Vacanze, una tregua per vivere la pace
Abbiamo effettuato il giro di boa del 2003: sei mesi segnati da grandi tensioni. Pensiamo alla guerra per liberare l'Iraq da Saddam Hussein, un despota che governava il Paese - ricchissimo di petrolio - con il terrore e la corruzione. Una guerra decisa da alcuni contro il parere di altri, che ha creato equivoci non ancora dissipati, e fratture che ora si sta cercando di comporre, ritessendo i fili di antiche alleanze innaturalmente allentati. Francia e Germania, per dire, avversarie degli Usa è difficile pensarle, se non per una specifica questione, pronte a riprendere il cammino insieme per affrontare le crisi che minacciano la pace nel mondo. Prima tra tutte, il conflitto mediorientale che ha avuto in questi mesi un'impennata di violenza e di sangue incredibile, e proprio quando le diplomazie erano al lavoro per rimettere in moto un processo di pace, già altre volte stroncato dall'insipiente violenza di chi non vuole la pace ma la distruzione dell'avversario.
Per questo il Papa, anche di recente, ha esortato la comunità internazionale a non stancarsi di aiutare israeliani e palestinesi a ritrovare il senso dell'uomo e della fraternità per tessere insieme il loro futuro.
A funestare questo scorcio di anno c'è stato, poi, il terrorismo internazionale con stragi compiute e altre minacciate. E poi l'economia mondiale in affanno, la cui ripresa è da tempo rimandata a una mai precisa seconda metà dell'anno. Se nei Paesi industrializzati la crisi si traduce in un ridimensionamento del tenore di vita, in quelli più poveri in fame e miserie sempre più devastanti.
Alla fine si è aggiunto un caldo torrido e inesorabile, che sarebbe sopportabile se fosse un episodio di un clima impazzito di suo e non il preludio di stagioni sempre più affocate e siccitose, causate dall'insipienza dell'uomo che non ha ancora capito (infatti, fa poco o nulla per rimediare) che occorre razionalizzare lo sviluppo, a costo anche di sacrifici, per non compromettere irreparabilmente il futuro della Terra e dei nostri figli.
Ne sono successe abbastanza di cose da pregare Dio di concederci una tregua, nella quale, deposte le armi della tracotanza e dell'egoismo, si sfoderino quelle della ragione, del dialogo e della giustizia per iniziare a costruire un possibile futuro di serenità e di pace. Cosa non impossibile, se c'è la volontà di farlo: per raggiungere l'obiettivo basterebbe la metà delle risorse e dei mezzi, materiali e di intelligenza, impiegati per perseguire scenari di guerra.
Come una casa, la pace si costruisce mettendo una pietra sopra l'altra. Approfittiamo allora della tregua che il rito delle ferie concede, per liberarci, oltre che dalle tossine della fatica fisica e mentale, dalle scorie intossicanti prodotte dal clima di rissa acceso dai politici. Ormai non li senti che parlare contro: chi governa o ha governato e la gente rilancia nei discorsi quotidiani. Per cui solo chi sta dalla tua parte e giudica gli avvenimenti, presenti e passati, secondo la tua ottica, o i tuoi preconcetti, è degno di attenzione; gli altri, meglio non ascoltarli. Ognuno per la propria strada. Ma ha senso tutto ciò, soprattutto tra cristiani che hanno assai più cose che li uniscono di quelle che li dividono? Prima tra tutte, la fede in Cristo Signore, nel quale possiamo tutti chiamare Dio Abbà , Padre. Meglio, allora, unire ciò che ci unisce, non in nome di un buonismo che ignori le differenze, ma nella realistica consapevolezza che la divisione è farina del diavolo e che solo cercando insieme soluzioni ai problemi si fa camminare il Paese. Fare e vivere la pace tra noi è un contributo alla pace nel mondo. Ecco un esercizio di riflessione e di vita che può rendere proficue le nostre vacanze.