Verso il tribunale permanente per i crimini contro l’umanità. Giustizia senza frontiere
In cinque anni di attività , il Tribunale penale dell'Aja sui crimini di guerra nella ex Jugoslavia ha emesso solo due condanne e istruito processi per venti detenuti. Un bilancio non certo esaltante anche se il suo presidente, l'italiano Antonio Cassese, al momento di lasciare l'incarico ha affermato che il tempo è stato messo a frutto per creare le strutture e definire la giurisprudenza in un campo relativamente nuovo e irto di condizionamenti internazionali. E il procuratore, la canadese Louise Arbour, donna ostinata e tenace, si è detta certa di assicurare alla giustizia dell'Aja i maggiori latitanti, i serbi Radovan Karadzic e Ratko Mladic, servendosi anche di una unità specializzata internazionale di cui fanno parte dei carabinieri italiani. C'è da augurarsi che quando leggerete questo articolo, almeno uno dei due maggiori responsabili del genocidio in Bosnia si trovi in una cella del carcere olandese di Scheveningen. Ancora più lento il lavoro del tribunale per il genocidio in Ruanda del 1994, istituito ad Arusha, in Tanzania, ma su cui è calato un silenzio tombale, anche perché - forse - i 'morti neri' fanno meno notizia dei 'morti bianchi'.
Entrambi i tribunali hanno un precedente storico in quelli di Norimberga e Tokyo, che nel 1946 condannarono all'impiccagione i nazisti tedeschi e i militari giapponesi responsabili dei genocidi della seconda guerra mondiale. Poco dopo, nel 1948, l'Onu incaricava un comitato ad hoc di preparare un tribunale permanente per la prevenzione e la punizione del crimine di genocidio, ma i suoi lavori si impantanavano presto sulla definizione di 'aggressore'. Erano gli anni della guerra fredda fra Usa e Urss, che sfociava in episodi di guerra vera, come quella di Corea. Ci sono voluti cinquant'anni, la fine dei blocchi e l'insorgere di feroci scontri etnici, nell'ex Jugoslavia e nel centro dell'Africa, perché una decisione così importante ritrovasse vigore e attuazione. Finalmente si sta aprendo a Roma la 'Conferenza diplomatica dell'Onu dei plenipotenziari per istituire una Corte penale internazionale' (questa è la dizione esatta ufficiale) che stabilirà un tribunale permanente per i crimini contro l'umanità . Mentre i tribunali dell'Aja e di Aruscha si estingueranno una volta assolti i loro compiti più circoscritti. È, infatti, necessario, sia per esercitare una forte azione di prevenzione sia per catturare e giudicare speditamente i responsabili, avere a disposizione un tribunale permanete ben strutturato e funzionante. Perché ogni giustizia ritardata, come vediamo appunto per la Bosnia e il Ruanda, appare una giustizia evanescente.
A Roma per oltre un mese, dal 15 giugno al 17 luglio, i rappresentanti di tutto il mondo discuteranno la bozza redatta dal comitato preparatorio. Molti i punti ancora in sospeso, dove si indicano versioni diverse. Tre categorie di crimini sicuramente inserite: contro l'umanità , genocidio, crimini di guerra comprese le violenze sessuali contro le donne. Ma altri vorrebbero includere anche il crimine di aggressione - su cui, come abbiamo visto, la commissione preparatoria si è impantanata per decenni - il terrorismo internazionale, i traffici di droga, gli attacchi contro militari e funzionari dell'Onu. È certo che il tribunale non si arresterà di fronte a privilegi, e potrà inquisire dal semplice soldato o miliziano ai 'signori della guerra', che talvolta si identificano con capi di stato, ma agirà in base al principio di sussidiarietà , cioè solo se i tribunali nazionali non vogliono e non possono agire?
Altro punto nodale è il rapporto con il Consiglio di sicurezza, dove siedono i 'cinque grandi': sarà questo a dare il via alle inchieste del futuro tribunale, o questo agirà autonomamente? E ancora: avrà un suo 'braccio' per eseguire gli arresti, o dovrà dipendere dal beneplacito e dall'aiuto delle polizie nazionali?
Come si vede, c'è materia per dibattiti molto serrati. Anche perché si affronteranno tesi politiche e scuole giuridiche differenti, ma si cercherà di arrivare, alla fine, al massimo consenso possibile.
Come si situerà la delegazione italiana, che sarà guidata dal giurista ex presidente della Corte costituzionale, Giovanni Conso, e avrà fra i suoi membri Silvia Costa, presidente della commissione per le pari opportunità ? Certamente per dare al tribunale il massimo di poteri e di autonomia, ampliando il suo raggio a comprendere il crimine di aggressione e non mettendosi a tutela del direttorio delle grandi potenze. Ha detto un alto commissario dell'Onu per i diritti umani: 'È più facile giudicare chi ha ucciso una sola persona che chi è responsabile della morte di migliaia'.
Questa grave lacuna del diritto è destinata domani a sparire, e ad attuarsi il voto del presidente Kofi Annan quando afferma che 'la realizzazione di una corte di giustizia internazionale assicurerà che la risposta dell'umanità sia rapida e giusta'?
Da Roma parte la 'giustizia senza frontiere', come è stata battezzata dai media. Ma quando il 'tribunale dell'umanità ' entrerà in funzione? Sono previsti almeno due-tre anni per la ratifica della convenzione di Roma da parte di un numero sufficiente di stati e per imbastire la parte operativa.
Il commissario dell'Unione europea, Emma Bonino, sostiene che 'è meglio partire piano, ma forte'. E, tuttavia, un iter troppo lento potrebbe ancora una volta spegnere l'entusiasmo per l'evento e deludere le attese di chi spera difesa rapida e giustizia vera.
L inte Come evitare nuovi Pol Pot
Daniela Salvati è il vicedirettore della Sede dell'Onu in Italia, che si trova nel palazzetto Venezia a Roma. Msa. Perché è stata scelta Roma per la conferenza che dovrà fondare il Tribunale penale internazionale? Salvati. L'Italia ha profuso un grande impegno per arrivare a questo momento: non solo come governo ma anche come organizzazioni della società civile. E dovrà accentuare questo ruolo anche dopo, quando la futura convenzione dovrà essere ratificata dai vari stati, come ha fatto il Canada, dopo Ottawa, per la convenzione che vieta le mine antiuomo. Vorrei sottolineare che l'Italia porta avanti ugualmente la battaglia per l'abolizione della pena di morte e che il futuro tribunale internazionale, pur in presenza di crimini gravissimi da punire, escluderà questa pena antiumana. Perché la conferenza si è data un tempo così lungo, oltre un mese?
Se i princìpi sono stabiliti, rimane molto da definire nel funzionamento. Ad esempio, il punto nodale del rapporto con il Consiglio di sicurezza. Le grandi potenze, gli Usa, la Cina, tendevano ad attribuirsi un diritto di veto sui fatti e i casi da esaminare da parte del tribunale. Alla fine sembra che, per effetto di una campagna di stampa e dell'opinione pubblica, la posizione del governo Usa si sia smussata, e che ora si parli non di veto ma di avallo del consiglio alle iniziative autonomamente prese dal tribunale.
In futuro, il tribunale potrà occuparsi di casi analoghi a quelli dei volontari italiani assassinati durante la guerra in Bosnia?
Ritengo senz'altro di sì. La bozza in esame a Roma parla di ampliare il concetto di 'crimini contro l'umanità ' estendendolo ai casi di violenza sessuale e all'uccisione di persone in missione di pace. L'esempio dei molti latitanti che il tribunale sui crimini nella ex Jugoslavia non riesce a portare alla sbarra del giudizio, non è però incoraggiante... I due tribunali sinora esistenti, sui crimini nella ex Jugoslavia e in Ruanda, sono organismi creati appositamente, che hanno richiesto tempo, che sono selettivi. Un tribunale permanente sarà una istituzione molto più solida, che potrà agire con più tempestività e autorità , che giudicherà chiunque abbia commesso un crimine di guerra, si trovi fra i vinti oppure fra i vincitori. La sua funzione deterrente sarà molto forte e continuativa.
Clinton avrebbe voluto far giudicare Pol Pot; altri dittatori colpevoli di gravissimi crimini sopravvivono quasi riveriti. E sembra difficile processarli, perché l'attuale tribunale dell Aja giudica solo gli stati,non gli individui.
È esatto: e ciò sottolinea la necessità del nuovo tribunale che nascerà dall'incontro di Roma. È vero che non avrà valore retroattivo, perché altrimenti non vi avrebbero partecipato stati latinoamericani come l'Argentina, il Cile, il Paraguay, che hanno chiuso il periodo delle dittature militari e dei desaparecidos con una amnistia. Se non sarà , dunque, possibile processare criminali simili a Pol Pot, tuttavia si metteranno le basi perché non si riproducano mai più altri Pol Pot.
C'È chi attende giustizia
Sono le famiglie e gli amici dei volontari italiani assassinati durante la guerra in Bosnia. Alcuni casi: il 29 maggio 1993, presso Gorni Vakuf, Sergio Lana, Fabio Moreni, Guido Puletti. Sul ponte Vrbanja di Sarajevo, il 3 ottobre 1993, Gabriele Moreno Locatelli, dei 'Beati i costruttori di pace'. In tutti questi casi si conosce il nome degli assassini, ma non si riesce ad assicurarli alla giustizia.
Una recente inchiesta, svolta da un giornalista torinese, getta nuova luce e mostra nuovi indizi su questi episodi: Luca Prastello, La guerra in casa, Einaudi, 1998. |