Una comunità in fibrillazione
LONDRA
Sono arrivato a Enfield nel 1976. Ora ho 78 anni e le forze cominciano a diminuire mentre il lavoro è sempre tanto. Questa missione è in difficoltà . Siamo in pochi e non è facile riuscire ad essere al servizio della comunità italiana». Questo, in sintesi, il ritratto tratteggiato da monsignor Agostino Gonella, responsabile della Missione Cattolica Italiana di Enfield, grande comune di Londra, situato a nord della capitale, dove abitano centinaia di famiglie italiane. Una realtà emersa anche nel convegno che riunì a Roma, all";inizio di quest";anno, i missionari e i responsabili della pastorale presso le comunità italiane residenti nei Paesi europei. «La nostra casa "; racconta don Agostino "; era un convento fatto costruire nel 1935 dalle Suore della Sacra Famiglia di Nazaret, e serviva come alloggio per le sorelle addette all";insegnamento nella vicina scuola elementare parrocchiale. Con la diminuzione delle vocazioni la casa si svuotò, perdendo la finalità per cui era stata costruita.
La Congregazione decise dunque di venderla, e nel 1976 fu acquistata dall";Apostolic Mission to Italians in Great Britain, ente morale legato all";allora Ufficio Centrale per l";Emigrazione italiana (UCEI) con sede a Roma, organo esecutivo della Commissione Episcopale per le migrazioni. L";UCEI divenne poi la Fondazione Migrantes a cui dunque oggi appartiene, pur essendo autonoma dal punto di vista pastorale». L";edificio, circondato da un delizioso giardino, tutto rose e fiori di stagione, al centro del quale si erge una cappellina dedicata alla Madonna, si trova a pochi metri dalla Chiesa cattolica inglese di St Mary";s dove don Agostino celebra la messa domenicale, a cui partecipano regolarmente circa 400 fedeli. «Dal punto di vista religioso "; dice il padre missionario, nativo di Alba, in Piemonte "; è un momento molto fervido. Gli italiani amano frequentare la chiesa e la missione. In essa trovano un punto di riferimento sia per i propri figli che per i propri anziani. l problema maggiore è costituito dalla seconda generazione. I giovani frequentano assiduamente fino ai 13 o 14 anni e poi si allontanano. A volte vi fanno ritorno da adulti, per i matrimoni, i battesimi e le comunioni dei figli; altre volte li perdiamo definitivamente». Don Agostino è conscio delle difficoltà incontrate dagli emigrati, avendo lui stesso percorso la maggior parte del suo cammino religioso all";estero, prima a Canberra in Australia, e poi in Inghilterra presso varie missioni. «Gli emigrati "; continua don Agostino "; lasciavano il proprio Paese, specie in passato, con pochi soldi per affrontare una realtà sconosciuta. Avevano bisogno di lavorare, e la chiesa rappresentava spesso più un appoggio materiale che spirituale. Così, molti di loro non sono riusciti a trasmettere ai propri figli l";eredità spirituale che avevano a loro volta ricevuto dai propri genitori».
Nonostante la realtà con cui si confrontano, e per porsi al servizio degli emigrati inseriti nelle comunità locale del paese di accoglienza, don Agostino e le tre suore che lo affiancano, organizzano durante l";anno molte attività . I più piccoli vengono avviati alla Comunione; i giovani e gli adulti vengono preparati alla Cresima; gli anziani, circa un centinaio, si incontrano ogni settimana per varie attività sociali e, almeno una volta al mese, per affrontare temi religiosi. Accanto a questo, ci sono le visite ai malati e alle famiglie più bisognose, l";organizzazione della processione della Madonna dei Miracoli, a luglio, le visite agli italiani che vivono in località lontane, l";attività di coordinamento con la diocesi di Westminster da cui dipende la missione, ecc. «Fortunatamente "; prosegue monsignor Gonella "; abbiamo una grande rete di volontari che ci aiutano». La casa, anzi, è sempre aperta a tutti, come il cuore generoso di don Agostino. È aperta ai giovani e agli anziani.
«Essendo dislocati da Londra "; commenta ancora il religioso "; qui non arrivano i nuovi flussi migratori: i giovani che lavorano nella City, che cercano fortuna nella grande capitale che offre loro maggiori chances. A Enfield si trasferiscono i parenti della prima ondata migratoria degli anni Cinquanta e Sessanta. Intere famiglie, provenienti soprattutto dalla Campania e dalla Sicilia che si portano appresso i problemi di quelle Regioni». Anche a loro, la missione cerca di offrire il proprio aiuto, soprattutto spirituale, visto che le attività sociali che organizzava un tempo, sono ora passate alle ACLI, Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani, e alle Associazioni regionali o di categoria. «Ad Enfield i cattolici sono in minoranza rispetto alla maggioranza musulmana "; osserva don Agostino ";. Molti giovani, non riuscendo a trovare i giusti appigli, abbandonano la propria fede per l";agnosticismo o per avventurarsi in altri percorsi religiosi. Ma, lungi dallo scoraggiarci, abbiamo accolto l";elezione di Papa Benedetto XVI quale forte segno dello Spirito Santo: dopo l";opera di diffusione del cattolicesimo di Giovanni Paolo II, ora il nuovo Pontefice rappresenta il consolidamento. Siamo perciò ottimisti!».
Cosciente delle problematiche connesse ad una società multiculturale e multirazziale com";è ormai quella inglese, don Agostino ritiene che la convivenza serena si ottenga nel rispetto del prossimo mantenendo, allo stesso tempo, la fermezza della propria fede. «Capita spesso che alla Missione arrivino anche musulmani, amici o parenti di persone che ci frequentano. Le nostre porte sono aperte anche a loro. Li accogliamo rispettandone i costumi e le tradizioni. Questo li fa sentire a loro agio, e capita che qualcuno manifesti interesse per le nostre liturgie». Don Agostino osserva anche che «gli emigrati avevano lasciato l";Italia per fare soldi e non per darne. Alla fine, però, quando si sono resi conto che la Chiesa non chiedeva ma offriva, sono stati i primi a donare spontaneamente. Oggi perciò sopravviviamo con le donazioni e la generosità di tanti italiani».
Una chiave di lettura, quella di don Agostino, di grande insegnamento per le nuove leve di missionari chiamati ad affrontare problemi nuovi e antichi dell";emigrazione. Un linguaggio semplice e diretto, nello spirito di accoglienza e di sostegno di tutti, indipendentemente dallo status sociale raggiunto, dalle origini, dall";educazione. Il linguaggio della Chiesa che va al passo con i tempi e rappresenta la rocca in cui rifugiarsi e appoggiarsi sapendo di essere sempre ben accetti.
Le suore collegine della Sacra Famiglia hanno accolto pienamente la pastorale tra gli emigrati. Sollecitate dal cardinale Salvatore Pappalardo, arcivescovo di Palermo, nel 1982 giunsero nella comunità di Enfield per aiutare i missionari a prendersi cura degli italiani residenti nel grande comune a nord della capitale britannica. Da subito le suore si resero conto che le difficoltà d";integrazione degli emigrati nella sfera religiosa, in Gran Bretagna, erano notevoli: da una parte per la volgarizzazione della liturgia, e, dall";altra, per la difficoltà della lingua. Perciò non potendo più seguire la messa in una lingua a loro comprensibile, e d";altro canto, essendo ancora legati ad un modello tradizionale fossilizzato dall";espatrio, si trovavano ai margini della comunità cattolica locale. Le suore furono inviate proprio per agglomerare queste persone, sradicate dalla propria cultura e per offrire loro un nuovo punto d";appoggio. Le opere di assistenza a cui si dedicano sono numerose: le visite agli anziani, agli ammalati e alle famiglie; gli incontri di preghiera; le feste infrasettimanali che si svolgono nella cappella della Missione; l";insegnamento del catechismo; la preparazione della processione della Madonna dei Miracoli, celebrata quest";anno il 10 luglio: tre giorni dopo i primi attacchi terroristici a Londra; una ragione in più per unire in preghiera circa un migliaio di connazionali. Alle prime suore, suor Assunta, suor Rita e suor Gandolfa se ne sono succedute altre, nel corso degli anni. Oggi operano nella Missione suor Santina Glorioso, la madre superiora insieme a suor Paolina Maggiore e a suor Livia, di origine kenyota.