Una Casa formato Famiglia
«Desidero ringraziare Caritas Antoniana e tutti i sostenitori per averci dato fiducia. Sono sinceramente colpito dalla generosità e dalla stima con cui è stato accompagnato il lavoro che stiamo svolgendo. Il vostro è un contributo importante: la nostra comunità, le altre congregazioni religiose presenti a Mosca, i giovani con cui condividiamo il cammino di fede e d’integrazione sociale hanno ricavato un grande beneficio dal vostro sostegno, che è di sprone a proseguire con speranza nonostante le difficoltà del percorso».
Con tono sincero e sentito, padre Daniele Sollazzo pronuncia queste parole, e chiede che siano tra le prime a essere riportate ai benefattori.
Padre Daniele, pavese di nascita, fa parte della comunità «Verbum Dei» e da nove anni opera nella capitale russa. Lo scorso anno ha presentato a Caritas Antoniana la richiesta di finanziamento per la ristrutturazione della «Casa degli incontri» che la sua comunità gestisce a Dedovsk, città a trenta chilometri dalla grande metropoli. Approvato lo scorso 8 luglio, il progetto è stato finanziato con 5 mila euro. A fine novembre si sono conclusi i lavori che hanno riguardato la realizzazione del recinto, di un nuovo bagno, delle docce e della cappella, del corridoio nel seminterrato e la sistemazione di un boiler per assicurare il riscaldamento.
Msa. Di cosa si occupa la vostra comunità a Mosca?
Padre Sollazzo. La nostra è una forma di vita consacrata – nata all’epoca del Concilio Vaticano II nello spirito della nuova evangelizzazione – che opera in 31 Paesi nel mondo. In Russia siamo presenti dal 1991 e a Mosca la diocesi, poiché la Chiesa cattolica è una realtà in minoranza e risulta costituita prevalentemente da stranieri, ci ha affidato la comunità ispano-portoghese. Dal 2001, poi, siamo incaricati anche della pastorale universitaria. Come vuole il nostro carisma, noi religiosi cerchiamo di diffondere la conoscenza della Bibbia per favorire l’incontro personale con Dio, per un rinnovamento dal profondo della fede.
Lavorate molto con i giovani: cosa proponete loro?
Noi ci occupiamo soprattutto degli studenti universitari, russi e anche stranieri; in questo Paese, infatti, giungono numerosi ragazzi dalle zone più povere, grazie a borse di studio che qui riescono a ottenere più facilmente che in Europa. Essendoci stata affidata la comunità ispano-portoghese, seguiamo in modo particolare quelli provenienti dall’America Latina e dai Paesi africani di lingua portoghese. Con la pastorale universitaria svolgiamo degli incontri mensili trattando argomenti diversi, dai problemi legati alla loro età ad altri più generali. Spesso ci troviamo ad approfondire il tema dell’ecumenismo: i russi sono prevalentemente di religione ortodossa e cerchiamo di favorire la conoscenza reciproca attraverso il dialogo, evitando i pregiudizi dall’una e dall’altra parte, puntando sul concetto generale di Chiesa e parlando della differenza tra le diverse confessioni con molto rispetto. Non tentiamo di convincere nessuno ad abbracciare il cattolicesimo: il nostro desiderio è che ognuno comprenda l’importanza della fede per la propria vita, indipendentemente dalla Chiesa alla quale appartiene.
Qual è la condizione dei giovani stranieri a Mosca?
L’integrazione è difficile: in Russia, fino a poco tempo fa, ci sono stati importanti fenomeni di razzismo, al punto che per gli africani era pericoloso girare per la città: rischiavano di venire attaccati da bande di skinheads. Ora la tensione si è allentata, ma essi hanno comunque bisogno di supporto e sostegno morale. Vivono in condizioni precarie negli ostelli, mangiando come possono, con notevoli problemi di convivenza. Sono frequenti i casi di alcolismo, le depressioni, l’uso delle droghe, l’aids; sono numerosi gli aborti.
In un tale contesto, quanto può essere d’aiuto avvicinarli o riavvicinarli alla fede?
Vi sono ragazzi che provengono da Paesi ufficialmente cattolici, che spesso perdono i loro valori e più di qualche volta – senza alcun appoggio familiare in un ambiente in cui abbondano alcol, droghe, promiscuità, con tutte le conseguenze del caso – finiscono per avere frequentazioni pericolose. Quando possiamo, cerchiamo di aiutarli a livello materiale; interveniamo sempre con un apporto morale e spirituale, facendo lavoro di prevenzione e di accoglienza: alcuni riescono a trovare nella fede forza e speranza, per uscire da situazioni complesse e a rischio.
Cosa significa essere religiosi in una realtà in cui la Chiesa cattolica è in minoranza?
La Chiesa cattolica qui è «piccola», ma sono presenti i salesiani, i francescani e alcuni ordini nuovi come il nostro. Ci conosciamo tutti, spesso ci riuniamo, siamo come in famiglia. L’ambiente è accogliente, cerchiamo di sostenerci a vicenda, senza problemi di rivalità. È davvero un’esperienza positiva.
In questo panorama, la vostra «Casa degli incontri» si pone come un importante luogo formativo.
Nella struttura organizziamo ritiri, momenti di preghiera e incontri per i giovani, ma la mettiamo a disposizione anche delle altre congregazioni. Gli stessi giovani vi animano campi di lavoro con bambini e adolescenti, imparando a essere collaborativi e responsabili. La casa non è grande, ma ha trenta posti letto, ci sono l’acqua calda e il riscaldamento; si trova vicino al bosco, l’aria è migliore e vi è maggiore tranquillità. Chi è abituato a vivere in condizioni precarie, qui si sente accolto, in famiglia; è più facile stare insieme nel rispetto delle differenze.