Un'isola con una marcia in più

Da iniziali punti di riferimento ricreativo, i circoli sardi sono oggi diventati agenti della promozione culturale della loro regione che sostiene economicamente i costi di strutture e attività.
16 Maggio 2008 | di
Cagliari
È stato veramente un grande momento di confronto e di verifica che ha offerto ai 400 delegati dei 135 circoli sardi operanti in Italia e nel mondo, l’opportunità d’esprimere esperienze di vita, le loro attese e le loro critiche. Facendo memoria dell’epopea migratoria sarda, il presidente della Regione, Renato Soru, nella relazione conclusiva della Conferenza tenuta nell’auditorium del Conservatorio «Pierluigi da Palestrina», ha sottolineato come oggi i sardi nel mondo siano testimoni non di una storia che non esiste più, ma di una storia diversa, piena di significati. È la storia di un popolo che sta nel mondo. Sull’evoluzione e sulle attuali problematiche legate a questa epopea, si è soffermato l’assessore regionale al Lavoro e alla Formazione Professionale, Romina Congera, che ha messo in rilievo come, dopo 19 anni da un’analoga iniziativa, la Regione «sentisse l’obbligo di ricreare un momento per ritrovare radici, identità e conoscenze comuni tra i due mondi dei sardi (residenti nell’Isola e all’estero) che devono ritornare a fondersi». L’emigrazione sarda, se prima degli anni Cinquanta aveva avuto dimensioni abbastanza contenute, dal 1958 al 2002 è divenuta un fenomeno che ha coinvolto circa 700 mila persone: cioè oltre il 40% degli abitanti dell’Isola censiti nel 2001. Il 75% si stabilì nelle regioni del centro e del nord d’Italia, mentre il restante 25% raggiunse i Paesi europei, preferendo innanzitutto la Germania e poi la Francia, il Belgio e la Svizzera. Oltreoceano, tra gli Stati d’accoglienza, emerge l’Argentina, storicamente legata alla Sardegna, dov’è sorto il primo circolo nel 1936, seguita dall’Australia.
Toccando il fenomeno della mobilità all’interno dell’isola, l’assessore ha messo in rilievo i massicci trasferimenti verso i capoluoghi di provincia, soprattutto Cagliari e il suo hinterland, e le aree di insediamenti industriali e turistici. Una mobilità che per la partenza delle giovani generazioni ha comportato conseguenze incisive sul tessuto sociale della Sardegna, quali la rottura demografica, la crisi della forza-lavoro, la riduzione del collegamento tra le generazioni, riversando in settori, come quello dell’agricoltura, rotture d’equilibri demografici. Altro rilievo negativo è il mancato rientro soprattutto dei giovani laureati dall’estero. Se, infatti, l’emigrazione è un variegato processo legato anche a delle sofferenze, è anche un’occasione d’arricchimento per i contatti con culture diverse e per le qualificate esperienze professionali che hanno permesso ai sardi di contribuire alla crescita e al progresso civile e sociale dei Paesi in cui si sono inseriti, donando con il loro impegno la migliore immagine della Sardegna.
Sul ruolo dei Circoli, sorti in maggioranza negli anni Sessanta, l’assessore Congera ha sottolineato come l’associazionismo, anche se non coinvolge l’intera collettività sarda, svolge un’azione di mediazione tra differenti culture e una fruttuosa azione di rapporto tra la Sardegna e i Paesi d’insediamento. L’assessore ha rivolto ai delegati anche degli interrogativi: «Perché i loro soci sono solo 25 mila? E quali sono le motivazioni dell’aumento dei giovani e delle donne che lasciano oggi l’isola senza la prospettiva del ritorno?». Se il primo interrogativo stimola un maggior impegno per incentivare l’aggregazione dei sardi ai circoli, il secondo rimane per tutti – politici, sociologi e mondo associazionistico – un tema di grande rilievo. Il non ritorno di tanti sardi – soprattutto se professionalmente qualificati – porta come conseguenza un vuoto di conoscenze e d’esperienze interculturali, che potevano costituire un forte apporto al piano politico della regione e un contributo sulle modalità d’accoglienza e d’integrazione degli immigrati che hanno colto la Sardegna come terra che accoglie. «L’emigrazione si è modificata per intensità e caratteristiche ma continua a essere un fatto caratterizzante della società isolana. Dobbiamo però inserire le specificità della nostra terra all’interno dei più vasti fenomeni delle migrazioni internazionali – ha aggiunto l’assessore –. Per questi motivi la presenza dei giovani e delle donne nei circoli deve essere rafforzata; non per una banale presa di posizione ma perché tra gli emigrati, come nella società e nella vita, occorre riuscire a contemperare le nuove conoscenze che i giovani possono dare, le diverse sensibilità che le donne possono portare, la grande esperienza acquisita negli anni dalle persone meno giovani per contribuire a creare una società migliore, più giusta e più solidale».
I molteplici interventi, svoltisi dopo la relazione dell’assessore, hanno approfondito aspetti nuovi del fenomeno migratorio sardo e italiano, con esperienze e apporti di esperti, coordinatori dei lavori. Per Elio Carozza, segretario generale del Cgie, il futuro delle associazioni d’emigrazione impone un rinnovamento qualitativo e generazionale, e una rilettura del Sistema Italia basata su una rete di relazioni fra istituzioni ed enti impegnati nel mondo dell’emigrazione. Quanto mai carico di stimoli è stato l’intervento della deputata al Parlamento europeo, Giovanna Corda. Figlia di minatori trasferitisi da Carbonia nel Boriange, in Belgio, divenne, ancor giovane, presidente del Circolo sardo locale, vicesindaco di Hornu, membro della Consulta dell’emigrazione e, infine, parlamentare europea. Nel suo messaggio ha stimolato i valori della solidarietà e la promozione dei rapporti che l’Europa deve avere con il mondo. Dopo di lei, di rilievo gli apporti di Serafina Mascia, vicepresidente vicario della Fasi e presidente del Circolo sardo di Padova, e della scrittrice Maria Giacobbe, residente in Danimarca. Sviluppando il tema dell’immigrazione, Mascia ha richiamato il ruolo della memoria dei flussi sardi degli anni Cinquanta. Una memoria che suggerisce solidarietà, spirito d’incontro e di fiducia sul futuro. Si è poi soffermata sulle fasi di crescita e di sviluppo dei circoli, sui valori della comunicazione e sull’opportunità offerta oggi ai circoli di porsi in rete, con reciproci apporti interculturali. Quanto mai profonde sono state le riflessioni di Maria Giacobbe per la quale siamo tutti come dei ciottoli in un torrente, continuamente levigati e modificati da usi, lingua e costumi che, forse, non ci appartenevano, conservando, però, nell’animo i valori della nostra identità.
Nelle altre due giornate di lavoro, diversi e arricchenti sono stati gli interventi dei presidenti di federazioni o di circoli sardi, che hanno presentato le loro esperienze e attese. Cosimo Tavera, ha fatto rivivere l’epopea e le attuali prospettive degli otto circoli dell’Argentina; Carlo Murgia si è soffermato soprattutto sulle difficoltà che trova in Belgio d’aggregare i giovani; Francesco Laconi, ha messo in luce le attività culturali dei circoli in Francia. Interessanti e ricchi di testimonianze gli interventi di Mario Agus, residente in Olanda; di Maddalena Vitolo, a nome dei 15 circoli in Germania; di Francesca Fais, residente in Svizzera con una relazione ricca di sollecitazioni e di qualche critica; di Pietro Schirru, residente in Australia; di Gesuina Tola, residente in Brasile; di Alberto Mario DeLogu di Toronto; di Ernestina Meloni residente in Gran Bretagna; di Lucia Cumpostu, a nome dei circoli in Spagna; di Pierpaolo Tremendo e Gianni Deriu, residenti in Perù e in Usa. Sui contenuti dei loro interventi, come sui temi delle sessioni di lavoro e della tavola rotonda, ritorneremo su queste pagine, con una particolare attenzione per le prospettive che questa Conferenza internazionale rilascia al mondo migratorio italiano.
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017