parco, un giardino) e per vari lavori di manutenzione. Nel tempo si è instaurato un rapporto più stretto con la gente del posto. L’incontro per il ventennale ha dimostrato in tutta la sua evidenza come questo legame sia autenticamente sentito, convinto e forte. E il significato di questa realizzazione (nonché dei ritorni delle Penne Nere a Rossosch) è stato sottolineato dall’ingegner Sebastiano Favero, presidente nazionale dell’Ana e progettista dell’opera con il fratello architetto Davide e lo zio geometra Bortolo Busnardo.
 
Solidarietà e senso del dovere
Il cuore, la generosità, le mani degli alpini, per rompere le barriere che dividono e costituire la base, il cemento dei rapporti tra i due popoli, sono rappresentati dall’Asilo Sorriso. D’altro canto – è sempre espressione di Sebastiano Favero – «il cappello con la penna nera è, nel mondo, sinonimo di solidarietà, senso del dovere, onestà». A darne conferma, se così si può dire, lo storico di Rossosch, professor Alim Morozov, che da bambino fu testimone dell’occupazione (bonaria) degli italiani. Morozov ha avuto modo di affermare che, che sotto il cappello degli alpini, ci sono idee, e che l’idea di costruire l’asilo ha rappresentato un modo per cancellare la guerra. Parole, espressioni, affermazioni, che in questo caso non sono vuota retorica, bensì realtà concreta, ben compresa dai russi perché bene espressa dagli alpini italiani.

Per il ventennale di questa realizzazione «di pace» non poteva mancare, nel pellegrinaggio organizzato dall’Ana, la visita a Nikolajewka (oggi Livenka), il piccolo paese nel quale le nostre truppe combatterono la battaglia decisiva per rompere l’accerchiamento e uscire dalla sacca (26 gennaio 1943) in cui si trovavano. Fu in quell’occasione che il generale Luigi Reverberi, salito su un blindato tedesco, alzò un braccio per indicare la direzione incitando al contempo i suoi: «Tridentina avanti! Tridentina avanti!», come ricordano i libri di storia. E proprio qui, lo scorso settembre, davanti alla fossa comune in mezzo alla campagna, come nel sottopasso della ferrovia in paese, a parlare erano solo il silenzio e la commozione dei quattrocento tra alpini, familiari, parenti, amici presenti. Sul cippo di granito, in memoria di quei Caduti sconosciuti della fossa comune, don Bruno Fasani, direttore del mensile «L’Alpino», ha celebrato una messa e ha pronunciato poche, toccanti parole, mentre il Coro Ana di Trento intonava Signore delle cime e Nikolajewka. In questa chiesa a cielo aperto, soltanto quelle note e quelle parole accompagnavano pensieri, rimpianti, riflessioni, preghiere dei presenti. Più d’uno ha strappato un pugno di terra. Qualche altro ha sgranato semi di girasole da portare a casa per ricordare chi non è tornato. La memoria è un’altra caratteristica degli alpini, una memoria partecipe che si fa comunione.

Due i momenti forti in questo pellegrinaggio. Oltre a quello appena ricordato di Nikolajewka (svoltosi in uno spirito di pietas che tutto cristianamente abbraccia) c’è stato quello gioioso di Rossosch: qui tanti bambini hanno cantato, danzato, dato testimonianza di quanto questa struttura, destinata a 150 ospiti, sia gradita. Significativa la storia raccontata da una giovane mamma: lei fu ammessa nell’asilo nel 1994, un anno dopo la donazione, e ora, quasi vent’anni dopo, a frequentarlo è il suo primogenito. L’esperienza vissuta è stata per tutti carica di emozioni e ricca di gesti dettati dalle ragioni del cuore.

Come le preghiere «del volontario» e «dell’Alpino», lette da Lino Chies (uno dei protagonisti nella costruzione dell’asilo) e dal vicepresidente nazionale dell’Ana, Nino Geronazzo, in un clima di vera commozione.
 


Il progetto dell’Asilo sorriso

L’idea di erigere un monumento (alla vigilia del 50° anniversario della battaglia di Nikolajewka), in memoria dei Caduti alpini, l’ebbe, agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso, il reduce di Russia Ferruccio Panazza, bresciano. Il consiglio direttivo nazionale dell’Ana decise per un asilo-scuola materna. Progettisti Bortolo Busnardo, geometra, e i nipoti Sebastiano (ingegnere) e Davide (architetto) Favero, della sezione Montegrappa di Bassano (VI). Venne aperta una sottoscrizione nazionale alla quale aderirono l’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga, Giulio Andreotti, il generale Jean, tantissimi reduci, vedove di medaglie d’oro, gente comune. Furono raccolti 1 miliardo e 100 milioni di vecchie lire. Circa 700 i volontari impegnati nelle estati del 1992 e del 1993, mentre se ne erano offerti oltre duemila. Ma l’Ana aveva fatto bene i calcoli: nessun uomo in più di quelli necessari per i lavori. I principali materiali impiegati furono in parte acquistati sul posto, in parte portati dall’Italia.

Alla fine, ecco l’edificio costruito a Rossosch, dove durante la campagna di Russia aveva avuto sede il comando del Corpo d’Armata Alpino: volume totale 9.815 metri cubi; volume interrato 3.900 metri cubi; superficie utile totale 3.900 metri quadrati; giornate lavorative 10 mila. Molti i materiali offerti, gratuitamente, da aziende italiane. Così come i quantitativi di alimentari per gli alpini al lavoro che soggiornavano a Rossosch.

L’Asilo Sorriso, inaugurato il 19 settembre 1993, ha visto, in seguito, diversi ritorni delle Penne nere per opere di manutenzione, realizzazione di un parco giochi, di un giardino e la posa di una piccola scultura raffigurante il cappello con la penna e la stella dell’esercito sovietico.

 
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017