Una mano a chi fugge dal vuoto

Nella casa d’accoglienza creata dalle suore Passioniste e da padre Gianni Carparelli, le donne inghiottite dalla spirale della devianza riscoprono il senso della vita.
10 Aprile 2001 | di

 Toronto
Fin dal 1983-84, padre Gianni Carparelli e le suore Passioniste di San Paolo della Croce del Canada, in particolare suor Valeriana, cominciarono a discutere della possibilità  di organizzare insieme un programma per le ragazze che si rivolgevano a padre Gianni per chiedere aiuto per problemi di alcolismo, maternità  non desiderate, prostituzione, droga, depressione, violenza domestica, ecc. Finché ci fu l'incontro con la madre generale, suor Maria José Murua. Così, nell'ambito del programma Caritas, destinato a uomini e ragazzi, fu fondata, nel 1997, la comunità  Mater Dei per donne.
Padre Gianni suggerì che il programma fosse sviluppato dettagliatamente da suore e donne con esperienza, competenza specifica nel campo, ma soprattutto animate da uno spirito di servizio verso coloro che fanno fatica a vivere. Il disagio di tante persone nella società  di oggi nasce dal senso di vuoto, spesso motivato dalla mancanza di un senso del divino che permei la vita personale e sociale di ogni individuo. Perciò l'intervento d'aiuto non si basa nella distribuzione di tranquillanti o antidepressivi per combattere droga, alcol, gioco d'azzardo, ecc., ma nel favorire la riscoperta del senso della vita. Il lavoro della Caritas e di Mater Dei punta a riportare a galla la spiritualità  di ogni persona che esiste nella nostra coscienza ancor prima che ce ne rendiamo conto.

 In occasione del terzo anniversario dalla fondazione, l'incontro annuale della Mater Dei è servito a presentare lo spirito di servizio tra i poveri delle società  ricche. Ma non basta essere solo dei soccorritori nell'emergenza. Come dice padre Gianni Carparelli: «Occorre diventare sempre più una culla spirituale dove le persone sono introdotte a capire cosa significa vivere e avere responsabilità Â». Alla manifestazione hanno partecipato, oltre a padre Carparelli, anche suor Christine Minicucci, responsabile di Mater Dei; Joyce Frustaglio consigliere regionale a Vaughan; monsignor Robert Clune, vescovo ausiliare emerito di Toronto e la poetessa Gianna Patriarca, oltre ad alcune giovani residenti presso il centro Mater Dei.

     
                                                                 La testimonianza di Ana     

                 C'era una volta una ragazza che aveva tutte le cose che ogni ragazza possa desiderare: un sacco di amici, auto, denaro, gioielli, ecc. Ma non era felice. Ogni volta che si guardava allo specchio non vedeva denaro, gioielli, abiti alla moda o un bel viso. Vedeva il vuoto, e questo la faceva soffrire. Pensava: «Sono ricca, bella, seducente. Perché non dovrei essere felice? Forse non ho abbastanza. Forse voglio più denaro, vestiti, amici?». Così si diede da fare per avere tutto questo. Credeva che avrebbe funzionato, ma non fu così. Voleva vedere un altra persona allo specchio, voleva sentirsi importante, non voleva provare alcun disagio.
         Mi chiamo Ana e circa 15 mesi fa ho tentato di suicidarmi. Sono venuta alla Mater Dei perché ho capito che avevo un problema molto serio. La mia vita è stata un'avventura spiacevole. Sono cresciuta come l'oggetto dei desideri degli altri. Sono stata usata, manipolata, buttata via e profondamente ferita. I miei       sentimenti non avevano importanza: non erano importanti, erano vuoti, perciò io ero senza valore.
    Quand'ero ancora molto giovane cominciai a rubare soldi a mia madre. Con gli anni li rubavo a chiunque e in ogni posto in cui andavo.
                       Qualche mese prima di entrare alla Mater Dei, la mia vita ha cominciato a sgretolarsi. Non rubavo solo grandi quantità  di denaro. Andavo male a scuola, stavo per scappare di casa, litigavo con la famiglia, ingannavo le persone attorno a me: stavo buttando via la mia vita. Non riuscivo più a capire chi ero, e perché ero diventata così. Riuscivo solo a capire che all'improvviso la vita mi si era letteralmente rivoltata contro. Rendendomi conto che avevo un problema, mia madre mi sollecitò a cercare aiuto e così feci. Così incontrammo padre Gianni e fu allora che mi disse che il problema non era il fatto che io rubavo ma la mia stessa vita. Ero una ragazza a disagio che voleva disperatamente essere accettata, ascoltata e amata ma non lo ero, e per tutta la mia vita ho incolpato me stessa di questo. Credevo di non meritare l'amore e cercavo continuamente di cambiare la persona che non potevo cambiare: me stessa!
                       Mater Dei mi ha aiutato e sta continuando ad aiutarmi a crescere e a vivere. E per la prima volta sto capendo che cosa significa veramente vivere. Non significa essere belli, ricchi o famosi. Non è fare quello che vuoi, dove vuoi o come vuoi, e non significa «non soffrire».Vivere significa vedere la bellezza dentro di me e dentro le persone, accettare i miei errori e le mie imperfezioni; significa guardarmi allo specchio e dire con onestà : «Tu sai che cosa è Ana, che è stata ferita, ma che non smetterà  di amarti!». Per me questo è vivere, questo è ciò che fa felice una persona. E adesso sono felice! Voglio ringraziare padre Gianni e suor Christine che ci aiutano a vivere qui alla Mater Dei. E voglio ringraziare tutte le ragazze della Mater Dei, non solo per quello che condividiamo ma anche per essermi vicine quando ho bisogno di loro.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017