Un «ponte» oltre i confini
Montorio nei Frentani, in provincia di Campobasso, fu decimato dall’emigrazione di massa nella seconda metà del secolo scorso. Oggi il paese rinsalda i legami con i suoi emigrati in Canada. In visita oltreoceano anche il sindaco Paolo Carfagnini.
09 Settembre 2011
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Alla fine del secondo conflitto mondiale, che aveva lasciato l’Italia disastrata e umiliata, eravamo circa 3 mila abitanti a Montorio nei Frentani, paesino del Basso Molise in provincia di Campobasso che, dall’alto del suo colle, gode di una posizione geografica invidiabile e vanta uno dei più bei panorami di tutta la regione. Pur non essendo stato in diretto contatto con la guerra, conosco però i racconti di una popolazione che ha molto sofferto, come la maggior parte degli italiani, le tragiche conseguenze della guerra.
Non appena furono aperte le vie dell’emigrazione, nel giro di due decenni, oltre due terzi della popolazione abbandonò il paese d’origine. Moltissimi si diressero verso il Canada, stabilendosi in particolare a Montreal e a Toronto; alcuni preferirono nazioni europee economicamente più agiate; altri, infine, scelsero le città industriali del settentrione d’Italia.
Quando noi emigrati siamo partiti, con in mano solo una valigia contenente poveri oggetti, ci siamo portati dietro un’amarezza spirituale fatta di sofferenze, di nostalgia e di lacrime. Era tutto quello che una terra bellissima, ma altrettanto povera, poteva offrirci in quel periodo tragico della sua storia. Una volta arrivati in Canada – non solo senza soldi, ma molti anche con pesanti debiti da saldare – ci siamo messi a lavorare, accettando qualsiasi sacrificio. I primi anni furono molto duri per tutti. Non conoscendo la lingua locale e non avendo un mestiere o una professione adeguata, molti furono costretti ad adattarsi a qualsiasi lavoro, specialmente quelli che i nativi rifiutavano di fare. A poco a poco, però, spesso aiutati dalle donne di casa e da qualche figlio maggiorenne, si riuscì non solo a pagare i debiti lasciati in paese, ma anche ad assicurare un tetto, a comprare una macchina per recarci al lavoro e a depositare un gruzzoletto in banca per un futuro più sicuro.
Quando siamo partiti, da soli o in gruppi, non pensavamo neppure di portarci dietro un tesoro nascosto che ci aveva seguito fin dall’infanzia e che non ci avrebbe mai abbandonato, ovunque il nostro destino ci avesse portato. Il tesoro prezioso, che inconsapevolmente portavamo con noi, era l’affetto della nostra terra d’origine, che ci faceva rivivere ricordi meravigliosi dei nostri colli, del nostro paesello, della nostra chiesa col suo maestoso campanile e le sue melodiose campane, insieme a tanti volti e luoghi cari che tutti avevamo impresso nel nostro cuore. Infatti, appena siamo riusciti a conquistarci un posto nella nuova terra che si è mostrata accogliente nei nostri riguardi, una volta dimenticata o abbandonata la valigia della partenza, proprio l’amore per la nostra terra di origine ci ha spinto a formare un’associazione. Tra i suoi scopi, quello di riunirci in occasioni speciali, per perpetuare nella nuova terra le medesime feste e tradizioni a cui eravamo abituati, particolarmente la festa del santo patrono che tanta importanza ha, ancor oggi, per tutti i paesani.
Fu così che ebbero inizio le nostre associazioni in Canada, e allo stesso tempo la tradizione di festeggiare insieme san Costanzo. A Montreal, l’associazione montoriese fu fondata negli anni ’60: grazie all’entusiasmo e all’assidua e generosa collaborazione dei membri, i montoriesi sono attualmente i proprietari assoluti di un bellissimo parco, completamente privato e recintato, a poca distanza da Montreal, fornito di ogni conforto necessario alle scampagnate estive. C’è a disposizione una cucina, servizi igienici e numerosi tavoli da picnic, immensi capannoni per essere al riparo dal sole e dalle intemperie, un’artistica fontana da cui sgorga continuamente acqua limpida e fresca, un chiosco per la musica con pista da ballo, campi giochi per bambini e per adulti. A completare il parco una graziosa cappella, da poco restaurata, che spicca nel meraviglioso scenario della natura e che contiene le statue di san Costanzo e di alcuni altri santi venerati nel paese natio.
Ovviamente, i montoriesi residenti a Toronto non sono rimasti inerti ed emulando i loro compaesani di Montreal, hanno fondato negli anni ’70 il «Montorio nei Frentani Social Club», comperando un ampio condominio commerciale, munito di una vasta sala capace di contenere circa 120 persone per feste sociali, con bar, cucina e servizi igienici, una luminosa sala per riunioni ed un’artistica nicchia per custodire decorosamente la statua di san Costanzo.
Bisogna aggiungere che le due associazioni montoriesi in Canada, da ben 27 anni, pubblicano e spediscono a tutti i montoriesi nel mondo una rivista semestrale a colori di 40 pagine. Puntualmente, a giugno e a dicembre, le vicende di Montorio giungono a tutti gli emigrati nel mondo. La rivista, intitolata «Il Ponte» a significare lo stretto legame che unisce i montoriesi al loro luogo d’origine, è riuscita a intensificare l’attaccamento al paese natio e a tramandare, anche ai nostri discendenti, la fierezza di appartenere alle medesime radici. È sorprendente il fatto che questo periodico venga inviato gratuitamente a tutti i montoriesi, residenti sia a Montorio che in tutti i luoghi d’emigrazione, sovvenzionato unicamente dalla libera generosità dei concittadini.
Quest’anno, nell’ambito delle celebrazioni speciali per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, oltre a pubblicare un’edizione speciale del loro periodico, i montoriesi in Canada sono stati onorati dalla visita dell’attuale sindaco del paese che, insieme all’assessore comunale Michele Adovasio, ha incontrato le comunità montoriesi di Montreal e di Toronto durante due incontri sociali di particolare importanza.
Bisogna aggiungere che Montorio, oltre a soffrire le conseguenze di una delle più drammatiche emigrazioni di tutti i paesi del Molise, è stato duramente colpito anche dal terremoto del 31 ottobre 2002, che sembrava aver dato il colpo di grazia all’intera comunità. Tuttavia, grazie al diretto interessamento del sindaco Carfagnini, che esercita la professione di medico all’ospedale di Larino (CB), e alla sua dinamica amministrazione, Montorio sta riacquistando importanza e prestigio. Sta diventando, infatti, un piccolo centro urbanistico di qualità, quasi completamente rinnovato, che attira non solo numerosi turisti durante il periodo estivo, ma anche nuovi cittadini che lo scelgono come loro dimora permanente.
Msa. Quali sono le sue sensazioni e il suo stato d’animo dopo la visita in Canada?
Carfagnini. Sono molto soddisfatto di questo incontro, che mi ha dato l’opportunità di confrontare i miei pensieri con la realtà che sono andato scoprendo durante i giorni trascorsi sia a Montreal che a Toronto. Ho avuto alcune conferme, ho fatto nuove conoscenze e ho ricevuto pure delle sorprese. In generale ho avuto un’impressione molto positiva, perché ho trovato questi ricordi molto vivi, vissuti, commoventi in alcuni casi, che esprimono il grande affetto che si sente ancora per Montorio. Questa trasferta mi ha fatto crescere anche a livello umano. Ritornando in paese sento la responsabilità di rappresentare una comunità molto più grande di quella che risiede nel territorio comunale. Sono, infatti, convinto che le opere che si realizzano abbiano un’importanza anche per i montoriesi all’estero.
Cosa l’ha impressionata maggiormente?
Da una parte il contatto con la realtà dell’emigrazione; i racconti dei sacrifici e delle rinunce, ma anche delle soddisfazioni per la casa che si è riusciti a costruire e per i figli che hanno studiato o hanno avuto successo nella vita. Dall’altra parte, mi ha stupito questo legame profondissimo con la patria, perché quando uno parla del colle, del paese, e questo parlare si traduce in commozione, traspaiono un affetto e un attaccamento che non avrei mai pensato così profondi e intensi.
Come stanno gli italiani in Canada?
Sono rimasto molto impressionato dal progresso fatto dai miei compatrioti in questa nazione. Grazie agli incontri fatti e ai racconti ascoltati, ho potuto rendermi conto che gli italiani operano in tutti i campi, dall’edilizia alla ristorazione e ai servizi sociali, includendo anche parecchi montoriesi che hanno raggiunto livelli molto alti nell’ambito degli affari e della cultura. Ho toccato con mano la straordinaria capacità imprenditoriale degli italiani che, rispetto ad altre etnie, forse a causa della nostra umanità e del nostro saper fare in generale, aprono porte che probabilmente altri hanno più difficoltà a schiudere.
Si sente orgoglioso dei successi che alcuni montoriesi hanno raggiunto in questa terra?
Certamente, e anche questo mi ha meravigliato molto. Sapevo che alcuni avevano raggiunto alti livelli di integrazione nella società canadese, ma vedere queste persone dal vivo è un’altra cosa. Ho incontrato migranti che hanno fatto studiare i figli e che abitano in case lussuose, ma anche persone che svolgono un ruolo importante nella società canadese e che sono rispettate, a loro volta, da un mondo molto variegato sia per cultura che per nazionalità.
Pensa che questa sua visita sia servita a eliminare certi pregiudizi e a riavvicinare le nostre comunità?
Certamente. Questo auspicio l’ho espresso nei brevi saluti che ho rivolto ai compaesani sia a Montreal che a Toronto, rilevando una mia maggiore consapevolezza in merito alle distanze che si creano quando alcuni emigrati rientrano in paese dopo molto tempo. Distacchi spesso dovuti alla timidezza o alla difficoltà di rientrare in certi comportamenti e convenzioni. A volte basterebbe molto poco, un saluto o un semplice sorriso. Credo che gli emigrati meritino maggiore calore e rispetto: sono, infatti, persone che hanno dato molto alla comunità e molto hanno da raccontare. Ho cercato anche di dare un impulso ad alcune situazioni complesse da gestire in questo momento, a causa dell’età dei residenti in Canada, che hanno partecipato sia alla manutenzione del Parco a Montreal che alla gestione del Club a Toronto. Ho cercato di far capire il nostro sentimento di orgoglio per l’operato degli emigrati, incoraggiando la continuazione di queste attività. Tutto ciò serve a rinsaldare un legame che deve essere coltivato, perché rappresenta le fondamenta dell’unione, per quanto ideale, tra le due comunità. Spero, infine, di aver lasciato nei montoriesi che ho incontrato un buon ricordo e la voglia di rinsaldare questa lunga amicizia.
Non appena furono aperte le vie dell’emigrazione, nel giro di due decenni, oltre due terzi della popolazione abbandonò il paese d’origine. Moltissimi si diressero verso il Canada, stabilendosi in particolare a Montreal e a Toronto; alcuni preferirono nazioni europee economicamente più agiate; altri, infine, scelsero le città industriali del settentrione d’Italia.
Quando noi emigrati siamo partiti, con in mano solo una valigia contenente poveri oggetti, ci siamo portati dietro un’amarezza spirituale fatta di sofferenze, di nostalgia e di lacrime. Era tutto quello che una terra bellissima, ma altrettanto povera, poteva offrirci in quel periodo tragico della sua storia. Una volta arrivati in Canada – non solo senza soldi, ma molti anche con pesanti debiti da saldare – ci siamo messi a lavorare, accettando qualsiasi sacrificio. I primi anni furono molto duri per tutti. Non conoscendo la lingua locale e non avendo un mestiere o una professione adeguata, molti furono costretti ad adattarsi a qualsiasi lavoro, specialmente quelli che i nativi rifiutavano di fare. A poco a poco, però, spesso aiutati dalle donne di casa e da qualche figlio maggiorenne, si riuscì non solo a pagare i debiti lasciati in paese, ma anche ad assicurare un tetto, a comprare una macchina per recarci al lavoro e a depositare un gruzzoletto in banca per un futuro più sicuro.
Quando siamo partiti, da soli o in gruppi, non pensavamo neppure di portarci dietro un tesoro nascosto che ci aveva seguito fin dall’infanzia e che non ci avrebbe mai abbandonato, ovunque il nostro destino ci avesse portato. Il tesoro prezioso, che inconsapevolmente portavamo con noi, era l’affetto della nostra terra d’origine, che ci faceva rivivere ricordi meravigliosi dei nostri colli, del nostro paesello, della nostra chiesa col suo maestoso campanile e le sue melodiose campane, insieme a tanti volti e luoghi cari che tutti avevamo impresso nel nostro cuore. Infatti, appena siamo riusciti a conquistarci un posto nella nuova terra che si è mostrata accogliente nei nostri riguardi, una volta dimenticata o abbandonata la valigia della partenza, proprio l’amore per la nostra terra di origine ci ha spinto a formare un’associazione. Tra i suoi scopi, quello di riunirci in occasioni speciali, per perpetuare nella nuova terra le medesime feste e tradizioni a cui eravamo abituati, particolarmente la festa del santo patrono che tanta importanza ha, ancor oggi, per tutti i paesani.
Fu così che ebbero inizio le nostre associazioni in Canada, e allo stesso tempo la tradizione di festeggiare insieme san Costanzo. A Montreal, l’associazione montoriese fu fondata negli anni ’60: grazie all’entusiasmo e all’assidua e generosa collaborazione dei membri, i montoriesi sono attualmente i proprietari assoluti di un bellissimo parco, completamente privato e recintato, a poca distanza da Montreal, fornito di ogni conforto necessario alle scampagnate estive. C’è a disposizione una cucina, servizi igienici e numerosi tavoli da picnic, immensi capannoni per essere al riparo dal sole e dalle intemperie, un’artistica fontana da cui sgorga continuamente acqua limpida e fresca, un chiosco per la musica con pista da ballo, campi giochi per bambini e per adulti. A completare il parco una graziosa cappella, da poco restaurata, che spicca nel meraviglioso scenario della natura e che contiene le statue di san Costanzo e di alcuni altri santi venerati nel paese natio.
Ovviamente, i montoriesi residenti a Toronto non sono rimasti inerti ed emulando i loro compaesani di Montreal, hanno fondato negli anni ’70 il «Montorio nei Frentani Social Club», comperando un ampio condominio commerciale, munito di una vasta sala capace di contenere circa 120 persone per feste sociali, con bar, cucina e servizi igienici, una luminosa sala per riunioni ed un’artistica nicchia per custodire decorosamente la statua di san Costanzo.
Bisogna aggiungere che le due associazioni montoriesi in Canada, da ben 27 anni, pubblicano e spediscono a tutti i montoriesi nel mondo una rivista semestrale a colori di 40 pagine. Puntualmente, a giugno e a dicembre, le vicende di Montorio giungono a tutti gli emigrati nel mondo. La rivista, intitolata «Il Ponte» a significare lo stretto legame che unisce i montoriesi al loro luogo d’origine, è riuscita a intensificare l’attaccamento al paese natio e a tramandare, anche ai nostri discendenti, la fierezza di appartenere alle medesime radici. È sorprendente il fatto che questo periodico venga inviato gratuitamente a tutti i montoriesi, residenti sia a Montorio che in tutti i luoghi d’emigrazione, sovvenzionato unicamente dalla libera generosità dei concittadini.
Quest’anno, nell’ambito delle celebrazioni speciali per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, oltre a pubblicare un’edizione speciale del loro periodico, i montoriesi in Canada sono stati onorati dalla visita dell’attuale sindaco del paese che, insieme all’assessore comunale Michele Adovasio, ha incontrato le comunità montoriesi di Montreal e di Toronto durante due incontri sociali di particolare importanza.
Bisogna aggiungere che Montorio, oltre a soffrire le conseguenze di una delle più drammatiche emigrazioni di tutti i paesi del Molise, è stato duramente colpito anche dal terremoto del 31 ottobre 2002, che sembrava aver dato il colpo di grazia all’intera comunità. Tuttavia, grazie al diretto interessamento del sindaco Carfagnini, che esercita la professione di medico all’ospedale di Larino (CB), e alla sua dinamica amministrazione, Montorio sta riacquistando importanza e prestigio. Sta diventando, infatti, un piccolo centro urbanistico di qualità, quasi completamente rinnovato, che attira non solo numerosi turisti durante il periodo estivo, ma anche nuovi cittadini che lo scelgono come loro dimora permanente.
Msa. Quali sono le sue sensazioni e il suo stato d’animo dopo la visita in Canada?
Carfagnini. Sono molto soddisfatto di questo incontro, che mi ha dato l’opportunità di confrontare i miei pensieri con la realtà che sono andato scoprendo durante i giorni trascorsi sia a Montreal che a Toronto. Ho avuto alcune conferme, ho fatto nuove conoscenze e ho ricevuto pure delle sorprese. In generale ho avuto un’impressione molto positiva, perché ho trovato questi ricordi molto vivi, vissuti, commoventi in alcuni casi, che esprimono il grande affetto che si sente ancora per Montorio. Questa trasferta mi ha fatto crescere anche a livello umano. Ritornando in paese sento la responsabilità di rappresentare una comunità molto più grande di quella che risiede nel territorio comunale. Sono, infatti, convinto che le opere che si realizzano abbiano un’importanza anche per i montoriesi all’estero.
Cosa l’ha impressionata maggiormente?
Da una parte il contatto con la realtà dell’emigrazione; i racconti dei sacrifici e delle rinunce, ma anche delle soddisfazioni per la casa che si è riusciti a costruire e per i figli che hanno studiato o hanno avuto successo nella vita. Dall’altra parte, mi ha stupito questo legame profondissimo con la patria, perché quando uno parla del colle, del paese, e questo parlare si traduce in commozione, traspaiono un affetto e un attaccamento che non avrei mai pensato così profondi e intensi.
Come stanno gli italiani in Canada?
Sono rimasto molto impressionato dal progresso fatto dai miei compatrioti in questa nazione. Grazie agli incontri fatti e ai racconti ascoltati, ho potuto rendermi conto che gli italiani operano in tutti i campi, dall’edilizia alla ristorazione e ai servizi sociali, includendo anche parecchi montoriesi che hanno raggiunto livelli molto alti nell’ambito degli affari e della cultura. Ho toccato con mano la straordinaria capacità imprenditoriale degli italiani che, rispetto ad altre etnie, forse a causa della nostra umanità e del nostro saper fare in generale, aprono porte che probabilmente altri hanno più difficoltà a schiudere.
Si sente orgoglioso dei successi che alcuni montoriesi hanno raggiunto in questa terra?
Certamente, e anche questo mi ha meravigliato molto. Sapevo che alcuni avevano raggiunto alti livelli di integrazione nella società canadese, ma vedere queste persone dal vivo è un’altra cosa. Ho incontrato migranti che hanno fatto studiare i figli e che abitano in case lussuose, ma anche persone che svolgono un ruolo importante nella società canadese e che sono rispettate, a loro volta, da un mondo molto variegato sia per cultura che per nazionalità.
Pensa che questa sua visita sia servita a eliminare certi pregiudizi e a riavvicinare le nostre comunità?
Certamente. Questo auspicio l’ho espresso nei brevi saluti che ho rivolto ai compaesani sia a Montreal che a Toronto, rilevando una mia maggiore consapevolezza in merito alle distanze che si creano quando alcuni emigrati rientrano in paese dopo molto tempo. Distacchi spesso dovuti alla timidezza o alla difficoltà di rientrare in certi comportamenti e convenzioni. A volte basterebbe molto poco, un saluto o un semplice sorriso. Credo che gli emigrati meritino maggiore calore e rispetto: sono, infatti, persone che hanno dato molto alla comunità e molto hanno da raccontare. Ho cercato anche di dare un impulso ad alcune situazioni complesse da gestire in questo momento, a causa dell’età dei residenti in Canada, che hanno partecipato sia alla manutenzione del Parco a Montreal che alla gestione del Club a Toronto. Ho cercato di far capire il nostro sentimento di orgoglio per l’operato degli emigrati, incoraggiando la continuazione di queste attività. Tutto ciò serve a rinsaldare un legame che deve essere coltivato, perché rappresenta le fondamenta dell’unione, per quanto ideale, tra le due comunità. Spero, infine, di aver lasciato nei montoriesi che ho incontrato un buon ricordo e la voglia di rinsaldare questa lunga amicizia.
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017