Usati per audience

A un mese circa dalla fine del «Grande Fratello», è possibile valutare appieno l’evento mediatico che ha incollato al video milioni di teleutenti? Quali conseguenze hanno apportato quei giorni nella vita dei dieci giovani protagonisti?
18 Febbraio 2001 | di

So bene che molti lettori sobbalzeranno sulla sedia all' idea che io ritorni ancora sul Grande Fratello, a mesi di distanza dalla fine della prima edizione di quella trasmissione. Non ho mai nascosto la mia avversione per questo tipo di spettacoli. Poche settimane dopo l' inizio della trasmissione, a una telespettatrice che mi scriveva indignata avevo risposto che sono finiti i tempi de «la gente mormora», del guardone che rischiava le botte acquattato dietro un cespuglio o un buco di serratura, del pettegolezzo di cortile, della maligna soffiata contro i colleghi di lavoro. Oggi ci si impiccia alla grande degli affari altrui dalle Alpi alle Piramidi. Una grande folla gremisce questo Colosseo televisivo e decreta chi tra i gladiatori in lotta dovrà  perire o avere salva la vita.
Ma anche i telespettatori, come nell' antica Roma, possono decretare la fine di uno spettacolo non gradito usando il pollice, non alzandolo o abbassandolo ma premendolo sul telecomando. Finché c' è zapping c' è speranza.
Malgrado il mio parere contrario a questo genere di spettacoli spesso squallidi, vuoti, gratuiti e talvolta imbarazzanti nella loro volgarità , ho di tanto in tanto seguito il programma, prima per ragioni professionali - non posso ignorare una trasmissione seguita da un numero tanto grande di spettatori - e poi, nell' ultima settimana, per le ragioni che adesso vi illustrerò.
Non so se tra i miei lettori c' è qualcuno che ha seguito quella trasmissione. Se non l' ha fatto, non si è perso molto. In ogni caso, torniamo insieme indietro nel tempo. Siamo nel mese di dicembre. Gli abitanti della casa si sono ridotti a tre. I nomi, ormai famosi in tutta Italia, sono Cristina, Pietro e Salvo, per non parlar del cane, come direbbe Jerome, una cagnetta simpatica e vivace di nome Daria. Quando la casa era popolata da dieci giovani, non riuscivo a seguire la trasmissione per più di un quarto d' ora al giorno. Mi sembrava tutto falso, falsi i ragazzi, falso il programma, ognuno dei ragazzi sembrava interpretare un suo copioncino, esibendosi senza pudore in chiacchiere e fatterelli di nessuna consistenza che giudicavo avvilente anche semplicemente vedere e ascoltare.

 

Dopo la ribalta
Ma ora che le stanze sono diventate semivuote e c' è spesso silenzio, si è creata un' affascinante atmosfera cechoviana, che Anton Pavlovic mi perdoni. I tre giovani, una volta troppo sopra le righe, competitivi, esibizionisti, talvolta consapevoli di fare parte di uno spettacolo, adesso sono diventati più seri, meditabondi, malinconici, credo più autentici. Si sta avvicinando il momento in cui calerà  il sipario su questa loro esperienza e mi sembra avvertano, pur staccati come sono dal mondo reale, che un profondo cambiamento sta per intervenire nella loro vita. Mi pare che non si preoccupino più tanto di chi uscirà  vincitore dalla gara, ma di cosa avverrà  dopo.
Come al termine di un itinerario iniziatico, questi tre ragazzi sconosciuti, spavaldi e incoscienti all' inizio della loro avventura, paiono ora sempre più attenti a ciò che hanno lasciato e a quanto li attende laggiù, fuori dal finto giardino e dalla finta casa che loro hanno contribuito a far diventare veri vivendoci insieme per mesi. Negli ultimi giorni ricordano quanto è avvenuto là  dentro quando erano in tanti, i momenti belli e quelli di rabbia e di tristezza, ascoltano i rumori che giungono attutiti dal mondo reale e si chiedono cosa avverrà  quando tutto sarà  finito.
Vogliono andare a casa loro, rivedere gli amici, i parenti, tutti e tre hanno voglia sì di qualche festeggiamento, ma anche di ripresa della vita normale. Sanno di essere diventati famosi e popolari, ma non hanno idee realistiche in proposito. Noi sappiamo, ma loro ancora no, che là  fuori saranno fagocitati dal mondo dello spettacolo, gettati in pasto alla curiosità  di un pubblico enorme, sfruttati senza ritegno per la loro popolarità , convinti a suon di soldi a dire la loro su qualunque argomento e a fare e dire cose per cui non sono probabilmente tagliati.
                                                                                             

Un' altra vita
La vita, così come loro la conoscevano prima di entrare al servizio del Grande Fratello, bella o brutta che fosse, è finita per sempre. Ne comincerà  un' altra. Addio al piccolo mondo del paese, degli amici, delle abitudini quotidiane, delle serate noiose e ripetitive. Ora saranno per anni Cristina, Pietro e Salvo del Grande Fratello, trascinati in talk show, in serate organizzate attorno a loro in mezza Italia e spremuti in ogni modo finché avranno sugo da dare. Così è capitato agli altri ragazzi «nominati» prima di loro.
Ma tutto questo negli ultimi giorni di permanenza in casa non è ancora chiaro per loro. Mi sembra soltanto che avvertano che qualcosa di oscuro e di grande sta per avvenire nella loro vita. La malinconia di quella casa vuota di amici e troppo piena di ricordi, si mescola alla paura dell' ignoto. E i tre ridiventano bambini. Giocano tra loro come farebbero tre piccoli in età  da scuola elementare. Si baloccano con le macchinine, le fanno scontrare l' una con l' altra, ogni tanto si rannicchiano sul divano, coccolano la cagnetta, tentano di continuare le attività  svolte ogni giorno per mesi, ma subito le abbandonano perché la testa è altrove, non ai milioni del premio ma a cosa avverrà  oltre il giardino.
Preparano le valigie, si chiedono cosa si metteranno al momento di uscire, immaginano una grande accoglienza da parte degli amici ma non hanno nemmeno l' idea di cosa li attenderà  davvero di lì a poche ore. La paura si presenta anche sotto forma di malesseri fisici, di irrequietezza, di insofferenza.
Usati per produrre audience.
Mi sorprendo a simpatizzare per questi tre ragazzi e a preoccuparmi per loro. Sono diventati più veri, sono cadute le maschere e sempre più le telecamere mostrano inquadrature insospettate di volti pensosi e intensi. Pochi minuti prima giocavano come bambini e come bambini avevano paura, ora sembrano a momenti vecchi sopravvissuti di una lunga storia familiare, soli in una casa vuota dove non risuonano più le voci, l' allegria, le tensioni di un tempo.
Questi ultimi giorni di trasmissione mi sembrano in qualche modo memorabili. Mi chiedo se questi tre bambini-giovani-vecchi riusciranno a sostenere l' impatto con la nuova vita e l' abbandono della loro giovinezza così brusco e insolito. Lo spero per loro, anche se continuo a pensare che non si debba giocare in questo modo con la vita di ragazzi convincendoli a tentare un esperimento che può portare nel giro di pochi mesi a stravolgere le loro esistenze.
Non basta dire che sono stati loro a chiedere di partecipare, spinti dal desiderio di dare una svolta alla loro vita, di diventare protagonisti, di guadagnare soldi e popolarità , di apparire.
Che razza di «consenso informato» avranno mai dato i nostri eroi, che consapevolezza avranno mai avuto di avere affidato la loro vita, firmando quel contratto, a chi li userà  finché produrranno audience, sponsor e soldi? Questo pifferaio magico che si spaccia per fratello, di grande ha solo il cinismo.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017