Un viaggio in pullman lungo 61 anni

A colloquio con Paulo Bellini, tra i principali produttori di autobus al mondo e primo in assoluto nel continente sudamericano.
12 Ottobre 2010 | di
Caxias do Sul
Conversi a lungo con Paulo Bellini e mentre ascolti le sue parole hai come  l’impressione che ciò che ti sta raccontando sia tutto così sorprendentemente naturale, semplice, quasi elementare; complice – forse – il clima di estrema affabilità che questo signore di 83 anni (ma con nessuna intenzione di andarsene in pensione) è in grado di instaurare con l’interlocutore.
Poi, però, rileggi gli appunti, metti insieme dati, cifre, numeri e ti rendi conto di aver avuto il privilegio di parlare con uno dei più grandi imprenditori brasiliani: Ma soprattutto ti rendi conto che quell’ora passata con lui vale quanto una lezione universitaria, un workshop in economia, un corso accelerato in strategia aziendale. Parlando dei suoi valori, spiegando la sua filosofia professionale, Bellini ti ha appena dato una lezione di vita.
Ecco perché la storia di Paulo Bellini e della sua «Marcopolo» è una storia di eccellenza; un’eccellenza che ancora una volta «parla» italiano.
Le radici mantovane
«Le mie radici sono a San Benedetto Po, nel mantovano – è la prima cosa che ci tiene a puntualizzare seu Paulo, come lo chiamano i suoi dipendenti – da dove partì nonno Giuseppe negli ultimi decenni dell’Ottocento. In Brasile nacque Alberto, mio padre, che fu il primo in famiglia ad abbandonare il lavoro nei campi e scegliere di andare in fabbrica, dove faticò duramente per 45 anni».
Fu così che il destino del mantovano Alberto Bellini s’intrecciò con quello della famiglia veneta degli Eberle, una dinastia che, a partire dalla tenace donna-imprenditrice Luigia Carolina «Gigia Bandera» e poi da suo figlio Abramo, seppe creare a Caxias do Sul, nella Serra Gaúcha, uno dei primi colossi industriali di tutto il Sud America.
«Erano tempi duri ma sereni – ricorda oggi con un pizzico di nostalgia il magnate dei torpedoni –. Non era affatto infrequente che papà si “portasse a casa” il lavoro dalla “Eberle” e tutti noi in famiglia gli davamo una mano, dopo cena, ad assemblare i pezzi nella piccola officina meccanica allestita fra le mura domestiche».
L’esempio paterno e la cultura del lavoro entrarono così prepotentemente nel DNA del giovane Paulo che a poco più di vent’anni, insieme ad altri soci, diede vita alla «Nicola & Cia». Era il 1949 e l’intuizione vincente di quel manipolo di giovani imprenditori fu di scommettere sul fatto che di lì a poco il settore del trasporto collettivo via terra avrebbe avuto un enorme sviluppo in tutto il Brasile. Spiega Bellini: «I primi mezzi erano assai rudimentali: come “base” utilizzavamo addirittura dei camion di seconda mano, dai quali partivamo per costruire la carrozzeria del torpedone, che inizialmente era fatta di legno. Oltre ai soci, alla “Nicola” lavoravano 17 operai: per terminare un autobus impiegavamo non meno di 90 giorni».
1960-1970: il salto
Gli anni a cavallo fra i ‘60 e i ‘70 coincisero con la grande espansione dell’azienda. Fu quello il periodo in cui la «Nicola» di fatto passò sotto il comando di Paulo Bellini, il quale le impresse da subito il suo stile, cambiandone anche il marchio che si tramutò in un italianissimo «Marcopolo». «Inizialmente avevamo dato questo nome solo a una linea di pullman lanciata con grande successo nel 1968 al IV salone automobilistico di San Paolo – ricorda Bellini –. Pensai poi che sarebbe stato bello estenderlo all’azienda intera che, in fondo, si occupava di condurre la gente per le strade del mondo, proprio come aveva fatto il grande Marco Polo, uno dei più grandi viaggiatori dell’umanità».
Ai successi imprenditoriali, nel frattempo, si aggiunse un bel matrimonio con la signora Mary, arricchito dalla nascita di due figli maschi.
La «Marcopolo» di Bellini, nei decenni successivi, si impose come leader nazionale nel settore del trasporto urbano, extraurbano e turistico (oggi ha una fetta di mercato pari al 50 per cento), ma contemporaneamente aprì anche su Paesi e mercati emergenti come Russia, Cina, India, Sud Africa, Egitto e Messico.
Quei diciassette operai di sessant’anni fa oggi sono un esercito di 17 mila persone; e quei 90 giorni che ci volevano per dare forma a un torpedone in legno sono diventati 90 pullman prodotti ogni giorno negli stabilimenti della «Marcopolo», un colosso che fattura 1,3 miliardi di dollari l’anno.
Quando gli chiediamo il segreto di tanto successo, il presidente della «Marcopolo» risponde con una semplicità quasi disarmante: «Data per scontata l’alta qualità che qualsiasi prodotto deve avere per riuscire a sfondare in un mercato globalizzato com’è quello attuale, l’altro fattore vincente è di essere in grado di adattare ogni pullman o autobus in base alle esigenze del singolo cliente e alle caratteristiche specifiche del Paese dove andrà a operare. I nostri mezzi percorrono ogni giorno le strade di un centinaio di Paesi del mondo: da quelli con la guida a destra a quelli dove clima, temperature e fondo stradale sono estremi. Dietro a tutto ciò c’è un enorme investimento in ricerca e sviluppo: basti dire che nel nostro dipartimento di ingegneria lavorano 200 tecnici specializzati».
Capitale umano vera risorsa
E poi, ovviamente, c’è il fattore umano, indispensabile per fare in modo che migliaia di dipendenti si sentano parte di un’unica grande famiglia e condividano un identico obiettivo aziendale. Nella costruzione di questo rapporto Paulo Bellini è un autentico maestro: «È per me una piacevole abitudine quella di andare in fabbrica a stringere la mano ai miei operai, a parlare con loro, ad ascoltare i loro suggerimenti che sono estremamente utili. E in fabbrica ho lasciato entrare anche i loro figli di 8-12 anni, perché si rendano conto con i loro occhi di che lavoro fa il papà, invece di immaginarlo soltanto. In occasione delle festività, poi, apriamo le porte a 14 mila persone, fra lavoratori, mogli e figli, per lo scambio di auguri e di regali. Ogni anno è una grande festa».
L’ultima soddisfazione per seu Paulo e il figlio Mauro (che dopo una lunga gavetta nelle fabbriche della «Marcopolo» all’estero sembra destinato a raccogliere il testimone dell’azienda) è stata quella di aver fornito alla FIFA tutti i mezzi ufficiali in occasione degli ultimi campionati del mondo di calcio in Sudafrica. Un successo che verosimilmente sarà bissato nel 2014 e nel 2016 quando il Brasile ospiterà in rapida successione le principali kermesse sportive del pianeta: i Mondiali di calcio e le Olimpiadi.
Quanto all’italianità che pulsa ancora nelle vene di questo imprenditore sui cui mezzi viaggiano ogni giorno centinaia di milioni di persone per andare al lavoro, a scuola o a divertirsi, non ci sono proprio dubbi. A parte, infatti, il passaporto italiano e una grande passione per l’Opera e il Bel Canto, tutti i modelli prodotti dalla «Marcopolo» portano da sempre e volutamente nomi italianissimi: Paradiso, Volare, Viaggio, Andare, Torino, Gran Viale... Insomma, la «Marcopolo», pur abituata a viaggiare per le strade del mondo, è e resta, uno degli orgogli dell’italianità nel mondo.
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017