Un nuovo inizio

L’Anno della fede è l’occasione per noi cristiani di riscoprire le verità e le motivazioni alla base della nostra appartenenza alla Chiesa.
12 Ottobre 2012 | di
Illuminati dalle riflessioni che Benedetto XVI ci ha donato nella lettera apostolica Porta fidei, vogliamo anche noi intraprendere un «percorso» per approfondire le verità e le motivazioni che caratterizzano la nostra appartenenza alla Chiesa. Ma sarà possibile vivere gli obiettivi dell’Anno della fede – che richiedono attenzioni e impegno per la promozione di una nuova evangelizzazione –, in un contesto dominato da una cultura consumistica e materialista nell’Occidente cristiano e da una «cristiano-fobia» alimentata dal fondamentalismo nei Paesi del Medio Oriente e dell’Asia?

La presenza di Dio e la conoscenza del suo insegnamento trasmesso dalla Chiesa sono sempre più assenti nella vita dei cristiani e nelle scelte delle istituzioni politiche e sociali. Constatiamo una crisi di fede generalizzata. Ciò fa emergere la necessità che il cristianesimo ritrovi nuove energie per uscire dalla mediocrità e rinascere. «Dove il cristianesimo non rinasce, marcisce», scriveva Pier Paolo Pasolini pochi giorni prima della morte, esprimendo, pur non facendone parte, delle attese nei confronti della comunità cristiana. E il sociologo Zygmunt Bauman aggiunge: «I nostri tempi sono tempi duri per la fede – per qualunque fede, sacra o profana –; per la credenza nella Provvidenza, nella catena divina dell’Essere, come per la credenza di un’utopia mondana in una società perfetta futura. Sono tempi sfavorevoli alla fiducia e, più in generale, a propositi e sforzi di ampia portata, per l’evidente transitorietà e vulnerabilità di tutto (o quasi tutto) ciò che conta nella vita terrena» (Cf. La società della gratificazione istantanea in culture differenti: Europa e Nord America, in «Concilium» 35, 1999). In un contesto «sfavorevole alla fiducia» e appesantito dalla crisi economica, la fede cristiana ci offre delle risorse per orientare la ricerca di senso e rafforzarci nella sequela. Ricordiamo l’appello che sant’Agostino rivolgeva ai cristiani, in un momento storico difficile, per stimolare la loro ricerca di Dio: «Cerchiamolo per trovarlo, e cerchiamolo ancora dopo averlo trovato. Per trovarlo bisogna cercarlo, perché è nascosto; e dopo averlo trovato, dobbiamo cercarlo ancora, perché è immenso. (...) Egli sazia chi lo cerca per quel tanto che lo possiede; e rende più capace, chi lo trova, di cercarlo ancora per riempirsi maggiormente di lui» (In Joh. Tract. 63,1). La vita del cristiano è tutta un santo desiderio, aggiunge Agostino; la molla è un dinamismo che si alimenta costantemente dell’ascolto della Parola rivelata, che scava in noi il desiderio dell’incontro e del rapporto appassionato con Colui che dovrebbe essere l’eterno Desiderato. Il filosofo francese Paul Ricoeur scrive che la Parola della fede cristiana «resta una Parola povera, disarmata, che non possiede altra forza se non la sua capacità di essere ascoltata. Essa riposa su una sorta di scommessa: ci sono ancora persone per ascoltarla?».

Noi possiamo rispondere positivamente a questo interrogativo, ponendoci con libertà interiore nella ricerca del senso del dono della vita e accogliendo la fede come libera risposta alla rivelazione di Dio. Un’accoglienza che svela anche la dimensione umana della nostra sequela di Cristo: uno stile di vita alimentato dalla Parola e da un sentimento di riconoscenza per averci indicato la strada da percorrere per rimanere fedeli alla nostra identità cristiana.
 
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017