Vecchi farmaci alla riscossa
Non sempre spendendo di più si ottiene il meglio, soprattutto in medicina. E può capitare che un vecchio farmaco, dal costo irrisorio, si dimostri altrettanto, se non più, efficace dei ritrovati moderni.
È il caso del clortalidone, meglio noto in Italia col nome commerciale di Igroton. Si tratta di un diuretico della famiglia dei tiazidici, che per anni hanno fatto la parte del leone nel ridurre la pressione arteriosa, ma che col passare del tempo sono stati messi un po` in disparte. A partire dagli anni Ottanta, infatti, il mercato è stato dominato da nuovi prodotti, in particolare calcio antagonisti e ACE inibitori, che sembravano produrre lo stesso risultato a prezzo di minori effetti collaterali. E davanti a un verosimile vantaggio clinico, non si è tenuto conto del maggior costo di queste cure (da cinque a quasi venti volte superiore). I diuretici si ritrovarono così in panchina, destinati a servire solo come supporto, in aggiunta ai farmaci più moderni, quando questi da soli non riuscivano ad abbassare la pressione in maniera soddisfacente.
Nuove prospettive per i farmaci superati
Oggi, però, la vecchia guardia torna alla riscossa. A riabilitarla è uno studio importante e assai attendibile, sponsorizzato da un ente governativo statunitense, che ha coinvolto, in oltre 600 centri del nord America, più di 30 mila pazienti che, oltre alla pressione alta, avevano almeno un`altra ragione per rischiare un attacco cardiaco: erano, per esempio, fumatori, oppure diabetici, oppure avevano già avuto un infarto in precedenza.
La ricerca ha messo a confronto, dopo circa cinque anni di terapia, la capacità del diuretico di prevenire danni al cuore e ai vasi, rispetto a quella di un calcio antagonista (in particolare l`amlodipina, venduta in Italia col nome di Norvasc o Antacal) e a quella dell`ACE inibitore (e tra questi è stato scelto il lisinopril, i cui nomi commerciali sono Alapril, Prinivil o Zestril). Analizzando i risultati, la cura con il diuretico si è dimostrata migliore delle altre due. Infatti, non si sono registrate differenze significative tra i tre gruppi per quanto riguarda la percentuale di infarti né di decessi, sia per cause cardiache sia per altre cause, ma i pazienti curati con i farmaci più innovativi sono andati incontro più frequentemente a scompenso cardiaco. Quelli trattati con l`ACE inibitore, poi, hanno sofferto in maggior numero di ictus e altri disturbi di natura cardiovascolare. E i tanto temuti effetti collaterali dei diuretici? Se anche ci sono stati, non hanno influito sul risultato finale.
In Italia gli ipertesi sono circa 15 milioni e negli Stati Uniti tra i 50 e i 60 milioni. Se non si fosse modificato l`andamento delle prescrizioni di farmaci tra il 1982 e il 1992 si calcola che solo in quel decennio si sarebbero risparmiati più di tre miliardi di dollari. Varrebbe la pena di tenerne conto, soprattutto se a guadagnarci è la salute.