Vecchio a chi?
Essere anziani, oggi, alla vigilia del Duemila: cosa vuol dire? Innanzitutto bisogna intendersi sul significato della parola anziano, e qui poco ci aiutano i classici dizionari italiani quando indicano «antico, vecchio, decano, veterano». Meglio forse riferirsi al latino antianus, da ante, cioè avanti... con gli anni. Bella consolazione! Non ci conforta di più l'inglese, quando traduce l'aggettivo anziano con elderly, old, e il sostantivo con senior citizen, old person: pratico e un po' brutale, o no?
Se però osserviamo la realtà intorno a noi, ci accorgeremo che almeno un terzo dell'umanità è composta di cosiddetti anziani che proprio antichi e vecchi non sono, grazie ai mutamenti di costume e di mentalità , all'evoluzione della medicina e della moda, a stili di vita impensabili non un secolo, ma anche mezzo secolo fa. È in corso una rivoluzione di cui dobbiamo prendere coscienza, perché ne siamo i protagonisti. Le tre grandi categorie nelle quali veniva generalmente suddivisa la vita dell'uomo - giovinezza, maturità e vecchiaia - non sono più così rigide. Esistono nella vita dell'uomo alcuni passaggi intermedi importanti, come l'infanzia e l'adolescenza nell'arco della giovinezza. Perché quindi non considerare, tra la maturità e la vecchiaia, il periodo abbastanza indefinito della terza età ?
La tappa che più o meno inizia con il pensionamento, può significare un periodo di sicurezza e di serenità ma anche di improvvise malinconie per chi guarda nostalgicamente al passato, e si nega così la possibilità di sognare, di progettare, di impegnarsi, di amare. Questa specie di seconda adolescenza del corpo e dell'anima è più che mai una sfida tutta da vivere oggi, alle soglie del Duemila.
C'è un bellissimo libro del giornalista e scrittore italiano Arrigo Levi, La vecchiaia può attendere, uscito in anticipo sulle celebrazioni ufficiali del presente anno dell'anziano indetto dall'Onu. Ne riportiamo a lato qualche brano significativo. Con intelligenza e ironia, il settantatreenne Levi - ora consigliere per la comunicazione del Presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi - ci aiuta a capire la terza età , offrendoci soprattutto una grande prospettiva, quella di un'epoca della vita più di altre vicina alla libertà . Naturalmente ci si riferisce a chi ha la fortuna di vivere in contesti liberi dal bisogno, dall'ignoranza e dalla dittatura.
La libertà di disporre di se stessi e del proprio tempo, nell'accettazione dei mutamenti fisici e spirituali propri dell'età , è una conquista di cui andare felici. Senza rimpiangere gli slanci della giovinezza e l'efficienza della maturità , accettando serenamente il tempo che scorre, l'anziano di oggi ha difronte a sé un lungo periodo attivo per tenere lontana l'inevitabile decadenza della vecchiaia, alla quale tuttavia prepararsi con letizia e saggezza. Mi piace qui rifarmi a un altro esempio del mondo del giornalismo: è rappresentato dal novantenne Indro Montanelli, scrittore acuto e vivacissimo, autentica enciclopedia storica ambulante della vita italiana ed europea quotidianamente documentata e discussa dalla sua Stanza sul Corriere della Sera.
E parlando di novantenni, penso al premio Nobel Rita Levi Montalcini, che ha identificato il Nerve Growth Factor, proteina in grado di stimolare la crescita delle fibre nervose. Esemplare e significativo l'inizio del suo ultimo libro La galassia mente (Baldini e castoldi, 1999), con una terzina dal Purgatorio di Dante: Matto è chi spera che nostra ragione possa trascender la infinita via. Intervistata di recente da Beppe Severgnini, la scienziata ha offerto «due squarci preziosi sul passato e sul futuro. C'è infatti l'impeccabile novantenne vestita di velluto nero, simile alla nonna che non abbiamo più; e c'è la donna affascinata dal domani, reattiva, curiosa e battagliera». La sua conversazione - dice Severgnini - è un bombardamento di analisi, previsioni, esortazioni e incoraggiamenti: ai giovani perché si ricordino d'essere giovani, e ai vecchi perché dimentichino di essere vecchi («il trucco è disinteressarsi della propria persona, e interessarsi a tutto il resto»). Che bella lezione da un personaggio laico ma umanissimo! In definitiva, è quanto ci mostra, non solo con la parola ispirata e sapiente ma con una vita dinamicamente dedita al prossimo, il caro vecchio papa Woityla: migrante per le vie del mondo prima di esserlo negli spazi infiniti e misteriosi di Dio.
Perché dunque dovremmo considerarci speciali, in senso peggiorativo o migliorativo, noi anziani italiani che viviamo all'estero? La realtà e i problemi sono quelli di tutti coloro che vivono la terza età , cambiano solamente le circostanze. C'è un senso nuovo da dare anche alle più piccole e semplici attività quotidiane, all'impiego del tempo dedicato alla famiglia e agli amici, alla cura salutare della propria persona e di hobby finalmente a portata di mano. Ricavando spazi per la lettura, l'arte, la musica. O per vivere all'aria aperta, negli sport preferiti. E ancora per viaggi di apprendimento e di scoperta, oltre che per il volontariato sociale di cui c'è tanto bisogno. C'è soprattutto da riscoprire e armonizzare, per tramandarla ai preziosissimi nipoti, la propria identità come sintesi di valori spirituali e umani, ereditati e acquisiti. Con discrezione, intelligenza, pazienza e saggia sopportazione delle inevitabili contrarietà , fisiche o morali. Per vivere degnamente questa nuova stagione della vita.
DUE 'GRANDI GIOVANI' RACCONTANO LA VECCHIAIA
Il vezzo della nostalgia di Indro Montanelli La nostalgia è un sentimento nobile, ma pericoloso. Tutti, arrivati a una certa età , cominciano a guardarsi indietro, e rivedono con affetto luoghi, persone e situazioni. Capita anche a me, naturalmente. Credo che questo dipenda da molti motivi. Ne dico due. Il primo è che gli avvenimenti si sfumano nel ricordo: le cose che non ci piacevano vengono rimosse; e rimangono le altre. Il secondo motivo: molti, pensando al passato, ricordano la gioventù, un'età senza acciacchi e con minori preoccupazioni; e rimpiangono, quasi automaticamente, ciò che facevano in quegli anni. Questo meccanismo psicologico, sono certo, opera in molti nostalgici delle dittature (fascismo, comunismo). Io stesso non so se ho nostalgia del XX battaglione eritreo, o dei miei vent'anni. Nell'Ars poetica Orazio ritrae così il vecchio brontolone: Difficilis, querulus, laudator temporis acti/se puero, castigator censorque minorum, (bisbetico, lamentoso, sempre intento a lodare i tempi che furono quando era giovane, a castigare e a fare il censore dei giovani). È un vezzo antico che io, a novant'anni, cerco di evitare. Ma se qualche volta ci casco, sono perdonato. Da una Stanza sul Corriere della Sera | C'è più tempo per amare di Arrigo Levi C'è più tempo per amare, nella terza età e nella vecchiaia. Più di quanto ne abbiamo mai avuto prima. C'è forse anche più bisogno di amare e di essere amati. Si offrono, in modo anche imprevisto, nuove occasioni per dare prove di amore a chi ci è vicino, e bisogna coglierle. Nella mente e nel cuore c'è, in realtà , più spazio per l'amore - e anche per far rinverdire l'amore - di quanto ci sia mai stato prima. La fine dell'attività lavorativa lascia abitualmente un vuoto,spirituale e materiale, nella vita di un uomo, o di una donna; e bisogna riempirlo. Senza il lavoro, cambia la geografia e cambia la storia delle nostre giornate, cambiano la struttura e i contenuti della nostra vita... Il mondo si è fatto più piccolo, ma questo vuol dire che puoi guardare cose e persone più da vicino, con più attenzione. C'è tempo per ravvivare affetti che potevano essersi attenuati, per dipingere nuovi colori su tessuti di sentimenti che si erano logorati. La vecchiaia può attendere, Mondadori Editore 1998 |