Un «sì» che fa moda

Il Belpaese scopre la sua identità di superpotenza culturale. E negli States cresce la domanda per la nostra lingua, ormai entrata nella scuola.
16 Marzo 2004 | di

Dopo anni in cui verso il primo Paese del pianeta: l";America del grande sogno, si coltivava l";approccio del dubbio "; investire denaro, politica o lavoro? Oppure moda, cucina o bel canto? "; l";Italia ha scelto di investire su se stessa, sulla sua lingua che, in fondo, tutto racchiude: moda, cucina, bel canto. Per la prima volta, e d";intesa con le più attive associazioni americane-italiane: dai Sons of Italy alla National Italian American Foundation, l";Italia ha previsto importanti finanziamenti per promuovere la lingua di Dante nelle scuole pubbliche degli Stati Uniti. «Abbiamo posto fine ad una storica ingiustizia "; sottolinea il nostro ambasciatore a Washington, Sergio Vento ";. Siamo riusciti a far ammettere l";italiano nei cosiddetti ";Advanced Placement Program"; alla pari del francese, del tedesco e dello spagnolo».
Dal prossimo anno, in almeno 500 High School sarà  introdotto l";italiano. In sostanza, gli studenti americani avranno un";opzione nuova e in più, e il nostro Paese avrà  un biglietto da visita per presentarsi nella vita degli americani nel momento più importante, quando si formano le identità  e le passioni. Ma questa è la fine della puntata. Per l";inizio bisogna risalire all";ultimo censimento negli Stati Uniti che ha rivelato un dato straordinario: a cent";anni dalla più imponente ondata migratoria italiana in America, 15 milioni di cittadini si dichiarano «americani italiani». Non solo. Il numero salirebbe a 25 milioni se si considerassero, come vanno considerati, i discendenti di più nazionalità , compresa quella italiana. Questo significa che quasi il 10% dell";intera popolazione degli Stati Uniti "; uno su dieci "; non solo riconosce, ma rivendica le sue radici italiane.
A fronte della novità , c";è la realtà  che soltanto 1 milione di americani italiani parla la lingua d";origine in famiglia. Ma questo non significa che 24 milioni di oriundi non parlino italiano; vuol dire, al contrario, che l";italiano può potenzialmente diventare lingua di comunicazione per 24 milioni di persone, predisposte per storia personale a recepirlo e a percepirlo.

Lingua internazionale
Da qui parte la scelta istituzionale di investire nell";italiano e di farlo non già  presso il pur ampio bacino italo-americano, dove tra l";altro la possibilità  di successo sarebbe maggiore, ma coinvolgendo la generalità  degli americani, e nel loro atto pubblico per eccellenza: la scuola. È una piccola, grande svolta, perché fino a ieri le nostre autorità  erano convinte che la lingua di Dante fosse una prerogati- va per italianisti, per amanti dell";arte e delle antichità  italiane, per studiosi più che per studenti. Era un errore: la nostra non è soltanto una «bella lingua» ma una lingua di comunicazione, una lingua universale, come del resto testimonia la Chiesa di Roma, tempio di universalità , e che l";italiano utilizza per far sentire la sua voce a tutti. «Oggi la nostra lingua non è più soltanto la nobile lingua della lirica e di Michelangelo, oggi è una grande lingua internazionale che fa parlare, e per far parlare, anche cittadini non italiani "; sottolinea l";ambasciatore Vento ";. È una lingua imprenditoriale, è una lingua delle professioni. La grande quantità  di interessi americani in Italia, e italiani in America, farà  sì che l";italiano diventerà  sempre più una lingua curricolare di tanti giovani americani nell";ambito dei rapporti economici, culturali e, non ultimo, scientifici fra i nostri due Paesi».
Questa della scienza è la seconda novità . Con ritardo, l";Italia finalmente s";accorge di avere un altro ponte di comunicazione oltre a quello rappresentato da milioni di emigrati e loro discendenti: il ponte dei molti ricercatori nelle Università , nei laboratori, negli istituti americani. Persone mediamente giovani e molto motivate, studiosi e scienziati capaci d";interpretare quella cultura di «andata e ritorno» che tanto può cementare i rapporti al di là  dell";Atlantico e del Mediterraneo. Spiega ancora Vento: «Oggi non si deve puntare tanto sulla mobilità  fisica quanto su quella funzionale. E proprio gli Stati Uniti ci mostrano qual è la strada da seguire per attrarre i migliori cervelli».

Il modello di Giordano
Il modello americano insegna che ricerca e lavoro, Università  e imprenditoria sono aspetti distinti ma inscindibili. Come a Silicon Valley, la sfida è quella di dar vita a distretti tecnologici in Italia o di professori italiani in America. Un polo di approfondimento e di sperimentazione sul campo, un polo senza confini, un polo capace di valorizzare il made in Italy che è, soprattutto, libera creazione mentale e sentimentale. Antonio Giordano, professore quarantenne, e scopritore di cinque geni anti-cancro (fra i quali l";Rb 2) è un po"; un emblema di questa scommessa americano-italiana. Da quasi vent";anni fa alta ricerca a Filadelfia, o Philadelphia che dir si voglia, e da un mese ha importato l";esperienza a Siena, dove fa lezione e dove intende dar vita al modello americano. «Contesto la definizione banale e impropria di ";cervello che fugge"; "; dice Giordano ";. Uno va, semplicemente, dove maggiori sono le opportunità  di sviluppo per la sua attività . La preparazione che si acquisisce in Italia è di solito molto buona. Mancano, tuttavia, le occasioni per metterla in pratica. L";America questo dà . Ma nessuno ";scappa";. E per quanto mi riguarda, proverò a mettere a disposizioni le mie conoscenze per un progetto senza frontiere, che coinvolga i ";miei"; due Paesi, e che consenta a tanti giovani di dare il meglio di sé sia qui che là  (o là  e qui: non so più da che parte dell";Oceano mi trovo)».

L";ambasciatore Vento a Miami
Dunque, lingua italiana e ricerca italiana, ecco le due carte che si giocano nell";America dalla profonda memoria italiana. Ma la nuova strategia culturale sembra avere un";ulteriore ambizione, se riuscirà  a farla maturare: quella di rendere partecipe anche l";America latina del «mondo in italiano» in costruzione. Partendo dal grande investimento, anche economico, negli Stati Uniti, l";ipotesi è di estendere il progetto pure all";America più a Sud. Che cosa accomuna quel continente già  unito dalla geografia? Che cosa può indurre l";Italia a puntare sul Nord per ottenere un risultato anche a Sud? Semplice: sono proprio le comunità  di lingua italiana che rendono possibile l";iniziativa. Come in un mosaico, esse sono parti del tutto, e perciò diffondere la lingua italiana nelle scuole pubbliche americane sarà  il banco di prova per rafforzarla, per esempio, in quelle argentine. Dare vita ad un polo scientifico negli Stati Uniti, potrà  essere il primo perimetro di una rete estesa alle Università , alle cliniche, ai centri di studio di latino-americani italiani. E con ogni probabilità  sarà  Miami, ultima città  dell";America del Nord e prima dell";America latina, a rappresentare il trampolino dell";Italia, dei suoi sogni, dei suoi interessi.
Non a caso, nel gennaio scorso, l";ambasciatore Vento ha scelto proprio Miami per una visita di tre giorni, incontrando le associazioni, gli enti e gli imprenditori che fanno riferimento all";area americana italiana. E la sorpresa è venuta da una scuola pubblica, la George Washington Carver, che accoglie bambini d";ogni famiglia, lingua e ceto sociale, e che da cinque anni offre la scelta della lingua italiana. «L";italiano è una lingua che apre le porte», ha sottolineato la preside dell";Istituto. Centoventicinque famiglie americane, che nulla di italiano vantano, se non, forse, la passione per la Ferrari, hanno deciso che la lingua del «sì» deve «suonare» alle orecchie dei loro figli. È il nuovo bel canto della bella lingua.  

f.guiglia@tiscali.it

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017