Veneti, grande risorsa

Il Veneto è stato la seconda regione d'Italia, dopo la Sicilia, per numero di emigrati. Pubblichiamo la relazione di Luciano Alban, presidente del (CAVES), svoltosi il 24 ottobre 2010, alla quale ha partecipato D. Stival, assessore della Regione Veneto.
15 Dicembre 2010 | di

Berna
Siamo grati all’assessore Daniele Stival di essere tra noi perché, dopo la riunione con i giovani a Bruxelles, questo è il suo primo grande incontro con una comunità veneta all’estero. La sorte non poteva essere migliore: l’anno scorso abbiamo festeggiato il trentennale di questo primo Comitato Veneto al mondo delle associazioni, che prima erano per la maggior parte di carattere provinciale.
Il presente
Nell’anno 2000 si diceva che un terzo degli emigrati sarebbe rientrato, un terzo avrebbe fatto il pendolare e un terzo sarebbe rimasto. Sono percentuali che appartengono al passato. Attualmente, raggiunta l’età del pensionamento, nella stragrande maggioranza, la scelta è quella di rimanere qui, nella terra di emigrazione, vicino a figli e nipoti, magari aumentando il pendolarismo. Questi alcuni dati riferiti al presente: circa il 60% degli italiani presenti in questo Paese è nato qui; e di questi, quasi il 50%, ha la doppia cittadinanza. Queste nuove realtà non tolgono dal cuore dei Veneti e degli italiani l’incredibile attrazione, quasi magnetica, verso le proprie radici d’origine. È come dire che, nella mente, avviene quasi una sorta di una metamorfosi ambientale, ma il cuore rimane veneto e italiano. Dobbiamo partire da queste considerazioni per programmare il futuro con forme di associazionismo sostenibile. È questa la sfida che l’associazionismo veneto si trova di fronte.
Il contesto attuale
In tutto questo gioca un ruolo molto importante il contesto in cui si opera. Grandi sono le diversità culturali e sociali della presenza veneta tra continente e continente, tra Stato e Stato. Per cui le politiche d’intervento e di collaborazione dovranno essere diversificate. Gli italiani d’origine veneta che vivono in Svizzera o in Europa sono molto diversi da quelli d’origine veneta del Sud America, perché diverso è l’ambiente culturale. Va dato atto, se si guarda il profilo culturale, i Veneti del Sud America, soprattutto quelli del Brasile, sono più Veneti dei Veneti per conservazione di tradizioni e del dialetto. Tutto questo provoca emotività ed è forse questa la ragione per cui l’attenzione della Regione, soprattutto negli ultimi anni, è rivolta principalmente a queste comunità. Sarebbe, però, un grave errore non considerare l’importanza della rete dei Veneti in Svizzera e in Europa. È nell’Europa che il Veneto trova il contesto in cui si gioca maggiormente la partita degli scambi commerciali, economici e del turismo. Dall’emigrazione della manodopera si è passati all’emigrazione nelle università. L’Unione Europea, pur nei suoi limiti e difficoltà, è una piattaforma imprescindibile per chi guarda il futuro. Credo sia allora nell’interesse della Regione non mettere in un angolo, ma ravvivare l’attenzione verso l’associazionismo. Per la Regione, ad esempio, non sarebbe produttivo avere un solo consultore per tutta l’Europa. Avere, allora, un riferimento a Bruxelles sarebbe importante come osservatorio sulle politiche sociali ed associative e per progettare iniziative finanziabili dal Fondo sociale europeo.
Aspetti comuni degli italiani all’estero
Alcuni aspetti delle comunità venete e italiane all’estero sono comuni in tutti gli Stati e continenti. Due lo sono in maniera particolare: i servizi consolari e lo studio della lingua italiana. Non sono di competenza delle Regioni dirà qualcuno, ma è certo che toccano i cittadini di tutte le Regioni. Per quanto riguarda i servizi consolari, oltre agli innumerevoli tagli di risorse umane e finanziarie, sono state chiuse anche diverse sedi d’importanza rilevante. In questo Paese, in un solo anno sono stati tagliati i fondi per i corsi di lingua italiana del 50%. Cosa succederà quando a casa non si parlerà più l’italiano? Perdere una lingua è come strappare le radici. Il filosofo Jacques Deridda, nel 2000, scriveva: «Le persone che sono state costrette ad abbandonare la patria... hanno in comune due sospiri, due nostalgie: i loro morti e la loro lingua». Ma la nostalgia della lingua, se non è coltivata, muore. Questi aspetti di carattere regionale andrebbero affrontati da un coordinamento degli assessori dei Flussi Migratori a livello nazionale.
Rapporti tra la Svizzera e la Regione Veneto
Senza dubbio questo è il tema che più ci sta a cuore. La quasi totalità dei veneti in Svizzera possiedono un immobile nel Veneto, per il quale non solo pagano le tasse, ma sono costretti anche a pagare l’ICI e la tassa sui rifiuti. Possiamo dire, che almeno due volte all’anno tornano nella propria Regione d’origine, dove trascorrono le ferie o periodi di permanenza. Per il Veneto questa comunità non rappresenta solamente una risorsa culturale, ma anche economica. Storicamente i rapporti tra Zurigo e la Repubblica Veneziana sono stati sempre di un interesse rilevante per le due parti. Le nuove generazioni, inserite nei sistemi economici e finanziari, attraverso una rete di comunicazione, possono diventare concreti punti di riferimento per tutti i settori dell’imprenditoria veneta.
Il federalismo
In Svizzera, il federalismo fiscale non solo è a livello cantonale (possiamo paragonare i Cantoni svizzeri alle Regioni italiane, anche se con dimensioni più piccole), ma come tutti noi sappiamo, il federalismo fiscale è addirittura a livello comunale. Si deve evidenziare, però, che pur nelle forti autonomie cantonali, esiste uno spiccato senso dello Stato. Quando il Paese si trova sotto pressioni esterne, che possono essere di diversa natura, tutti gli svizzeri sono uniti a difendere la Nazione e i loro interessi. In questo federalismo è previsto anche un fondo nazionale per sostenere e aiutare le zone più deboli e più bisognose. Qui  viviamo in un Paese dove la democrazia ha iniziato 719 anni fa. Dove esiste un sistema previdenziale che sta in piedi su tre gambe: pubblico, semiprivato e privato. La parte pubblica è uno dei sistemi più sociali al mondo, in uno dei paesi più capitalisti al mondo. Tutti pagano la stessa percentuale sugli introiti, mentre il tetto delle prestazioni penalizza chi ha gli stipendi più alti. Finora i Comuni svizzeri garantiscono il minimo esistenziale ai loro cittadini che hanno il permesso di domicilio, qui meglio conosciuto come permesso «C». Questo è un aspetto di notevole rilevanza sociale, basti pensare che Zurigo presenta 10 mila casi sociali. Per questo motivo il livello più determinante per la concessione della cittadinanza a chi vuole diventare svizzero è quello comunale.
Anche in questo Paese il settore dove attualmente esistono più preoccupazioni e difficoltà è l’assistenza sanitaria, i cui costi diventano sempre più insostenibili.
L’Associazionismo
È innegabile che l’associazionismo tradizionale stia vivendo una situazione di difficoltà. Il passaggio generazionale, legato alle diverse esigenze e prospettive delle nuove generazioni impone un radicale cambiamento di progettazione e di innovazione mentale. La mancanza del nuovo e il forte disimpegno del Governo italiano condannano la diaspora italiana nel mondo. Le associazioni venete in Svizzera lavorano di solo volontariato, senza nessuno scopo di lucro, promuovendo iniziative che costano grandi sacrifici d’impegno e di lavoro. Solo la CAVES riceve un contributo per il coordinamento e per i progetti che riesce a realizzare. A questo va aggiunto tutto il lavoro di collegamento con le istituzioni italiane e locali. È la politica che deve quantificare e valorizzare il lavoro di tutte queste risorse umane. Bisogna incentivare anche l’associazionismo medio, non creare difficoltà e mettere paletti. Senza un minimo di contributo operativo e senza riconoscimento politico non si va da nessuna parte. Come si suol dire: «non si fanno le nozze con i fichi secchi».
Lo Statutoe la Legge regionale
Questo argomento è l’aspetto più importante che noi della CAVES vogliamo discutere con la Regione. Bepi De Bortoli, osservatore vigile dei fatti della nostra Regione, ci ha fatto pervenire la bozza della proposta del nuovo Statuto Regionale a firma dei Consiglieri: Bond, Cauer e Cortelazzo e trasmessa ai Consiglieri regionali lo scorso 13 agosto. Nella prefazione si parla di consistenti consultazioni di forze sociali, enti locali, ecc … tali da garantire una fase condivisa e partecipata. Non è così, i Veneti nel mondo non sono stati per niente consultati. La CAVES si adopererà affinché lo Statuto regionale sia materia di discussione con tutti i consultori e i dirigenti. Alle espressioni d’intenti devono seguire precise prese di posizione sulla rappresentatività politica dei Veneti all’estero. Il Veneto, attualmente una delle regioni più progredite, è stata in passato la seconda regione d’Italia, dopo la Sicilia, per numero d’emigrati. Questa è la nostra storia, una famiglia su due ha dei parenti all’estero, ma non c’è consapevolezza di questo. Pochi sono a conoscenza che c’è un altro Veneto all’estero, completamente diverso da come lo immagina la gente, perché c’è stato un grande sviluppo sociale, culturale ed economico; in molti casi si può parlare di eccellenze venete nel mondo. Questa storia, in generale a lieto fine, deve essere materia d’insegnamento nelle scuole e deve essere presa in considerazione dal legislatore per dare visibilità nello Statuto. Questa è un’opportunità unica per favorire un reciproco interesse. Proviamo quindi a lavorare meglio assieme, per conoscerci meglio, per crescere e per raggiungere grandi obiettivi. Noi desideriamo partecipare al progresso e allo sviluppo del Veneto, che consideriamo anche nostro, con i doveri, ma anche con i diritti.

Il contributo dell’emigrazione
Dalla fine del secondo conflitto mondiale e fino agli anni Settanta, la Svizzera è stata per la popolazione veneta il punto di riferimento più importante come meta d’emigrazione, nonostante il clima non tanto accogliente e il famigerato statuto dello «stagional». Le rimesse e gli investimenti sulla casa hanno permesso la ricostruzione di interi paesi e hanno contribuito anche concretamente all’avvio del miracolo industriale del Veneto. Negare questo sarebbe come negare la storia. È doveroso rendere giustizia al percorso di una storia di sofferenze e sacrifici, di una storia che è però a lieto fine. Le nuove generazioni hanno una posizione sociale distante anni luce dalle condizioni degli emigrati anni Sessanta. Favoriti da una migliore conoscenza della lingua, sono stati fatti enormi progressi nel campo professionale e culturale e nella partecipazione sociale. Gli italiani, in particolare, da bersaglio mediatico presentati come causa di tutti gli aspetti negativi della società, sono diventati primi per considerazione di positività e simpatia e per aver alzato il livello generale della qualità della vita.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017