Una strada in salita per Bruxelles. Euro, quanto ci costi!

Il vecchio continente sarà il terzo colosso mondiale accanto a Stati Uniti e Giappone. Multiculturalismo e mobilità entreranno nel vocabolario dell’Unione. Ma se le cose andranno male, a chi si appelleranno gli europei?
11 Ottobre 1998 | di

Con la nascita ufficiale della moneta unica, l'Euro, gli stati dell'Unione europea (per ora dodici su quindici) acquisiscono, insieme, una fisionomia e un ruolo nuovi sullo scenario politico ed economico internazionale. A poche ore dalle decisioni assunte da Bruxelles, il ministro degli Esteri italiano, Lamberto Dini, ha detto che ora l'Italia deve guardare oltre la moneta unica, poiché se allineare la finanza «si è rivelata opera difficile ma relativamente rapida, più difficile e lungo» sarà  colmare il divario esistente tra lo Stato italiano e gli altri Stati europei.

Quali risonanze ha avuto l'evento tra i partner occidentali dove è più nutrita la presenza di nostri connazionali e di loro discendenti? Questi ultimi sono consapevoli delle grandi trasformazioni epocali che questa tappa storica potrà  produrre nell'evoluzione dei rapporti internazionali, così come nella vita sociale? Quali sono le impressioni degli italiani nel mondo sulla nuova Europa? E come ha reagito la stampa locale di fronte al battesimo economico-monetario del millennio?

A volo d'uccello, dal vecchio continente all'America, e fino all'Australia, grazie ai nostri collaboratori abbiamo tastato il polso della situazione.

E adesso chi difende gli europei?
di Mauro Montanari
Frankfurt, Germania

Il mio timore personale è che questa unione, fatta sul piano degli stati nazionali, tendenzialmente passi al di sopra delle esperienze delle minoranze, in particolare di quella italiana in Europa, che potrebbe così vedere annullata la propria identità  in quanto minoranza. Per la stessa ragione, probabilmente si renderanno più visibili e diventeranno più significative le comunità  nazionali che vivono entro i confini. Voglio dire che italiani saranno prevalentemente coloro che vivono in Italia, mentre, coloro che vivono, poniamo, in Germania, dovranno prendere coscienza sempre più della loro «eccentricità Â», con tutti i problemi che questo comporta sul piano sociale, psicologico ed economico. Questo, poi, è un problema che in Europa hanno soprattutto gli italiani, e forse spagnoli e portoghesi, mentre sono poco significative le minoranze francesi, tedesche o svedesi al sud. Nondimeno, i Paesi interessati sono quelli che meno si sono posti il problema, e che più si sono mossi come se gli unici italiani esistenti fossero quelli che abitano dentro i confini nazionali.

Era possibile pensare a un'Europa fatta più di comunità  che non di nazioni? A mio avviso sì, e i limiti dell'attuale costruzione probabilmente si vedranno nel medio periodo. Il timore è che le minoranze italiane all'estero vedano compresso il proprio ruolo. Si potrebbe obiettare che questa compressione potrà , in qualche modo, venire ovviata dalla mobilità  entro i confini europei. In realtà , proprio in Germania abbiamo sperimentato che la mobilità , se da un lato fa parte delle libertà  fondamentali ed elementari del cittadino, dall'altro lato è un forte impedimento a una felice e creativa integrazione del posto dove si vive. Gli italiani in Germania conoscono poco la lingua tedesca proprio perché pensano che possono tornare in Italia quando vogliono. Gli scolari italiani soffrono molto del pendolarismo dei genitori, ecc.

Ora, l'Europa dei banchieri ha avuto il vantaggio di costringere i vari governi a comprimere la finanza allegra, le spese clientelari, quelle al di fuori delle possibilità , e quelle fatte sulla testa delle generazioni che verranno. I vantaggi, però, finiscono qui. Manca ormai un referente politico a cui il cittadino possa rapportarsi, e ciò sarà  molto visibile alla prima crisi. Uno dei motivi del rifiuto dell'Euro da parte della maggioranza del popolo tedesco (il 57% nell'ultimo sondaggio reso noto dalla rete televisiva ARD), è proprio questo: se le cose vanno male a chi si rivolgono? Se l'Euro produce inflazione, se la politica tende a mettere lo zampino nella conduzione delle cose economiche, alla maniera italiana o francese, a chi si rivolgono? Voglio dire che la sensazione di non poter controllare lo sviluppo del processo di europeizzazione rende tutti molto nervosi nei Paesi più ricchi. In tutto questo processo, le minoranze non hanno voce e personalmente temo che continueranno a non avere voce neppure quando si discuterà  delle politiche sociali e culturali in Europa.

Europa contro America (e Giappone)
di Anna Maria Zampieri Pan
Vancouver, Canada

Non c'è dubbio che con la nascita dell'Euro la fisionomia politica del vecchio continente acquisterà  un ruolo più autorevole: una sola moneta per 11 dei 15 stati che costituiscono l'Europa rappresenta non soltanto l'unione economica, ma anche il veicolo unificante attraverso il quale i cittadini europei, usando una comune banconota, si manifesteranno fiducia e vicinanza psicologica. L'Europa avrà  inoltre più forza come interlocutore unico nella realtà  mondiale: di fronte a colossi come Stati Uniti d'America, con il loro fortissimo dollaro, Giappone, con lo yen e (prese pure le debite distanze) la nostra federazione canadese, l'Europa dell'Euro può giocare un ruolo decisivo negli equilibri mondiali.

Quell'Unione europea progettata oltre quarant'anni fa da De Gasperi, Adenauer, Schumann e Spaak sembra diventare finalmente tangibile! Ma come ha reagito la stampa americana e canadese di fronte alla nascita dell'Euro? Da quanto ho potuto registrare, la notizia è stata data senza particolare evidenza. Ci sono stati, più che commenti politici, interventi a livello tecnico (globalizzazione, iper-competitività , finanziarizzazione, ecc.). Per quanto riguarda la stampa italo-americana e italo-canadese, L'Eco d'Italia di Vancouver ha riportato la notizia dell'Ansa in terza pagina, dedicandovi un titolo a quattro colonne: «L'Euro sarà  come il dollaro, e il mondo tra poco cambierà Â». L'Ora di Ottawa, riportando in prima pagina il resoconto del recente vertice dei 34 a Santiago del Cile, ha titolato: «Sfida americana all'Unione europea - Mercato unico dal Canada al Cile». Chi invece pubblica un ampio originale servizio, sotto il titolo: «Nasce Eurolandia» (e nell'occhiello: «Una nuova era segna la storia dell'Europa, dell'Italia, del Mondo!»), è Il Congresso di Edmonton e Calgary. L'autore dell'esauriente articolo, Mario Pietrobelli, dopo aver indicato nel 2 maggio 1998 «una data epocale, anzi storica», scrive tra l'altro: «L'Euroland, dunque, è fatta, ora bisogna fare gli eurolandesi! Si può giustamente parlare di una nuova era, quella dell'Euro, ma ci si deve anche chiedere quali saranno i traguardi futuri da raggiungere». Continua: «La strada sarà  ancora lunga per diventare da Europa monetaria anche Europa politica, con una politica estera europea e con una difesa europea comune a tutti i 15 stati. E, se vogliamo, l'Europa sarà  veramente unita quando diventerà  anche l'Europa dei cittadini, con pari opportunità  e pari diritti... con una profonda solidarietà  fra tutti gli europei». «È un importante passo in avanti, peccato che ci abbiano messo tanto tempo», commenta Alessandro Urso, direttore dello stesso giornale ed europeista convinto.

Il direttore de L'italo-americano di Los Angeles ha manifestato entusiasmo per il raggiunto accordo, anche se il Los Angeles Times ha espresso scetticismo.

Da parte delle comunità  italiane, sono molte le voci concordi, tra cui quella del presidente del Centro culturale italiano di Vancouver, Lino Natola, e di un libero pensatore come Piero Gemma: in sostanza, assolutamente positivo l'accordo raggiunto, che apre nuove prospettive di collaborazione nella situazione globale.

Multiculturalismo:
una lezione dall'Australia

di Germano Spagnolo
Melbourne, Australia

L'Australia è ai margini del «villaggio globale», e la distanza geografica dall'Europa e dall'America la rende timorosa di essere tagliata fuori, lasciata in disparte. Negli ultimi decenni, dopo il passaggio dell'Inghilterra nel Mercato comune europeo, l'Australia, ex-colonia britannica, si è sentita in qualche modo tradita e abbandonata. Ha aperto le porte all'Asia, costruendo un rapporto d'affari «privilegiato» con il Giappone, la Cina, e le nascenti potenze economiche del Pacifico. Ma l'attuale crisi dei Paesi asiatici, rimette in discussione questa tendenza che era favorita dal Partito Laburista negli anni Ottanta. I Liberali attualmente al governo guardano con fiducia all'Europa, e rilanciano l'Australia come Paese «occidentale», cercando investitori europei e americani. Oggi i Liberali si dicono lieti di essere stati prudenti, di non aver messo tutte le uova nel paniere asiatico.

Le ricadute dell'Euro sull'Australia saranno certamente positive. Attualmente il 90 per cento dei contratti siglati dall'Australia con i partners economici europei vengono effettuati in dollari americani. Quando entrerà  in piena funzione, sarà  l'Euro la moneta dei contratti e degli scambi.

La stampa australiana non ha dato molto risalto all'avvento dell'Euro. Ha fatto finta di ignorarlo; ha mostrato scetticismo e anche un senso di irritazione di stampo coloniale-britannico. Il fatto che l'Inghilterra abbia deciso di non adottare l'Euro e rimanere fedele alla sterlina, ha fatto pensare all'australiano medio che l'Euro sia un'iniziativa di poco peso. Dopotutto, per l'uomo della strada non cambia niente, al momento.

La stampa italiana in Australia ha messo in risalto «le reazioni sentimentali ed emotive» dell'entrata dell'Italia in Europa e la dotazione della moneta unica europea. In un editoriale de «Il Globo», il direttore Nino Randazzo scrive: «I fratelli di sangue, di cultura, di tradizioni e molto spesso ancora di lingua nella Penisola, diventano cittadini europei a pieno titolo, senza confini territoriali, senza distinzioni di status, con una economia integrata, con una moneta unica, e con l'obiettivo ravvicinato di unione politica negli Stati federali d'Europa, sognata, osteggiata e irrisa come appena pochi anni fa l'odierna unione monetaria».

Senza dubbio verrà  rafforzato il peso politico dell'Europa. Agendo globalmente, l'Europa si presenta come un partner di grande rispetto. L'Australia è un colosso geografico, ma un nano politico. L'Europa e l'Australia potranno accordarsi su importanti progetti di sviluppo. Trattare con ogni singolo stato europeo con differenti valute poteva scoraggiare gli australiani. La comunità  italiana guarda con fiducia al nuovo ruolo dell'Europa, e quindi anche dell'Italia, sullo scenario internazionale, Australia compresa.

Inoltre, con la moneta unica europea, con l'eliminazione delle frontiere e la libera circolazione della manodopera, diventa più attuale la realtà  del multiculturalismo. Bisognerà  vedere quali organismi saranno preposti alla valorizzazione delle comunità  etniche, della lingua, della cultura, delle tradizioni. L'esperienza australiana insegna che la diversità  è ricchezza. Una società  che capisce l'importanza di mantenere i valori e i ruoli delle singole realtà  etniche di cui è composta, è una società  che cresce, si sviluppa e promuove la qualità  della vita.

 

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017