Vecchia scuola, addio!

01 Settembre 1996 | di

VECCHIA SCUOLA, ADDIO!

Settembre. Rinfrancati dalle ferie e da una stagione insolitamente fresca, riprendiamo con lena rinnovata gli impegni abituali, consapevoli di dover rendere testimonianza, nei luoghi dove viviamo e lavoriamo, della nostra fede e della nostra speranza, vivendo i valori cristiani di operosità , di giustizia, di rispetto della vita e della dignità  di tutti, per aiutare il paese a uscire da una lunga stagione di corruzioni e di egoismi. Vogliamo anche sperare che quanti sono stati eletti per realizzare il bene comune, abbiano gli stessi intenti; e mettendo da parte interessi particolari e le beghe ideologiche aggrediscano con decisa volontà  i problemi della gente, che non sono pochi né di facile soluzione, ma neppure impossibili. Tra questi, ai primi posti collochiamo quelli della scuola.
All`€™inizio di ogni legislatura, e quindi di frequente, i neoeletti ministri della Pubblica istruzione sono i primi a far parlare di sé con proposte per riformare una scuola che, per immobilismo e vetustà  di programmi, gli alunni hanno definito «jurassica»: cioè, proveniente dai tempi remoti della prestoria. Sono oltre vent`€™anni che proposte, più o meno meditate, incendiano per qualche tempo gli animi e i dibattiti per poi scivolare nelle sabbie mobili dell`€™oblio.

Il nuovo ministro, Luigi Berlinguer, sta facendo anche lui la sua parte con un progetto che, per la quantità  e la qualità  delle proposte contenute, dovrebbe rivoluzionare il sistema scolastico e dare il via alla scuola «postjurassica». La più importante delle proposte, già  da altri ministri invocata, è l`€™autonomia scolastica: la possibilità  che i singoli istituti provvedano in maniera autonoma all`€™organizzazione della scuola, dell`€™insegnamento e dell`€™amministrazione. Le lezioni, poi, potranno essere di cinquanta minuti o di un`€™ora e mezza, si potranno fare corsi che rompono la struttura delle classi, le materia potranno essere insegnate non unitariamente, le scuole saranno aperte il pomeriggio per corsi di studio scelti dai singoli istituti, legati magari alla storia locale... È previsto anche l`€™innalzamento dell`€™obbligo scolastico a sedici anni, la revisione degli istituti professionali per un contatto proficuo con il mondo del lavoro.

Non entriamo nel merito delle proposte, che hanno suscitato anche nel mondo cattolico pareri discordi, soprattutto in merito all`€™autonomia. L`€™Associazione italiana maestri cattolici, ad esempio, guarda a essa con «un interesse in cui si intrecciano atteggiamenti di apprezzamento, ma anche qualche elemento di preoccupazione e di perplessità ». Ha detto no, invece, l`€™Age, l`€™Associazione dei genitori, perché «la proposta ignora le famiglie, titolari dell`€™educazione e dell`€™istruzione dei figli».
Non c`€™è progetto che non possa essere rivisto e perfezionato. A questo servono i dibattiti; purché, però, a prevalere siano le esigenze degli alunni: fino a prova contraria, le scuole sono fatte per loro, ma non sempre questo è chiaro nelle lotte che si accendono attorno al problema.

Cè qualcosa, tuttavia, che rende diffidenti: è la questione tempo. Il progetto per essere realizzato ha bisogno di un paio di anni, il che vuol dire due anni di stabilità  di governo, un tempo infinito per la nostra politica. Riusciranno Prodi e amici a resistere così a lungo? Eppure il problema scuola è importante, assai più di altri che oggi infiammano i cuori e gli interessi. Che ci sia o non ci sia una scuola ben fatta non è indifferente per nessun paese, tanto meno per il nostro che vanta antiche tradizioni di cultura e di civiltà , e che paga ogni giorno lo scotto di una istituzione vecchia, inviluppata in mille problemi, incapace di proporre valori e di fornire risposte educative alle richieste dei giovani. Sono troppi i ragazzi che lasciano anzitempo, perchè la scuola non ha saputo trattenerli e interessarli, e che poi ritroviamo protagonisti di gesti di delinquenza.

Sulla scuola ci giochiamo il futuro come paese civile e libero. Scuola non vuol dire solo programmi, ma anche strumenti adeguati a realizzarla. Se nei quartieri periferici di Napoli o di Palermo gli edifici scolastici sono fatiscenti e per la mancanza di riscaldamento i genitori sono costretti a tenere a casa i figli, le riforme lasciano il tempo che trovano.
Infine, ricordiamo al ministro la parità  scolastica, che in concreto significa sovvenzionamento pubblico delle scuole private per garantire una vera libertà  di scelta; faceva parte del programma elettorale dell`€™Ulivo, che non diventi promessa da marinaio.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017