Un'iraniana dal cuore italiano
Vancouver
Nel Canada occidentale l’italianità ha vasto seguito: l’italiano continua a essere proposto e studiato nelle principali università; numerosi i corsi specializzati offerti nei locali Istituti di cultura e così pure le classi per bambini, adolescenti e adulti facenti capo al Centro italiano. Ma uno sguardo particolare va rivolto a una realtà esemplare: la Simon Fraser University (SFU), di Vancouver, dove l’italiano è entrato da decenni come parte importante del dipartimento di francese, e presso la quale si sta assiduamente lavorando – con il contributo della Fondazione Cassamarca – per la realizzazione di una «cattedra di italianistica». Gli studenti iscritti alle attuali dieci sezioni dei corsi possono per ora conseguire un Certificato di Studi Italiani.
Cuore e motore di questa iniziativa è la professoressa Chohre Rassekh (nata a Teheran, in Iran), da diciotto anni in forza alla SFU dopo avere insegnato per un brevissimo periodo alla University of British Columbia (UBC) dove si era in precedenza laureata in lingua e letteratura italiana, conseguendo poi un master in letteratura comparata con una tesi sulla poesia mistica di Jalaloddin Rumi e Jacopone da Todi. Un amore per la lingua e la cultura italiane che hanno origine nei lunghi anni trascorsi in Italia. «Ho vissuto – racconta – l’infanzia e la prima giovinezza a Rimini prima di trasferirmi con i miei genitori a Roma dove ho frequentato il primo biennio di Lettere e Filosofia». Ma erano, quelli, anni difficili per l’Università italiana: si era nel pieno ‘68, le facoltà erano occupate, seguire i corsi un’impresa impossibile. Chohre Rassekh ricevette dai genitori, rientrati nel frattempo in Iran, un ultimatum: raggiungerli in patria o iscriversi ad altra università. Optò per Leeds, in Inghilterra. Ma il suo peregrinare non era ancora terminato: «Non riuscii a concludere i miei studi in Inghilterra perchè durante un’estate, tornata a Tehran per visitare i miei, incontrai Shidan, e ci sposammo. Ritrovai in Iran le mie radici e scoprii una terra ricca di bellezze naturali e artistiche». Ma dopo cinque anni, durante i quali era nato il suo primo figlio, Rod, il suo viaggio riprese. «Decidemmo di emigrare in Canada, nella Columbia Britannica che mio marito aveva visitato durante gli anni dei suoi studi a Berkley. Vancouver mi piacque subito, ma la mancanza della famiglia fu dura da sopportare, anche se la nostra comunità religiosa ci supportò non poco».
Fu in questo periodo che Chohre Rassekh decise di ripredere lo studio della lingua e della letteratura italiane: «Fu come ritrovare una parte di me: il mio amore per l’Italia e per la cultura italiana emersero in tutta la loro forza non appena ritrovai un contatto continuo con quella che io considero la mia lingua “materna”, quella dei primi anni di scuola, così importanti nella formazione di un’identità personale».
Msa. Ci può delineare le caratteristiche degli studenti che seguono attualmente i corsi di italiano alla SFU?
Chohre Rassekh. Dal 2004 a oggi il numero di studenti è cresciuto dai 130 a una media di 250 (semestri autunnale, estivo e primaverile). Tre assistenti mi aiutano nel corso di primo livello: Daria Capostagno, Rosanna Frasson e Liana Sammartino. Quando ho incominciato a insegnare, nel 1992, c’era un numero alto di studenti di origine italiana. Oggi le classi d’italiano sono frequentate da studenti di differenti etnie: numerosi e in crescita i coreani, i cinesi e i giapponesi. L’italiano è un popolare corso elettivo. Molto spesso i miei migliori studenti non sono quelli d’origine italiana, come si sarebbe portati a credere: in genere, infatti, questi sono svantaggiati perchè in casa parlano dialetto e fanno più fatica ad applicare le regole grammaticali.
Che cosa servirebbe per promuovere studio ed esercizio della lingua italiana?
Siamo alla ricerca di fondi per poter avviare una cattedra in italiano. Ciò servirebbe a solidificare il programma, offrendo la possibilità d’iniziare un Minor, e assicurerebbe la continuità dello studio dell’Italiano. Ma per giungere a questo traguardo è necessario poter contare sull’aiuto degli italocandesi tutti. È necessario raccogliere fondi, enfatizzando l’idea che l’insegnamento di lingua e letteratura è uno dei metodi più efficaci per diffondere la cultura italiana nel Canada. Tutto ciò rinforzerebbe inoltre i vincoli dei giovani di origine italiana con la loro terra d’origine.
Come valuta il suo stile di insegnamento?
Confesso di essere della vecchia guardia: vedo ancora l’insegnamento come vocazione, come passione, come un desiderio sincero di trasmettere l’amore per la lingua e la cultura ad altri esseri umani. Amo veder crescere negli studenti questo interesse verso l’italiano e amo vedere il modo straordinario in cui sviluppano le loro capacità linguistiche e di comunicazione. Introduco nelle mie classi elementi di musica, poesia, film e documentari per suscitare un’atmosfera viva; cerco di creare, il più possibile, un ambiente nel quale possano immergersi nella lingua e nella cultura. Una volta raggiunto il livello superiore, i miei studenti si esprimono totalmente in italiano e scrivono in modo corretto. Le molte e lunghe serate di correzioni e preparazione valgono questi risultati!
Come si sente e si vede oggi, decenni dopo quei primi passi mossi da bimba a Rimini?
Ogni volta che guardo il film Amarcord, mi riappare, come in un sogno, la mia città. L’estate riminese, la ricca cultura romagnola, la vita di una città di provincia con una ricca eredità culturale e storica sono alla base della mia formazione. Continuo a cercare modi differenti per aumentare il profilo e l’importanza della presenza dell’italiano a Vancouver. Vorrei poter trasmettere agli italiani qui residenti l’idea di quanto sia importante poter offrire alla società canadese la ricchezza della lingua e cultura italiane. Forse perchè non sono italiana e perchè questa lingua è stata per me una meravigliosa scoperta, ne apprezzo il valore e sono eccitata nel poter trasmettere e condividere con altri la mia passione. Gli anni passano. Tre volte madre, due volte suocera, ora sono nonna per la terza volta. Ho lottato per capire chi sono realmente e qual è la mia identità culturale. Ho deciso di accettare l’idea che l’Italia, l’Iran e il Canada mi hanno formata in egual misura: devo a tutte e tre le culture la mia identità. E poi, anche grazie alla mia religione, mi sento una cittadina del mondo, e credo fermamente che «la terra è un solo paese e l’umanità intera i suoi cittadini».
Toronto
Italianità nel mondo: studiosi a confronto
Lingue e linguaggi, insegnamento dell’italiano ai non italiani, storia dell'emigrazione italiana nel mondo, stato di salute dell'italiano fuori d'Italia: di questo e molto altro si è discusso di recente, a Toronto, dove esperti e studiosi da tutto il mondo sono convenuti per partecipare al convegno «Italian outside Italy» promosso dal Frank Iacobucci Centre dell'Università di Toronto.
Ne è scaturita – come tempestivamente rilevato dal quotidiano Corriere Canadese, che ha seguito l'intero corso dei lavori – una «riflessione profonda e articolata sull'italiano, dalle insegne che copiano la nostra lingua sparse in tutto il mondo ai libri di grammatica e quindi alla didattica. Dall’italiano che usavano i nostri antenati, nel senso dei primi giornalisti che fondarono all’estero quotidani in lingua italiana, ai codici linguistici scelti dagli autori di origine italiana in Canada e America». L'italiano è stato definito «parte integrante del tessuto del multiculturalismo»; è stata sottolineata l'importanza di studiarlo oggi, dal momento che «la conoscenza di una lingua è il discrimine fra lo stare dentro e lo stare fuori da una cultura e va al di là della mera utilità».