Un pianeta da salvare

Scienziati e climatologi sono d’accordo: la temperatura globale della Terra sta salendo. E gli effetti si vedono: infittire degli uragani, estati insolitamente torride... E gli scenari prospettati non sono rosei. Ai giovani soprattutto il compito di agire
01 Aprile 1999 | di

L'inverno appena trascorso quanto a freddo non ha scherzato. Glaciale, polare, siberiano, killer... i giornalisti non hanno lesinato sugli aggettivi per qualificarlo. Non sono mancate le vittime a causa soprattutto delle eccessive nevicate: in numero limitato in Italia, più consistente in altri paesi del Nord e dell'Est europeo. Chi ha più anni sulle spalle, in verità , ricorda inverni anche più crudi, quando gli alberi, morsi dal gelo, schiattavano. È un'inquietante novità , invece, che il gelo abbia infierito nelle regioni meridionali, di solito mitigate da un lieve tepore.
Novità  pari a quella della rovente estate scorsa, quando anche sulle Dolomiti, con le colonnine di mercurio oltre i 30 gradi, si boccheggiava; l'estate più torrida da quando si misurano le temperature con i termometri, un secolo circa. Ricordo il ghiacciaio della Marmolada, quando raggiungere Punta Penia aveva il sapore di una conquista:
il gigante ghiacciato ti soggiogava con il suo misterioso, immenso fascino. Oggi, frotte di gente vengono sparate lassù dalle veloci funivie ad ammirare, si fa per dire, un ammasso grigiastro, in ritirata sotto le sferza del sole.
Segno dei tempi. Di un tempo che non è più come una volta, quando le stagioni si succedevano con graduale lentezza e i valori climatici subivano mutazioni infinitesimali nel corso di secoli, mentre oggi sembrano salire a ritmo accelerato. Quelli del riscaldamento globale, ad esempio, sono mutati di un grado poco meno negli ultimi cent'anni, e potrebbero nei prossimi trenta salire di altrettanto e forse più, con conseguenze tutt'altro che piacevoli: lo affermano preoccupati, tra gli altri, i diecimila scienziati del gruppo di lavoro dell'Onu, l'Ipcc (agenzia intergovernativa sul cambiamento del clima), per i quali le estati roventi, gli inverni gelati e altre catastrofiche anomalie verificatesi negli ultimi anni sono da attribuire a queste variazioni. Non tutti gli scienziati, in verità  concordano su queste conclusioni. Il professor Guido Visconti, anche lui dell'Ipcc, dice: «Sarei prudente nell'affermare che c'è un cambiamento climatico in atto. Per dirlo dovremmo essere certi che questo trend è dovuto a una causa precisa. Ricordiamoci che l'atmosfera è un sistema caotico mai studiato».Effetto serra. Per molti altri la causa, anche se non certissima ma molto probabile, c'è ed è 'effetto serra. Che non è una variabile impazzita del «sistema caotico», ma la conseguenza dell'azione dell'uomo, cioè dei gas prodotti in quantità  eccessive dai combustibili fossili bruciati, petrolio, carbone e gas naturale. Una micidiale miscela di anidride carbonica, metano, protossido di azoto e idrofluorocarburi che esce dai tubi di scappamenti dei veicoli a motore, dalle ciminiere delle centrali elettriche e delle industrie pesanti... e che va a finire negli strati alti dell'atmosfera impedendo la dispersione del calore solare riflesso dal pianeta.
La Terra è avvolta da una fascia gassosa, che ha il compito di filtrare le radiazioni solari e di trattenere solo la quantità  di raggi indispensabili per garantire la continuità  della vita, mantenendo la temperatura media globale di +15 gradi. La Terra riscaldata riflette parte del calore nella direzione opposta attraversando l'atmosfera. Quando la densità  della fascia diventa più spessa, le radiazioni non riescono più a trapassarla e vengono reindirizzate verso il basso, provocando l'inevitabile surriscaldamento dell'intero pianeta. Con inevitabili e spiacevoli conseguenze.
Ogni anno gli uomini pompano nella bassa atmosfera, quindi a soli 20 chilometri d'altezza, 6 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, che intrappola il calore. Stime del Nobel Rubbia prevedono che «intorno alle metà  del 2000 si dovrebbe arrivare a qualcosa come 50 o 100 miliardi di tonnellate».
Tutto questo, secondo la maggioranza dei climatologi, avrebbe già  avviato un cambiamento climatico globale; lo dimostrerebbero le temperature record registrate ultimamente: dal 1980 ad oggi si sono registrati i dieci anni più caldi della storia scritta, con il 1998 decisamente al di sopra di tutti.Alcuni esempi. È assai lungo l'elenco dei recenti, micidiali, «scherzetti» attribuibili all'effetto serra. Ricordate l'uragano Mitch, il tredicesimo dell'anno nell'area caraibica, e la sua furia devastatrice abbattutasi lo scorso novembre sui cittadini del Centroamerica? Interi paesi cancellati, migliaia le vittime e l'orologio dell'economia regredito di 30-40 anni in regioni da sempre in difficoltà . Gli uragani da quelle parti non sono una novità , ma nessuno s'è abbattuto con la furia di ques'ultimo.

 La violenza dell'uragano è stata attribuita al comportamento anomalo del Nià±o, una corrente calda che emerge ogni tre/sei mesi nelle acque del Pacifico tropicale provocando sconvolgimenti climatici. Ma anche l'anomalia del Nià±o potrebbe essere una conseguenza dell'effetto serra. La misteriosa corrente - spiega Hartmut Grassì, direttore dei programmi mondiali di ricerca del Wmo (World me-tereological organisation) - trasferisce il suo calore all'atmosfera e la riscalda di alcuni gradi, quanto basta per alterare i normali cicli meteorologici di interi continenti. Di solito era una moderata anomalia, ma negli ultimi tempi, accentuata dall'effetto serra, si è trasformata in un evento catastrofico che ha provocato i danni che sappiamo: eccesso di piogge da una parte e altrove una prolungata siccità  che prelude alla desertificazione.
Le alluvioni in Cina sono una costante, ma quella che ha colpito il paese lo scorso anno tra luglio e agosto è stata terribile: 223 milioni le persone coinvolte, oltre tremila i morti, danni pari a 260 mila miliardi di lire.
L'Antartide si squaglia. Ma a preoccupare di più è quanto sta avvenendo nell'Antartide, i cui effetti possono coinvolgere l'intero pianeta. Lì la temperatura è salita di alcuni gradi, addirittura di 11 negli ultimi 20 anni, come riferisce Ross Gebelspan, premio Pulitzer per il giornalismo. L'innalzamento della temperatura ha provocato distacchi di masse imponenti di ghiaccio, enormi iceberg come mai s'eran visti. La prima s'è mossa tra il gennaio e il febbraio del 1995 dalla piattaforma glaciale di Larsen: 72 chilometri di lunghezza, 35 di larghezza e 200 metri di spessore. Due mesi dopo una seconda enorme spaccatura aveva mandato alla deriva una montagna di ghiaccio di 65 chilometri di lunghezza. Uno scienziato argentino, testimone oculare della disintegrazione delle piattaforme glaciali, Rodolfo Del Valle, afferma: «Avevamo previsto la spaccatura della banchisa polare entro una decina d'anni, in realtà  tutto è successo nello spazio di pochi mesi, mettendo a nudo rocce che per ventimila anni erano rimaste sepolte sotto seicento metri di ghiaccio». Per Del Valle la causa di ciò è chiara: è l'aumento della temperatura. Gli effetti di quanto sta avvenendo riguardano l'intero pianeta, perché lo scioglimento dei ghiacci potrebbe provocare l'innalzamento del livello del mare di un metro circa nel corso del prossimo secolo, allagando, secondo le stime dell'Epa (l'ente per la protezione ambientale degli Usa) «fino al 60 per cento delle nostre terre basse costiere». Per Venezia un'«acqua alta» senza ritorno...
Ma anche sui bacini di casa nostra la febbre del ghiaccio ha lasciato segni vistosi: i più grandi si sono ritirati di diversi metri, i più piccoli o sono già  spariti o sono ridotti in condizioni pietose.
Le lobby del petrolio. La gran parte degli scienziati è convinta che, a chiunque debba essere attribuita la causa di questi guai, qualcosa bisogna fare per assicurare un futuro alla Terra. C'è chi rema contro, magari perché al soldo delle industrie petrolifere. E Ross Gebelspan, nel suo libro Clima rovente delle edizioni Baldini e Castoldi, ne smaschera più di uno. È chiaro che ridurre le emissioni, ad esempio, di anidride carbonica significa ridurre, significativamente, il consumo di petrolio, con notevoli perdite economiche. I petrolieri, e non solo loro, stanno facendo il diavolo a quattro per convincerci che non c'è nessun surriscaldamento del globo, che quello che stiamo vivendo è un effetto passeggero, che non è quindi necessario, almeno in tempi brevi, prendere vie diverse. E tanto meno conveniente.
Di fatto petrolio e carbone danno vita alla principale industria della storia e il giro d'affari annuo del solo petrolio supera il trilione di dollari; i prodotti petroliferi e i derivati del carbone si usano in ogni casa, in ogni auto, in ogni fabbrica e in ogni edificio in quasi tutte le nazioni del mondo... L'industria petrolifera sostiene interamente l'economia della maggior parte delle nazioni mediorientali e vasti settori dei sistemi economici di Russia, Messico, Venezuela, Nigeria, Indonesia, Norvegia e Gran Bretagna. Dà  lavoro a milioni di persone e influisce sul patrimonio di decine di milioni di investitori. Consistenti tagli nel consumo di petrolio e carbone potrebbero distruggere intere nazioni e paralizzare l'economia mondiale.
Ma poiché i danni derivati dal clima impazzito potrebbero essere ancora più atroci di questi, se non si vuole soccombere, prima o poi bisognerà  scegliere fonti di energie diverse, che pure esistono. Naturalmente in modo graduale per non fare saltare tutto.
Le inutili conferenze. È chiaro che le compagnie interessate faranno di tutto per allontanare il più possibile nel tempo queste scelte. E lo si vede negli scarsi risultati raggiunti nelle conferenze sui cambiamenti climatici organizzate dalle Nazioni Unite. Quella svoltasi a Kioto in Giappone nel 1997, ad esempio, doveva produrre un protocollo per limitare le emissioni dei gas che producono l'effetto serra. Contrariamente a quanto era accaduto dopo i precedenti accordi di Berlino ('95) e Rio de Janeiro ('92) i paesi che più consumano petrolio, carbone e idrocarburi gassosi avrebbero dovuto impegnarsi a rivedere il loro programma di sviluppo. Per il bene della Terra.
La disponibilità  a ridurre le emissioni di gas serra è stata molto al di sotto delle esigenze reali.
Non è stata decisiva neppure la conferenza di Buenos Aires dello scorso novembre, apertasi mentre infuriava l'uragano Mitch. Raggelanti i dati forniti dai climatologi: l'effetto serra procede a velocità  doppia rispetto al previsto. Scriveva il presidente emerito dell'Ipcc, Boris Bolin, su «Science», che per fare qualcosa di veramente importante bisognerebbe ridurre, da subito, del 20 per cento le emissioni che riscaldano la terra. A Buenos Aires si doveva ratificare il protocollo siglato a Kioto, lo hanno fatto gli Usa, aggiungendosi a Figi, Barbados e Antigua, che rischiano di sparire con l'innalzamento degli oceani; gli altri avevano tempo di farlo entro marzo (non sappiamo mentre scriviamo chi l'abbia fatto), ma sempre su valori inferiori a quanto richiederebbe la situazione.
Le alternative ci sono. I problemi sono enormi e non esistono soluzioni semplici e immediate per risolverli. Però alcune prospettive la tecnologia le ha individuate, e chi ci ha creduto sta già  incassando benefici ecologici considerevoli: con l'uso di autoveicoli a emissione zero, sono già  state realizzate decine e decine di tipi che non producono i gas serra; con il ricorso a fonti energetiche rinnovabili, eoliche e solari, il cui mercato è in fermento per le importanti novità  lanciate.
Per sfruttare l'energia solare, ad esempio, al posto degli ingombranti pannelli di dieci anni fa, si usano microimpianti piccoli come una tegola, ma con un'efficienza 20 volte superiore. Questi consentono al Rocky Mountain Institute, un centro di ricerca a 2000 metri d'altezza in Colorado, di pagare a fine mese appena otto mila lire per la bolletta elettrica.
La Danimarca ha potuto ridurre in maniera consistente l'emissione di anidride carbonica, grazie a sofisticati impianti di sfruttamento dell'energia del vento che producono la metà  del suo fabbisogno elettrico. I danesi hanno anche realizzato vetrate per abitazioni in grado di neutralizzare i raggi ultravioletti dannosi alla salute, di respingere il calore d'estate e di accumularlo d'inverno; e inoltre specchi orientabili che permettono di illuminare spazi interni di un edificio senza tenere la luce accesa di giorno.
Sono solo alcune indicazioni. Di certo ce ne sono molte altre capaci di rivoluzionare in modo positivo la qualità  della vita. Ogni rivoluzione costa, ma questa vale più di un sacrificio: il non farla toglie speranza e avvenire alle future generazioni. Tocca ai giovani prendere in mano la situazione e lottare con decisione perché i vecchi politici e i vecchi potentati escano dalla sterpaglia degli equivoci e degli interessi per pensare seriamente e decisamente al futuro della Terra. Questa è una delle svolte più decisive che i giovani si attendono dal Duemila. Non dobbiamo deluderli.

   
   
ALCUNI ESEMPI PER CAPIRE CIO' CHE STA AVVENENDO      

Pioggia. L'autunno 1998 ha segnato il record degli ultimi 100 anni in Toscana, Lombardia e Liguria (350 millimetri in poche ore per 10 volte in due mesi) e nel Centro Europa. Abbondantissime le nevicate d'inverno, con rapidi aumenti di temperatura e conseguenti, rovinose, slavine.

Temperatura. La.temperatura media annua della Terra, 15 gradi sopra lo zero, è salita quest'anno di 0,14 gradi: l'aumento più alto da quando si effettuano queste rivelazioni. La scorsa estate il caldo ha raggiunto livelli record, e così il freddo l'inverno successivo.     

Ghiacciai. Negli ultimi dieci anni i ghiacciai alpini del versante italiano si sono ridotti del 70 per cento, su quello di Francia, Svizzera, Austria e Slovenia, del 35-45. Mentre nell'Antartide masse enormi di ghiaccio si staccano, con frequenza inusitata, dalla piattaforma di Larsen andando alla deriva.

Livello del mare. Da oggi al 2030 si stima che lungo le coste italiane possa crescere da 8 a 29 centimetri il livello del mare. Per la laguna di Venezia è previsto un aumento di mezzo metro. Molte isole negli oceani, come le Figi, Barbados, Antigua potrebbero    scomparire.     

Foreste. Ogni anno vengono tagliate e bruciate foreste per una superficie di 84 mila chilometri quadrati, pari a quella dell'Austria. Il 1998 è stato un anno record con 90 mila chilometri quadrati distrutti, in un momento in cui la Terra ha più che mai bisogno di ossigeno.

 

   
   
LO SVILUPPO SOSTENIBILE      

di Laura Pisanello e Claudio Zerbetto

Nei primi anni Settanta si cominciò a parlare di «sviluppo sostenibile» che può essere definito il complesso di azioni che migliorano la qualità  della nostra vita, rimanendo nei limiti di carico degli ecosistemi che ci sostengono, senza compromettere cioè la       possibilità  delle future generazioni di soddisfare i propri bisogni.
Ma è possibile conciliare progresso e rispetto dell'ambiente? Per Giancarlo Bologna, segretario generale del Wwf è possibile. «In tutti questi anni di approfondimenti afferma - la cultura ambientale ha dimostrato che si può fare molto. Attualmente i governi di tutto il mondo spendono 1450 miliardi di dollari l'anno in sussidi per attività  negative per l'ambiente nella costruzione di strade, nel produrre energia, nel sostenere la pesca... Se questa cifra fosse usata a favore dell'ambiente, i risultati sarebbero positivi».
Non dobbiamo certo tornare alla candela e al cavallo! «La maggior parte dei cittadini non capisce, e pensa che noi proponiamo un abbassamento della qualità  della vita - afferma Matteo Mascia, coordinatore del progetto «Etica e politiche ambientali» della Fondazione Lanza di Padova - Invece è proprio il contrario. In Germania il Wuppertal       Institut ha predisposto un rapporto sullo sviluppo sostenibile in base al quale noi non possiamo pen-sare di continuare a vivere al di sopra della possibilità  di rigenerazione della natura: bisogna cambiare i rapporti di forza, garantire opportunità  di sviluppo ai paesi poveri e alle generazioni future. Pensate che per costruire un'auto usiamo venticinque tonnellate 'di natura'. Ma un'auto, in cui passiamo giornate intere, imbottigliati nel traffico, migliora veramente la nostra vita? Il cambiamento dei nostri stili di vita può far diminuire le patologie dovute all'inquinamento. Continuiamo a comprare ma proviamo a chiederci se ci fa star meglio?».
Ci sono però segnali di un'inversione di rotta. L'Unione europea ha svolto un ruolo trainante nell'affermazione dello sviluppo sostenibile. «La legge italiana più innovativa - afferma ancora Matteo Mascia è il decreto legislativo 27/97 sui rifiuti, il cosiddetto decreto Ronchi. L'obiettivo è quello di produrre sempre meno rifiuti. Molti enti locali hanno avviato la raccolta differenziata».
Un'altra realtà  interessante, che sta partendo anche in Italia, è l'Agenda 21 , nata alla conferenza di Rio di Ja-neiro: un programma d'azione per il ventunesimo secolo per uno sviluppo sostenibile. Dice che tutti siamo chiamati a svolgere la nostra parte. Circa trenta città  in Italia hanno avviato Agenda 21 (Roma, Padova, Modena, Monselice...): si tratta innanzitutto, di creare dei gruppi di lavoro di tutti i soggetti attivi e con loro definire degli interventi. Può voler dire, per esempio, che per ridurre il traffico i bambini vanno a scuola a piedi attraverso alcuni percorsi garantiti da vigili, cartelli e negozianti ben disposti ad aiutarli se i piccoli si trovassero in difficoltà .

 

   
   
«PACHACUTI»: LA SVOLTA ECOLOGICA
NELLE MANI DEI GIOVANI
     

di Giulia Cananzi

I soli oggi ancora capaci di progettare in grande, di uscire dall'individualismo che caratterizza le società  opulente, di prendersi le responsabilità  politiche per cambiare in senso ecologico e solidale l'economia sono i giovani del mondo. Del Sud e del Nord,       indistintamente. A loro è rivolto un progetto di ampio respiro organizzato dall'Associazione internazionale «Noi ragazzi del mondo» in collaborazione con la Comunità  internazionale di Capodarco, che avrà  il suo culmine allo scoccare del nuovo millennio.
Il progetto si chiama  Pachacuti che in lingua Quechua (parlata dai popoli indigeni in       Ecuador e Perù) significa «conversione del mondo; ritorno del tempo» o «punto di svolta». La scelta del termine indigeno non è casuale ma richiama al grande rispetto per la natura, al senso comunitario, alla profonda spiritualità  cosmica che permea le culture indie. Il «punto di svolta» di cui si parla è sì ecologico, ma soprattutto umano.
Non ci può essere conversione ecologica senza un radicale cambiamento dei modi di vita, senza sanare le ingiustizie planetarie, senza cambiare le spietate regole della globalizzazione dei mercati.
Il progetto Pachacuti  avverrà  in tre fasi: nella prima, che è già  iniziata e che continuerà  per tutto il 1999, l'Associazione «Noi ragazzi del mondo»  moltiplicherà  le proprie sedi di aggregazione giovanile in Italia e in altre nazioni.
Nella seconda fase (1999-2000), si passerà  dalla conoscenza all'azione. Si inizieranno una serie di relazioni e scambi attraverso diversi canali: un progetto di solidarietà  a favore dei ragazzi del Sud, gestito mediante un rapporto diretto tra gruppi sostenitori e realtà  locali beneficiarie. Scambi di esperienze attraverso gemellaggi. Verranno sfruttate le opportunità  offerte dalla nuova legge sull'obiezione di coscienza che consente di svolgere il proprio servizio nel Sud del mondo. Ma anche a livello familiare verranno promosse le adozioni a distanza, i bilanci di giustizia, le iniziative di microcredito e l'informazione per un consumo rispettoso dell'uomo e della natura.      
Tutto questo lavoro culminerà  nel periodo natalizio del 2000: i ragazzi del Nord raggiungeranno i ragazzi del Sud per percorrere insieme un Giubileo «al contrario».

 

   
   
LE REGOLE DEL CONSUMO CRITICO      

di Sabina Fadel

La regola d'oro in tal caso è quella che gli ambientalisti chiamano la regola delle «quattro R», cioè ridurre,  recuperare, riciclare, rispettare.
Concretamente significa: diminuire il livello dei consumi, imparando a discernere quelli necessari da quelli indotti, cioè creati artificialmente da pubblicità  o altre forme di condizionamento. Rifiutare la regola dell'«usa e getta» a favore del riciclo e del riutilizzo dei beni. Imparare a scegliere un prodotto non solo in base a canoni estetici, ma soprattutto in base alla sua resistenza e, se si rompe, prima di gettarlo provare a farlo riparare. Infine, rispettare la natura, l'ambiente, le persone. Solo rispettando il lavoro altrui si impara a trattare bene gli oggetti che rendono possibile la vita.
Una proposta concreta che si muove in questa direzione è quella dei Bilanci di       giustizia , avanzata nel 1985 dall'associazione «Beati i costruttori di pace». Ogni mese le persone che aderiscono al progetto compilano una sorta di lista della spesa (sulla base di un modello fornito dall'associazione), nella quale vengono segnate le previsioni di consumo. Quotidianamente si confrontano gli acquisti effettivamente compiuti con quelli programmati all'inizio del mese, analizzando le ragioni che stanno alla base delle possibili diversità . Un esempio: oggi ho comprato un paio di scarpe che non erano previste nella lista mensile. Perché ho fatto questo acquisto? Ne avevo effettivamente necessità , oppure mi sono lasciato condizionare da una particolare offerta, da una bella vetrina, da una commessa simpatica?      

 

   
   
A COLLOQUIO CON VITTORIO CANUTO
NON TUTTO È PERDUTO
     

di Alessandro Bettero

Il professor Vittorio Canuto, torinese di nascita, è laureato in Fisica. Vive e lavora da più di trent'anni negli Stati Uniti dove insegna Dinamica dei fluidi e turbolenza alla Columbia University di New York; fa parte dello staff scientifico del Goddard Institute, un  organismo della Nasa che si occupa di climatologia. Da vent'anni il professor Canuto è advisor (rappresentante) della Santa Sede all'Onu. Msa. Qual è la situazione del clima a livello globale, siamo alle so-glie di una sauna planetaria?
Canuto
. Sauna planetaria è eccessivo. Che ci sia una tendenza al riscaldamento globale è un fatto incontrastato. Il 1998 è stato l'anno più caldo da quando si misurano le temperature con i termometri, cioè da un centinaio d'anni. Che ciò sia dovuto in relazione causale e univoca con l'effetto serra, è un'altra questione. Secondo noi tutte le indicazioni portano a credere che tale connessione esista. Credo che nessun scienziato possa giurare che la causa sia l'effetto serra: è la più probabile. Nelle varie conferenze sul clima i paesi convenuti si erano impegnati a ridurre le emissioni dei gas serra, ma a Kyoto nel 1997 sono state «mercanteggiate» le quote di inquinamento con operazioni definite dalle organizzazioni ambientaliste un «cinico tradimento dei popoli del mondo». Alla luce della conferenza di Buenos Aires saranno mantenuti gli impegni presi?
Io ero alla conferenza di Rio de Janeiro (1992), e ricordo l'entusiasmo sincero e la volontà  di ridurre l'inquinamento. Poi, tornati a casa, i vari ministri dell'Industria si       sono resi conto che la cosa è più difficile del previsto. Quanti si occupano di questi problemi sono preoccupati per quanto avviene, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, i quali dicono ai paesi ricchi: «Avete inquinato, rimediate». Anche se tutti gli europei, per assurdo, andassero in letargo senza bisogno di energia, ci sarebbe più di un miliardo di cinesi ad avere bisogno di energia. Più di 300 milioni di cinesi (un'altra Europa...) non ha mai usato la corrente elettrica: non per il condizionatore d'aria o il frigorifero, ma semplicemente pere avere la luce. Ci sono anche decine di milioni di persone nel Sud-est asiatico che vivono essenzialmente di riso, la cui coltivazione produce metano, uno dei gas che provocano l'effetto serra. Che cosa devono fare i governi: lavorare comunque alla riduzione dell'inquinamento che produce l'effetto serra, oppure aspettare con fiducia che tutto si risolva da sé?
Il problema va risolto con investimenti di milioni di dollari a livello governativo e con un       programma mirato, un po' come avvenne per il «Progetto Manhattan», durante la seconda guerra mondiale, quando enormi forze furono concentrate per la produzione della bomba atomica. È una metafora per dire che quella contro l'effetto serra è una guerra senza un nemico visibile. L'effetto serra non  è un evento, è una tendenza che si realizzerà  fra dieci anni o più... allora si dice che non c'è fretta, ci penseranno le generazioni future... L'effetto serra è come il cancro, un fenomeno subdolo che si espande,  quando si sarà  metastatizzato non ci sarà  più niente da fare. Anche se non       dovesse essere vero che l'effetto serra è la causa del riscaldamento del pianeta, certe cose le dobbiamo fare in ogni caso. È come una polizza di assicurazione

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017