Veci e bocia, nel nome dell'altruismo

Impegnate in missione di pace e solidarietà, oggi le Penne Nere sono la Protezione Civile privata più efficiente del mondo.
21 Giugno 2006 | di

ASIAGO

Sono arrivati da ogni parte d’Italia e da molti Paesi del mondo per partecipare al 79° raduno nazionale degli Alpini. Un fiume di gente salita con ogni mezzo fino ai mille metri dell’Altopiano di Asiago, in provincia di Vicenza, per poter dire: «c’ero anch’io!».
Sì, perché l’adunata 2006 rivestiva un significato particolare dal momento che, proprio da queste parti, sul Monte Ortigara, nel settembre del 1920, si radunarono per la prima volta i reduci della Grande Guerra per onorare la memoria dei Caduti in quei tragici eventi.
A 86 anni di distanza, le Penne Nere sono tornate ad Asiago «invadendo» con i loro canti, con le loro fanfare e la loro allegria tutto l’Altopiano dei 7 Comuni. Di invasione, seppur pacifica, si deve parlare se solo pensiamo che il Comune di Asiago non arriva alle 7 mila anime, e che nelle giornate clou di sabato 13 e domenica 14 maggio, il capoluogo dell’Altopiano ne ha accolte quasi 300 mila. Vista dall’alto, Asiago aveva l’aspetto di un’enorme tendopoli brulicante di vita.
Chi fosse indotto a pensare che il raduno nazionale degli Alpini sia un semplice ritrovo di ex-commilitoni si sbaglia di grosso. Infatti c’è molto poco di militare, nei giorni dell’adunata. Nessuna ostentazione di armi, di mezzi blindati e di altri strumenti offensivi. Perché essere una Penna Nera vuol dire, sì, aver prestato il servizio di leva (oggi non più obbligatorio in Italia) nel glorioso corpo militare, ma significa prima di tutto essere amici, condividere un modo di concepire il vivere civile perseguendo ideali di solidarietà, fedeltà alla Patria e altruismo.
Il merito di aver saputo tradurre questo grande patrimonio umano in quella che è oggi una delle più efficienti organizzazioni di solidarietà e di protezione civile è dell’Associazione Nazionale Alpini. Fondata a Milano l’8 luglio 1919 da un gruppo di reduci della I Guerra Mondiale, l’ANA oggi conta 380 mila soci ordinari. A questi si aggiungono circa 58 mila soci aggregati, divisi in 81 Sezioni in Italia e 35 all’estero, a loro volta organizzate in 4.277 Gruppi.
Sezioni e Gruppi si adoperano costantemente per aiutare il prossimo, fedeli al motto: «Onorare i morti aiutando i vivi». Ecco, dunque, gli Alpini divenire, in molti Paesi del mondo, punto di riferimento per l’emergenza, accorrere in occasione di grandi e piccole calamità, raccogliere fondi da destinare ad enti di assistenza, concorrere alla raccolta di generi alimentari di prima necessità indetta dal Banco Alimentare, e sostenere opere missionarie all’estero. Nel 2005 gli Alpini aderenti all’ANA hanno donato complessivamente 1,3 milioni di ore di lavoro, e raccolto 4,5 milioni di euro destinati ad opere di solidarietà e di beneficenza.
La capillare ramificazione in tutto il territorio nazionale, l’efficienza organizzativa mutuata da quella di tipo militare, e la presenza di professionalità altamente qualificate all’interno dell’Associazione, hanno consentito all’ANA di imporsi come la più imponente struttura privata di Protezione Civile al mondo con poco meno di 15 mila volontari attivi, nonché 300 mezzi operativi, magazzini, ospedali da campo e unità cinofile.
È proprio in occasione di grandi calamità naturali che gli italiani hanno potuto scoprire l’altruismo, la professionalità e il grande entusiasmo che muove le Penne Nere: così è stato per il disastro del Vajont nel 1963, per i terremoti del Friuli nel 1976, dell’Irpinia nel 1980 e del Molise nel 2002; e all’estero: in Armenia nel 1989, in Albania nel 1999, e nello Sri Lanka in occasione del devastante Tsunami del dicembre 2004, solo per ricordare gli eventi più eclatanti.
Il 79° raduno nazionale di Asiago ha rispecchiato il copione che si ripete ogni anno nelle città che hanno il privilegio di ospitare la manifestazione. Così, accanto a momenti altamente suggestivi – fra i quali meritano di essere ricordati il pellegrinaggio alla cima del Monte Ortigara e la solenne messa celebrata dal vescovo di Padova ai piedi del Sacrario militare –, si sono svolte decine di manifestazioni culturali, concerti, mostre ed eventi di ogni genere.
Certo, chi si trova per la prima volta ad assistere a questa grande kermesse, non può non essere colpito dall’aspetto più prettamente folkloristico della manifestazione.
Fin dai primi giorni della settimana, giungono sul luogo del raduno i primi avamposti dalle varie Sezioni che hanno il compito di allestire al meglio gli accampamenti per i propri soci e simpatizzanti.
Girovagando per il centro di Asiago, in mezzo ad un fiume di gente, è curioso percepire il miscuglio dei dialetti: dalla cantilena veneta dei padroni di casa all’asprezza della lingua bergamasca; dal pugliese al toscano; dal siciliano al trentino. Sì, c’è proprio tutto lo Stivale qui ad Asiago. Ma è bello anche notare tante generazioni a confronto: i «veci», quelli più anziani, che ostentano con orgoglio quel cappello che ha difeso la Patria in tempo di guerra o che è stato fra i primi ad accorrere in soccorso della gente del Friuli colpita dal devastante terremoto del 1976. E i «bocia», le nuove generazioni, che sono ai primi raduni – se non al primo in assoluto – e cercano di mascherare l’emozione del debutto bevendo un bicchiere più del necessario per sentirsi più «uomini».
In fondo, quello delle scale gerarchiche è un aspetto del tutto relativo, perché ognuno è allo stesso tempo «vecio» e «bocia» rispetto a qualcun altro. Da parte dei più anziani si nota la voglia, quasi il bisogno di raccontare. E ci devi stare attento perché il vecchio Alpino, se gli dimostri interesse, è capace di inchiodarti ad ascoltarlo per ore, complice anche quella grappetta che aiuta a scaldarsi, a sciogliere la lingua e a ripescare i ricordi dal fondo del prezioso cassetto delle memorie.
Qua e là attirano l’attenzione i fragorosi «trabiccoli» che danno un’ulteriore nota di colore – se ce ne fosse bisogno – all’adunata. I «trabiccoli» sono delle personalissime e fantasiose interpretazioni di mezzi di locomozione che i più ingegnosi fra gli Alpini rispolverano ad ogni raduno. Così vecchie motocarrozzette a tre ruote, trattorini, furgoni e, in genere, ogni mezzo dotato di almeno due ruote e di un motore opportunamente modificato, diventa un curioso mezzo di locomozione che scorrazza per le strade del centro con un carico di Alpini in vena di goliardia.
Ma il momento, forse, più bello di queste adunate giunge alla sera. Le serate dei raduni sono lunghe quasi tutta una notte ed hanno come palcoscenico naturale sia le contrade della città ospitante, sia gli accampamenti dove sono dislocate le varie Sezioni. Anche ad Asiago, come tradizione vuole, i canti e la musica hanno contraddistinto le ore dopo il tramonto. Quasi per magia si formano ovunque capannelli spontanei di Penne Nere formati da «veci» e «bocia» che intonano le classiche canzoni di montagna, ma anche brani tratti dal più autentico repertorio vernacolare e goliardico. E se passa qualcuno che imbraccia una tromba, una fisarmonica piuttosto che un bassotuba, allora il brano si trasforma in versione «per coro e orchestra».
E sono già le prime ore del mattino quando anche i più irriducibili si abbandonano alle braccia di Morfeo, con buona pace di tutti gli altri.
L’indomani è una giornata importante. La grande sfilata inizia alle 7 del mattino e durerà fino a pomeriggio inoltrato, magari sotto il freddo e la pioggia. È la giornata dell’orgoglio. Si passerà in rassegna davanti al palco delle autorità, ordinati in fila per sette, sapendo di avere tutti gli occhi puntati addosso, compreso quello dell’Alpino Franco Marini, neo eletto Presidente del Senato.
Un’ultima spolverata al cappello, un’ultima sistemata alla Penna Nera, e si parte, marciando al ritmo dettato dalle 135 fanfare, con il pensiero che corre già alla prossima adunata. L’appuntamento, per tutti, è a Cuneo, in Piemonte, nel maggio del 2007.

 

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017