Per una Pasqua di speranza e di pace
Mi piace prendere spunto per queste riflessioni pasquali, amici lettori, da un episodio recente. Al termine di un incontro di lavoro con persone di varia estrazione, salutai tutti rivolgendo loro, data l'imminenza della festa, l'augurio di una Buona Pasqua. Vidi nei loro volti trasparire l'imbarazzo per l'inatteso augurio. Evidentemente, non abituati a sentirselo rivolgere, lo accolsero come qualcosa di estraneo al loro orizzonte di significati. Ebbi la netta consapevolezza che quello che per me era assolutamente importante e ricco di significati non lo era per tutti.
Di recente ho effettuato un viaggio all'estero, un'occasione che permette anche di cogliere i comportamenti e i riferimenti culturali del Paese visitato, anche se, ovviamente, non bastano pochi giorni per capire un popolo. Comunque, entrato in un supermercato, l'ho visto stracolmo di oggetti, dal gusto molto kitsch, cioè grossolanamente banali, che richiamavano il simbolismo primaverile della rinascita: uova, paperotti, conigli, fiori di mandorlo... plastificati. Quindi, nessuna meraviglia se in una società secolarizzata, che ha cioè dimenticato la dimensione religiosa della vita, sostituendola con altri e molteplici significati, l'augurio pasquale appare una cosa strana, fuori luogo nel bazar del consumismo.
Questo rappresenta per un cristiano la sfida con la quale confrontarsi ogni giorno. Già san Pietro scrivendo alle prime comunità cristiane presenti in una società che cristiana non era (per molti aspetti la nostra è tornata a non esserlo) le esortava a dare ragione della loro speranza, testimoniando la risurrezione del Signore.
Per il cristiano augurarsi e augurare Buona Pasqua significa vivere lo stupore di un evento che fonda la nostra fede. I racconti evangelici narrano di una meraviglia che incalza, propagata da un contagioso annuncio, dapprima accolto con incredulità , quasi con imbarazzo e, alla fine, con una gioia indicibile, dopo l'incontro con il Signore risorto. È lui che si rende presente nelle varie situazioni esistenziali narrate dal Vangelo: dalla paura dei discepoli barricati in una stanza, all'incredulità di Tommaso, dall'amarezza dei due discepoli di Emmaus alla ripresa del loro antico mestiere di pescatori sulle rive del lago di Genesareth. L'evangelista Giovanni usa un verbo dal significato intenso: venne Gesù, un venire incontro alle situazioni della vita dei suoi discepoli.
In questo numero di aprile vi ho offerto alcuni segni di speranza garantita dalla risurrezione di Cristo, anche se tante cose intorno indicano violenza, povertà , ingiustizia e disperazione. Mentre sto per chiudere queste note, mezzogiorno del quindici marzo, l'intera Europa si appresta a vivere tre minuti di silenzio per ricordare le vittime degli attentati di Madrid, duecento vite stroncate dalla pazzia omicida di un estremismo che pensa di poter risolvere i problemi innescati da un mondo certamente segnato da ingiustizie e miserie, con il terrore e la morte di vite innocenti. L'iniziativa, voluta da Bruxelles, vuole dimostrare la solidarietà dell'intera Europa con il popolo spagnolo e la comune e ferma volontà di lottare contro un terrorismo che ha colpito senza pietà e promette altre vittime, anche nel nostro Paese, da immolare sull'altare di un odio che non sembra avere confini.
Ci resta da chiederci quale tipo di risposta possa essere più efficace: se quella affidata al fragore delle armi o non invece a quella meno clamorosa della politica, coinvolgendo in modo convinto anche i Paesi arabi moderati in progetti che tolgano l'acqua al mulino del terrorismo, eliminando, cioè, le sacche di povertà , di ingiustizia e di miseria nelle quali gli estremismi pescano.
Buona Pasqua, allora, nella speranza e nella pace del Cristo risorto.