Un politico con l’aureola

Vulcano di idee e di inziative, fondò casse rurali, società operaie, scuole popolari, istituti di credito tra cui la Banca S. Paolo e l’Ambrosiano, ma morì povero. Una vita per gli altri, sostenuta dalla fede e da un grande amore per Dio.
08 Settembre 1998 | di

Da anni dalla redazione vedo l'edificio dell'«Antonianum» sovrastare con la sua mole le viuzze medievali che dal Santo sfociano sul Prato della Valle. Ma solo da poco ho scoperto che all'origine del pensionato universitario dei gesuiti c'è un'idea di quel Giuseppe Tovini che nello stadio di Brescia, il mattino del 20 settembre, Giovanni Paolo II proclamerà  beato. Tovini aveva studiato giurisprudenza nella città  del Santo e quando il primogenito Livio fu in età , lo iscrisse alla medesima università . Non riuscendo a trovargli un alloggio e vedendo che altri giovani erano nelle medesime difficoltà , si rivolse agli amici gesuiti, proponendo la creazione di un pensionato per universitari. L'idea fu accolta, e nel novembre del 1890, in via Ognissanti (lontana dalla sede attuale) realizzarono un modesto pensionato, destinato a un radioso futuro.

L'idea del pensionato è solo una goccia d'acqua nel mare di iniziative promosse dal Tovini. Poco conosciuto anche nella sua città , Brescia, il nuovo beato è stato uno degli esponenti di spicco del mondo cattolico nel secolo scorso, accanto a Giuseppe Toniolo, Nicolò Rezzara e altri che, attraverso l'Opera dei congressi, tennero vive le esigenze ideali, sociali e politiche dei cattolici, in momenti di grandi difficoltà  per essi. Nel 1953, nella prefazione alla biografia del nuovo beato scritta da Antonio Cistellini, monsignor Montini, futuro Paolo VI, il cui padre Giorgio era stato con Luigi Bazoli uno dei più fedeli discepoli del Tovini, scriveva: «Bisogna che i cattolici italiani non trascurino il culto dei loro predecessori nella lotta per conservare alla nostra trasformata società  i tesori della tradizione cristiana, e che abbiano essi stessi coscienza di essere di tale tradizione ed eredi, e custodi, e promotori, quasi anelli dell'aurea catena che da Cristo arriva ai tempi nostri e ai venturi si tende».

Tovini, dunque. Nasce a Cividate Camuno il 14 marzo del 1841 da una modesta famiglia che gli impartisce un'educazione austera, figlia del giansenismo, che aveva trovato in Valcamonica severi seguaci. Superate le elementari, prosegue gli studi fino alla prima liceo, ospite del collegio municipale di Lovere. Studente esemplare e dotato, rischia di dover lasciare gli studi per la povertà  della famiglia; ma uno zio materno, don Giambattista Malaguzzi (il primo di tanti preti che scommetteranno su di lui), gli fa avere un posto gratuito nel collegio per studenti poveri fondato da don Mazza a Verona. Ultimato il liceo, si iscrive a giurisprudenza a Padova, ospite anche lì del collegio «Don Mazza». Con vitto e alloggio i collegi mazziani offrono agli studenti la possibilità  di crescere spiritualmente e culturalmente, per fermentare cristianamente con la loro fede e la loro vita una società  dominata dalla mentalità  laicista e massonica.

Tovini si inserisce perfettamente nella vita del collegio mazziano. I superiori lo stimano e gli assicurano appoggio, soprattutto dopo che con la morte del babbo, nel 1859, gli viene a mancare ogni sostegno. Il rettore lo assicura: «Se la tua famiglia non può fare nulla per te, l'istituto farà  tutto».

Si mantiene alternando studio e lavoro presso un avvocato. Nel 1865 (gli è morta da poco la mamma) si laurea, a Pavia, dove si è trasferito per poter conseguire un titolo che gli consenta di lavorare nel Regno italiano (Padova era ancora sotto l'Austria). Laureato, si trasferisce a Brescia, «praticante» presso l'avvocato Corbolani, uno dei migliori della città . Dieci anni dopo sposerà  la figlia del Corbolani, Emilia: momento decisivo di una lunga, intensa storia di amore, di fedeltà , di dedizione e coronata da una nidiata di dieci figli.

Mario Taccolini, postulatore laico (il primo in Italia) della causa di beatificazione, che ci ha aiutato a capire il personaggio, afferma: «La dolcezza, tenera e forte con cui tratta sempre la sua sposa rivela la bontà  del suo animo e l'umanissima finezza interiore... Nell'educazione dei figli, teso a coniugare la dolcezza con la fermezza, manifesta il suo stile di padre che sa trascinare con la parola e l'esempio...».

Diventa presto uno dei migliori avvocati della città , temuto e stimato dal suo principale avversario nelle mille battaglie in difesa della libertà  della chiesa e dei diritti del mondo cattolico, il massone Giuseppe Zanardelli che diventerà  anche primo ministro. Avvocato scrupoloso, onesto, che dal mestiere non intende però ricavare più di quello gli serve a mantenere la famiglia a un livello di vita dignitoso. Accetta di buon grado le cause di poveri squattrinati e, riconoscente per l'aiuto che in momenti di difficoltà  diversi sacerdoti gli avevano concesso, quelle di enti e istituzioni della chiesa.

Nel frattempo dedica intelligenza, intuizioni, capacità  organizzative a un progetto che via via prende forme diverse, adeguandosi agli eventi, e che ha per fine la restituzione al mondo cattolico, maggioritario nel paese, del ruolo di guida e di animatore della società , o più precisamente: riconquistare la società  italiana a Cristo. I tempi - si diceva - sono duri. La presa di Roma del 1870 aveva creato uno steccato tra chiesa e stato, considerato usurpatore. Pio IX con il non expedit del 1871, ribadito nel 1874, aveva vietato ai cattolici di associarsi agli usurpatori nel governo nazionale, sia come eletti che come elettori, consentendo solo di partecipare alla vita amministrativa delle province e dei comuni.

Sull'atteggiamento da prendere di fronte a una politica repressiva nei confronti della chiesa (soppressione degli ordini religiosi e delle opere pie, interferenza nelle nomine dei vescovi, proibizione di ogni manifestazione religiosa pubblica, indottrinamento anticlericale nelle scuole...), i cattolici si dividono tra quanti non accettando compromessi di sorta (gli «intransigenti») aspettano nella cittadella assediata la fine dello stato provocata dall'astensionismo cattolico, e coloro (i «conciliatoristi») che ritengono più utile il superamento degli steccati e una certa collaborazione, anche perché di fatto nulla succede.

«Tovini che all'inizio aveva aderito all'intransigentismo dell'Opera dei congressi - spiega il professor Taccolini - nel 1880 conia una formula politica originale: la preparazione nell'astensione. Siamo costretti dal non expedit ad astenerci, prepariamoci per essere pronti quando le cose cambieranno, impegnandoci nell'attività  economica, sociale e amministrativa». La teoria non piace agli intransigenti, che lo attaccano duramente, accusandolo di tradimento.

Tovini sperimenta sul campo la validità  delle sue idee facendo il sindaco, giovanissimo, a Cividate Camuno, suo paese natale: un'esperienza decisiva coronata da tante iniziative, tra cui la creazione della «Banca di Valcamonica», a sostegno delle imprese produttive, e l'ideazione della ferrovia Brescia-Edolo, sulla quale tornerà  spesso perché la considera un mezzo per superare l'isolamento della Valcamonica, che ne limita le potenzialità  in tanti settori.

Sollecitato da monsignor Pietro Capretti entra, poi, decisamente nel movimento cattolico bresciano e partecipa alla fondazione del quotidiano locale «Il cittadino di Brescia», pubblicato a partire dal 13 aprile 1878, per limitare lo strapotere massonico che aveva il suo più sbracato portavoce ne «La Provincia di Brescia». Memorabili gli scontri tra i due organi di stampa. Consapevole dell'importanza dell'informazione, fonderà  periodici popolari come «La madre cattolica» e «La voce del popolo»...

Fedele alla sua formula, preparazione nell'astensione, Tovini diventa consigliere provinciale e nel 1882 viene eletto primo e unico consigliere cattolico del comune di Brescia: grazie alla sua azione, nel 1895 i cattolici bresciani conquisteranno, dopo anni di predominio massonico, la maggioranza nell'amministrazione comunale e provinciale.

Contemporaneamente prosegue nella sua vulcanica attività  sociale a favore di singoli o categorie in difficoltà . I buoni risultati ottenuti con la «Banca di Valcamonica» gli suggeriscono di insistere sugli istituti di credito; ne promuove a decine, tra cui le famose casse rurali, per dare fiato al mondo agricolo in crisi e sottrarlo alle spire dell'usura. Per gli operai poi, in balia di una industria che si sta affermando selvaggiamente, crea le società  operaie, tra esse una femminile, la prima del genere di cui si abbia memoria. Nel settore caritativo sollecita le cucine economiche, sostiene le «Conferenze di S. Vincenzo», l'«Istituto dei derelitti» e quello «delle convertite»... Non c'è frontiera del disagio dove egli non cerchi di intervenire per lenirne gli effetti.

Ma dove la sua attività  è più geniale e pionieristica è nel settore dell'educazione e della scuola, convinto che è da lì che si deve partire per rimettere in orbita il mondo cattolico e dei valori cristiani. Nell'Opera dei congressi, di cui per qualche tempo ricopre la carica di vicepresidente nazionale, presiede la III Sezione, quella che si occupa di «istruzione e educazione».

Nel 1882 fonda il «Giardino d'infanzia S. Giuseppe» e il «Collegio Ven. A. Luzzago», che ha vita breve perché le autorità  trovano un preteso per chiuderlo, ma rinascerà  dopo anni di estenuanti battaglie legali, nel 1894, con il nome di «C. Arici». Dà  vita anche a un patronato degli studenti presso i Padri della pace, quindi l'«Opera per la conservazione della fede» nelle scuole d'Italia, a sostegno della quale fonda il periodico «Fede e scuola». «I nostri figli - diceva - senza la fede non saranno mai ricchi, con la fede non saranno mai poveri».

Per gli studenti promuove circoli universitari cattolici, pensionati e convitti; collabora alla fondazione dell'«Unione Leone XIII» di studenti bresciani dalla quale nascerà  la Fuci, Federazione universitari cattolici.

Per gli insegnanti, nel 1887 propugna la compagnia di assicurazione «Lega per insegnanti cattolici», che nel 1900 comincerà  a operare con il nome «Unione magistrale». Nel 1893 fonda la rivista pedagogica «Scuola italiana moderna», ancor oggi punto di riferimento per tanti insegnanti. Completa, infine, il suo progetto proponendo la raccolta di fondi per una università  cattolica. Padre Agostino Gemelli, che poi la realizzerà , riconoscerà  al Tovini la paternità  dell'idea.

Queste iniziative per camminare avevano bisogno, oltre che di idee e di valori, anche di soldi. Tovini, da buon cristiano, invoca la Provvidenza, facendosi aiutare anche dalle preghiere di tutti i religiosi che conosce; ma per non scomodare troppo il cielo, crea prima la «Banca S. Paolo di Brescia», e poi il «Banco Ambrosiano» affidando loro come finalità  anche di erogare fondi alle istituzioni cattoliche, in particolar modo a quelle educative. Finalità  ancora oggi rispettate. «A Brescia - commenta il professor Taccolini - non ci sarebbe l'università  cattolica se non ci fossero i fondi della 'Banca S. Paolo'. Quanto all''Ambrosiano', Tovini deve essersi rivoltato nella tomba quando Calvi, appena impossessatosi dell'istituto bancario, fece cancellare gli articoli statutari che prevedevano, appunto, l'erogazione di fondi agli istituti di educazione cattolici, ripristinati da Giovanni Bazoli, dopo la bufera che ha travolto l'Ambrosiano».

Tovini muore il 16 gennaio del 1897, a 56 anni, logorato dalla malattia e dalle fatiche di una vita intensissima, lasciando in tutti la certezza della sua santità , ora ufficialmente riconosciuta dalla chiesa. Oltre che uomo d'azione, Tovini fu uomo di preghiera, devotissimo all'eucarestia e alla Madonna, ed ebbe spiccato il senso della chiesa, unito a una visione francescana della vita.

Abbiamo chiesto al professor Taccolini quale sia la lezione del Tovini per i cattolici d'oggi. «La prima lezione - ci ha detto - è il coraggio della testimonianza cristiana nel tempo presente. E poi la sua povertà  e la sua onestà . Tovini fondò tre banche e visse e morì povero. Fu pubblico amministratore e non ne approfittò. Ebbe una forte capacità  di coagulo e pur tra momenti di contrasto, seppe far prevalere sempre i principi della concordia sulle modalità  operative. Poi c è la sua rettitudine personale, il rigore, la lealtà  e questo porta alle sue radici spirituali: mentre fonda banche e casse rurali, promuove un associazione per l'adorazione notturna al santissimo Sacramento e trascorre anche lui una notte alla settimana nella chiesa di San Luca con gli amici... Era un personaggio di caratura nazionale, ma la domenica faceva catechismo ai bambini nella sacrestia del duomo, la sua parrocchia». l

Tovini terziario francescano

Giuseppe Tovini decise di entrare nel terz'ordine francescano (oggi Ordine francescano secolare, laici che vivono lo spirito di san Francesco) in età  matura, a 40 anni, nel 1881 e fece la professione l'anno successivo, probabilmente nella festa di San Francesco, com'è tradizione in tutte le fraternità . Nello stesso anno, ricorrendo il settimo centenario della nascita del «Poverello di Assisi», papa Leone XIII celebrò l'evento con un'enciclica, Auspicato concessum, nella quale presentò il terz'ordine francescano come il grande dono che ha contribuito a conservare all'Europa i fondamenti morali della sua civiltà .

Tovini, figlio devoto della chiesa, si avvicina al francescanesimo non soltanto per un motivo ascetico personale ma come espressione di ecclesialità . Il terz'ordine francescano appare a Tovini fin dall'inizio della sua attività  come un mezzo provvidenziale di santificazione e di apostolato... Durante un raduno diocesano, rendendo conto di quello che l'Azione cattolica aveva fatto dal 1888 al 1893 disse: «Per riuscire nell'opera nostra occorrono tre grandi virtù: una fede profonda in Dio, un attaccamento sincero alla chiesa e una grande carità  verso i nostri simili... Ognuno di voi si sentirebbe fortunato se avesse un farmaco che contenga queste grandi virtù. Ebbene, questo farmaco c'è: è, come suggerisce il sommo pontefice Leone XIII, il terz'ordine di san Francesco d'Assisi».

Nel 1884 Tovini fu eletto priore della congregazione del terz'ordine francescano (oggi si chiama ministro o presidente), carica che ricoprì fino alla morte. E morì povero. Nel volume secondo dei documenti per la causa di beatificazione si afferma, riprendendo una testimonianza della moglie, che Tovini dopo la professione non mise più piede in un caffè; era scrupoloso nella scelta degli abiti che non voleva appariscenti o costosi; anche nei frequenti viaggi a Roma preferiva la terza classe. Di lui scrisse fra Gregorio da Breno: «Fu uno di quei terziari privilegiati che raramente si incontrano sulla terra. Lo conobbi a Brescia, nella chiesa di San Francesco... ebbi modo di constatare l'ammirevole forza della sua volontà , il suo carattere adamantino, il suo cuore generoso, la rettitudine del suo nobile spirito, le sue grandi virtù».

Lo stesso Tovini scrivendo a padre Cottinelli esprime la sintesi tra azione, preghiera e sacrificio cui era pervenuto: «Languido e tiepido, mi sentii rianimare lo spirito e infervorarmi nell'amore di Gesù; debole e timido, mi sentii rinforzare l'animo a confessare con franchezza e coraggio il nome di Cristo davanti agli uomini e a soffrire per amore suo insulti e disprezzi; distratto e immerso negli affari, imparai a vedere essi stessi quali strumenti della mia salvezza eterna offrendoli a Dio e cercando unicamente la sua gloria». Tutto questo vivendo la regola dei francescani che invita a osservare il Vangelo di Gesù Cristo secondo l'esempio di Francesco d'Assisi, che fece di Gesù Cristo l'ispiratore e il centro della sua vita con Dio e con gli uomini. I francescani secolari devono essere presenti con la testimonianza della loro vita e con iniziative coraggiose, individuali e comunitarie, nella promozione della giustizia impegnandosi in scelte concrete e coerenti con la loro fede. Tovini in questo può essere preso a modello ideale.

Maria Fappani

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017