Verso il giubileo In politica da cristiani

Rendiamo visibile la salvezza del Signore nella storia, quando collaboriamo insieme a tutti gli uomini di buona volontà per costruire una società più giusta e più solidale. I cattolici impegnati in politica hanno di che meditare.
04 Maggio 1999 | di

Volete vincere una gara di quiz? Ponete questa domanda: quanti sono i partiti politici in parlamento? Prima però dovreste verificarlo voi... Il rischio di sorprese è alto. I partiti sono una quarantina. Ma tra il momento in cui queste righe sono scritte, poi stampate, quindi spedite e infine lette, possiamo essere sicuri che qualche raggruppamento sarà  defunto, qualche altro nato, in un «bailamme» caotico. Gli anni Novanta sono stati un cimitero politico. Sono scomparsi o si sono trasformati tutti i grandi partiti protagonisti della storia dell'Italia repubblicana: Dc, Pci, Psi, Psdi, Pli... Ma il loro tramonto non ha portato a una semplificazione del quadro, a una maggiore comprensione della politica e dei suoi bizantinismi. Il vuoto è rimasto vuoto, né può riempirlo il moltiplicarsi delle sigle e dei condottieri improvvisati. Lo afferma il «32° Rapporto Censis sulla situazione sociale del paese». Un cimitero di eventi politici, la cui origine è nel vuoto politico. Eppure poteva sembrare vero il contrario: tanti partiti uguale tanta vitalità , tanta possibilità  di scelta. Ma allora perché la partecipazione alle consultazioni elettorali cala a precipizio? Perché la nascita di diversi partiti di dichiarata ispirazione cattolica non ha determinato un maggiore impegno dei cattolici stessi? E il disimpegno è palpabile, se è vero ad esempio che le scuole di formazione politica in dieci anni si sono più che dimezzate. Torniamo al Censis: «La politica è sempre più mediatica (giocata in televisione, e in generale sui mass-media, ndr), e più che guidare l'economia, la politica ha solo dato veste politica a decisioni economiche dettate dalla storia o dall'esterno ... Se non cambia il vento, la politica è simulacro». E molti italiani lo percepiscono, lo fiutano. E se ne vanno. I tempi delle grandi passioni politiche sono lontani. Il Censis conferma quello che un po' tutti intuiamo, a governare sono ristrette oligarchie: «Anche sul versante pubblico stiamo assistendo, con particolare intensità  in quest'ultimo anno, a una concentrazione progressiva del circuito dei 'decision-makers'», coloro che prendono le concrete decisioni politiche. E i cittadini, i semplici cittadini, pur avendo in mano l'arma del voto, la scoprono spuntata. Hanno la sensazione di contare poco o nulla. E si disamorano della politica.
Sarà  possibile invertire la tendenza? La formula magica non esiste. E neppure sembrano emergere leader: di nuovi De Gasperi e Sturzo all'orizzonte non se ne vedono. Ma neanche loro erano «cavalieri solitari». Erano il frutto di una comunità  viva e attenta, sensibile e dinamica. Così anche oggi. Nulla accadrà  senza la volontà  e la passione di fare, senza convinzione e tenacia. La politica, per quanto confusa, opprimente, noiosa, rimane pur sempre un modo per servire i cittadini. Un'alta espressione della carità .

   
   
Cinque impegni per la politica      

La vita.

La salvaguardia del diritto alla vita dal suo concepimento fino alla morte naturale. La vita va rispettata e difesa contro ogni violenza.La famiglia. La difesa e la valorizzazione della famiglia, fondata sul matrimonio, cellula fondamentale della società , con politiche di solidarietà .     

La scuola.

Promuovere iniziative concrete perché lo stato tuteli la libertà  dei genitori di dare ai figli un'educazione consona ai loro principi.Il lavoro. Il dovere di creare le condizioni per un ampliamento della base produttiva, per rendere disponibili, anche ai giovani, nuovi posti di lavoro.       

La povertà .

Farsi carico delle situazioni di povertà , marginalità  e indigenza, presenti sul territorio e tutelare chi non sa salvaguardare i propri diritti.

La parola di Dio
La fraternità  alle radici dell'impegno

La classe politica, cioè quei signori che abbiamo mandato in parlamento perché attendino al bene comune, non stanno dando un'eccellente prova di sé. L'albero dà  i frutti che ha. Vuol dire che l'intera comunità  ha in sé qualcosa che non funziona. L'impegno è chiaro. Ma la Scrittura come giudica il potere civile, che cosa richiede ai cristiani?

di Rinaldo Fabris

 Nel racconto della passione, Giovanni riporta il dialogo tra Gesù e Pilato, il governatore della Giudea rappresentante dell'imperatore romano. Pilato chiede a Gesù: «Tu sei il re dei Giudei?». Gesù non risponde direttamente, ma invita Pilato a prendersi la sua responsabilità  senza lasciarsi condizionare da quelli che lo hanno consegnato nelle sue mani. Di fronte alle insistenza del governatore Gesù dichiara: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù» (Gv 18,36).
Gesù ha iniziato la sua attività  pubblica in Galilea con un annuncio programmatico: «Il tempo si è compiuto e il regno di Dio si è fatto vicino!». Con i gesti di guarigione dei malati e la liberazione degli indemoniati Gesù rende presente l'azione sovrana di Dio che fa arretrare il regno del male. Egli accoglie i peccatori e annuncia loro il perdono di Dio. A chi lo contesta perché non rispetta le norme giudaiche sulla separazione tra giusti e peccatori, Gesù risponde dicendo che egli, come un medico, va a cercare quelli che stanno male.
Anche riguardo alla legge del riposo il giorno di sabato, Gesù dice che essa è stata data da Dio per il bene di tutta la persona umana. Perciò egli si prende cura dei malati anche il sabato. In altre parole il regno di Dio, che Gesù annuncia e rende presente nei suoi gesti di liberazione e di perdono, si manifesta a favore degli esseri umani bisognosi di libertà  e dignità . Perciò Gesù invita i discepoli a pregare Dio padre perché manifesti la sua azione sovrana e attui la sua volontà  di salvezza.

Fiducia in Dio e sicurezza sociale. Egli li mette in guardia contro il rischio di scambiare la fiducia e l'amore verso Dio, unico Signore, con la ricerca della sicurezza fondata sul potere del denaro, il dio mammona. Li esorta a riconoscere in Dio creatore e Padre la fonte di tutti i beni che servono per la vita di ogni giorno. Ma nello stesso tempo Gesù insegna ai discepoli a chiedere al Padre il pane, quello che serve giorno per giorno per la fame di tutti. Anche questo dono di Dio, come il perdono dei peccati e la liberazione dal male, fanno parte del regno di Dio.
A causa di questa azione e insegnamento a favore del Dio, che mette in crisi le immagini di un Dio identificato con la legge e il potere, Gesù viene arrestato e consegnato ai Pilato. Egli allora può dire al governatore romano che il suo regno non entra in concorrenza con quello di Cesare, perché si colloca su un altro livello. La conferma si ha dal fatto che egli non conta sulla difesa armata dei sudditi come fanno i re di questo mondo. Il regno di Dio che Gesù proclama e rende presente con la sua azione e la sua parola non ha bisogno di combattenti, ma di credenti. Egli sa che proprio attraverso la sua morte, come estremo atto di amore fedele e solidale, il regno di Dio si manifesterà  nella sua pienezza.
In questo orizzonte si comprende la seconda riposta di Gesù a Pilato, che vuole sapere se egli è re, si o no. Gesù dice al governatore romano, rappresentante dell'imperatore, unico re legittimo: «Io sono re. Per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità . Chiunque è dalla verità , ascolta la mia voce» (Gv 18,37). Sappiamo come si conclude questo dialogo tra Gesù e Pilato, il rappresentante del massimo potere politico del tempo. L'interrogativo di Pilato: «Che cos'è la verità ?» (Gv 18,38), rivela che egli è totalmente estraneo alla logica del regno di Dio, che Gesù conferma con la sua scelta di restare fedele anche a costo della vita. Egli si presenta come il figlio di Dio e da lui inviato per rendere presente il suo regno di amore fedele che rende liberi quanti vi si affidano. Perciò Gesù, in quanto Figlio di Dio, può dire che la verità  rende liberi, perché rende partecipi i credenti della stessa sua libertà  filiale.

I primi cristiani. Su questa linea di Gesù si collocano i primi cristiani che lo riconoscono come l'inviato di Dio e il Figlio fedele che ha vinto il potere della morte. I piccoli gruppi di credenti che formano le prime comunità  cristiane nelle grandi città  dell'impero romano, non pensano di modificare né il sistema sociale schiavistico né quello politico imperiale che si regge sulla logica della forza. Paolo di Tarso, che è un credente in Gesù Cristo e un cittadino romano, invita i cristiani di Roma a riconoscere il ruolo del potere pubblico e della magistratura.
Queste istituzioni hanno il compito di reprimere i crimini e favorire la convivenza civile. Sotto questo profilo, dice Paolo, i detentori del potere e i rappresentanti delle istituzioni stanno al servizio di Dio. Perciò l'apostolo esorta i cristiani a partecipare alla vita civile pagando le tasse previste. Ma nello stesso tempo egli, tra i membri delle piccole comunità  cristiane, annuncia il messaggio della libertà  cristiana. Tutti quelli che sono battezzati nel nome di Gesù Cristo sono figli di Dio, perciò sono finite le discriminazioni religiose e sociali. Non c'è più, dice Paolo, schiavo e libero perché quanti sono stati battezzati nello Spirito di Gesù Cristo formano la Chiesa che è il suo corpo visibile. Da questa nuova coscienza di libertà  e dignità  filiale matura l'impegno dei cristiani per modificare i rapporti anche nella vita sociale e pubblica.

Il Catechismo degli adulti
Mille modi di «esserci»

Paolo invita i cristiani di Roma a riconoscere il ruolo del potere pubblico e a partecipare alla vita civile, pagando le tasse e impegnandosi nel modificare la vita sociale, forti di un messaggio nuovo, rivoluzionario: essendo figli dello stesso Padre, siamo tutti fratelli e non possono esserci discriminazioni di alcun tipo. Sulla stessa linea il Catechismo degli adulti, per il quale la politica è tutt'altro che «cosa sporca», ma il modo più esigente di testimoniare la carità .

di Lucio Soravito

Non è necessario leggere i risultati delle indagini sociologiche e dei sondaggi di opinione per rendersi conto della grande disaffezione dei cittadini per la politica. Lo dicono la percentuale dei «non votanti» in aumento a ogni consultazione elettorale e le reazioni di sconcerto della gente di fronte ai fenomeni di trasformismo politico, ai ribaltoni di governo, alla frantumazione e ai «balletti» dei partiti, alle alleanze politiche che si fanno e si disfano nell'arco di un anno, all'incapacità  dell'attuale classe politica di fare le riforme istituzionali necessarie per rendere governabile il paese. Di fronte a questi fenomeni la gente è indotta a concludere che la politica è una «cosa sporca», con cui è meglio non avere nulla a che fare (cfr. Catechismo degli adulti [CdA] 1102).
Va detto, a onor del vero, che oltre a ciò, ci sono tante persone rettamente impegnate nella ricerca e nella promozione del bene comune, anche se troppe volte i loro sforzi sono vanificati dal malcostume dell'attuale sistema politico. Occorre aggiungere che in una società  in rapida trasformazione, sottoposta a ritmi frenetici e pressata da problemi sociali e culturali inediti, non è facile mettere in atto sistemi di governo flessibili e immediatamente adeguati alle esigenze emergenti.

 Testimonianza esigente della carità  . In questa situazione è necessario che i cristiani, frustrazioni e difficoltà  a parte, tengano in evidenza quanto affermava trent'anni fa Paolo VI nell'enciclica Octogesima adveniens: «La politica è una maniera esigente ma non è la sola - di vivere l'impegno cristiano al servizio degli altri» (n. 46). La politica infatti è la «molteplice e varia azione economica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale, destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune» (Gaudium et spes, 75). Il bene comune di un popolo «comprende i diritti fondamentali della persona, i valori morali e culturali che sono oggetto di generale consenso, le strutture e le leggi della convivenza, la prosperità  e la sicurezza& È in funzione di esso che esiste la comunità  politica; ad esso tutti devono contribuire con impegno perseverante e deciso» (CdA 1104).
I cristiani rendono visibile l'azione salvifica di Dio e il suo regno nella storia quando collaborano insieme a tutti gli uomini di buona volontà  per salvaguardare la dignità  e i diritti della persona umana e per costruire una società  più giusta e più solidale (cfr. CdA 1085).

Le diverse forme di partecipazione. I modi con cui i cittadini, e quindi anche i cristiani, sono chiamati a partecipare alla promozione del bene comune sono diversi.

     
  • C'è una responsabilità  politica fondamentale che   sollecita ciascuno, senza eccezioni. Essa si esprime nel leale rapporto con le   istituzioni, nel consapevole rispetto delle leggi in quanto espressive delle   esigenze del bene comune, nell'adempimento puntuale dei doveri e delle   prestazioni sociali richiesti, a cominciare dagli obblighi fiscali,   nell'esercizio delle forme di partecipazione democratica previste dall'ordinamento giuridico (nella scuola, nei consultori, nei quartieri, nel comune), nell'espressione del voto per l'elezione dei nostri rappresentanti nelle diverse istanze politiche locali, nazionali, europee (cfr. CdA 1105). Vivere queste responsabilità  è dovere di ciascun cristiano: «Tutti i cittadini devono prendere parte in qualche modo all'attività  politica, intesa come   servizio al bene comune» (CdA 1108). Se questo primo, elementare livello di   partecipazione, anche critica e propositiva, ci trovasse tutti attenti e impegnati, molte cose andrebbero meglio e più vigile ed efficace sarebbe il giusto controllo dei cittadini sulla gestione della cosa pubblica; mentre il sottrarsi a tali responsabilità  rende poco credibile o addirittura improponibile ogni pur doverosa critica per le cose che non vanno.
     
  • C'è poi una modalità  di partecipazione politica  che, senza arrivare all'esercizio di funzioni amministrative o di governo, anima il tessuto sociale, crea momenti di aggregazione, di scambio, di confronto, elabora cultura e progettualità , esprime solidarietà  nelle forme del gratuito e del volontario, promuove cooperazione per lo sviluppo, apre a relazioni di pace e di progresso con altri popoli. Queste molteplici forme di aggregazione e di iniziative sono da diffondere e da offrire all'impegno di molti, soprattutto dei giovani. Se vissute non in contrasto ma in dialogo vivace e anche provocante con le istituzioni, esse rappresentano una preziosa   esperienza di formazione all'impegno sociale e di preparazione all'impegno politico e possono costituire un ricco vivaio di vocazioni all'esercizio di responsabilità  istituzionali.
     
  • C'è infine il momento della partecipazione politica più diretta , sia nella forma del partito politico, chiamato dal nostro ordinamento costituzionale a concorrere con metodo democratico alla   determinazione della politica nazionale, sia nella forma delle funzioni   istituzionali esercitate sulla base del mandato popolare.
    La partecipazione politica più diretta, sia nella forma del partito politico, sia nella forma   delle funzioni istituzionali esercitate sulla base del mandato popolare, comporta impegni che non possono essere di tutti, perché presuppongono attitudini, preparazione specifica, inclinazione e disponibilità  di un certo   rilievo, anche se diversamente intensa in rapporto ai diversi livelli. Nell'esercizio del potere politico è fondamentale soprattutto lo spirito di   servizio: solo esso, unito alla necessaria competenza ed efficienza, può rendere «trasparente» o «pulita» l'attività  degli uomini politici.
    Perciò è necessario promuovere autentiche vocazioni a questo impegno, anche per   favorire quel ricambio e quel dinamismo che sono condizioni necessarie per   impedire l'«occupazione» della politica e l'esercizio della politica come «mestiere», con le degenerazioni che spesso ne conseguono (cfr. Conferenza episcopale triveneta, CET, Per un'educazione cristiana alla politica, 5).  
   
   
I PUNTI FERMI PER DESTRA E SINISTRA      

Nell'esercizio dell'impegno politico i cristiani «devono testimoniare quei valori umani ed evangelici che sono intimamente connessi con l'attività  politica stessa - dicono i vescovi italiani in un loro documento - , come la libertà  e la giustizia, la solidarietà , la       dedizione fedele e disinteressata al bene di tutti, lo stile semplice di vita, l'amore preferenziale per i poveri e gli ultimi. Ciò esige che i cristiani siano sempre più animati da una reale partecipazione alla vita della Chiesa e illuminati dalla sua dottrina sociale. In questo potranno essere accompagnati e aiutati dalla vicinanza delle comunità  cristiane e dei loro Pastori». Nell'attuale situazione socio-politica italiana i cristiani, pur distribuiti in diversi schieramenti politici, devono essere concordi nel difendere - alla luce della dottrina sociale della Chiesa - i valori fondamentali seguenti:

la dignità , la libertà  e la centralità  della persona umana : «Sostenere la dignità  di ogni persona è il compito centrale e unificante del servizio che la Chiesa e, in essa, i       fedeli laici sono chiamati a rendere alla famiglia degli uomini» (ChL 37; CdA 1096);     

la salvaguardia del diritto alla vita dal suo concepimento fino alla morte naturale: «La vita va rispettata, curata e servita, va difesa da ogni forma di violenza& » (CdA 1016);

la difesa e valorizzazione della famiglia , fondata sul matrimonio «cellula       fondamentale della società » (CdA 1067). «Una politica per la famiglia è una politica per la libertà  nella solidarietà » (CdA 1069); ne consegue il dovere di accordare una reale priorità  alle politiche sociali a favore della famiglia, riguardanti la casa, il lavoro, le condizioni di vita, la previdenza, il trattamento fiscale, i servizi sociali e quel complesso di condizioni per cui la maternità  non sia socialmente penalizzata (cfr. Etc 52).     

il diritto alla libertà  di educazione : è necessario che i cristiani si impegnino a promuovere iniziative concrete perché lo stato tuteli la libertà  dei genitori di dare ai loro figli l'educazione ritenuta più consona ai loro principi etici (cfr. CdA 1161);

il diritto al lavoro : ciò comporta il dovere di creare le condizioni per un ampliamento della base produttiva, per rendere disponibili nuovi posti di lavoro, con attenzione       particolare ai giovani (cfr. CdA 1124-1126);     

il farsi carico delle situazioni di povertà , marginalità  e indigenza presenti sul       territorio e tutelare coloro che non sono in grado di salvaguardare i loro diritti (cfr. CdA 569);

la promozione di una cultura di pace , mediante iniziative capaci di risolvere in modo pacifico e giusto i conflitti e le guerre in atto, in collaborazione con la comunità  internazionale, nel rispetto dei diritti dell'uomo e dei popoli (cfr. CdA 1164-1165).

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017