Viola, la randagia

03 Dicembre 1998 | di

Viola era una ragazzina di tredici anni, sveglia e dai lunghi capelli neri. Frequentava la scuola media di una delle tante periferie, intrise di piccole, drammatiche storie senza nome. Capiva e apprendeva, ma di quanto veniva detto in quelle aule le interessava poco o nulla. Avrebbe voluto comprendere, prima, il suo «male di vivere» che la portava a sorridere solo verso la fine delle lezioni: fuori, non l'aspettava il branco, ma la solitudine di un bar dove poter ingoiare qualche bicchiere di vino. L'unico compagno di giochi e unico cibo che assumeva in una giornata. Gli zuccheri la tenevano in piedi.

Allora, quindici anni fa, Viola era un caso estremo. Oggi, non lo sarebbe più. Infatti, secondo una recente indagine, svolta anche nelle scuole, l'età  critica in cui appaiono problemi come l'anoressia e la bulimia si è abbassata a undici-tredici anni, mentre in passato si manifestava, per lo più, attorno ai quindici. Questi disturbi alimentari di origine psicologica affliggono ben 300mila adolescenti in Italia, in otto casi su dieci riguardano le ragazze. Si tratta di ragazzi e giovani che, pian piano, si trovano a diventare vittime, allo stesso tempo, dei modelli di bellezza imposti dalle mode, sempre più invadenti, e della voracità  dei consumi, sempre più assillanti, da cui non riescono a difendersi con un minimo di rapporto critico e di distanza. In ogni caso, dicono gli esperti, il più delle volte queste vere e proprie malattie nascondono problemi affettivi irrisolti o sofferenze legate a mancanza di attenzione da parte della famiglia e dei genitori. Ma nell'anoressia agisce una contraddizione ancor più lacerante: l'ansia di essere all'altezza, di vedersi belli, la paura di non essere accettati e apprezzati si traduce in mancanza di autostima e in cancellazione del proprio corpo, nella sua afflizione e punizione. Vi è qualcosa, in questo, di somigliante e di terribilmente diverso rispetto alle esperienze delle grandi mistiche che hanno caratterizzato la storia religiosa. Là , l'annullamento era in Dio, quindi nell'Assoluto e nell'Infinito, fonte di speranza; qui, il venir meno sfocia nel Nulla, sorgente di disperazione e angoscia.

I valori, gli ideali, le testimonianze, la fede che la società , quindi i padri, lasciano ai figli ne segnano indelebilmente il destino. La merce non potrà  mai sostituire il bisogno di significati e, nello smarrimento, per molti giovani l'alternativa sembra diventare quella di accettare di farsi «cosa» essi stessi, di consumarsi, esattamente come si consumano le merci, o di sparire, nascondendosi al mondo.

È quello che ha fatto, in questi anni, Viola.

Il suo calvario ha attraversato tutte le tappe di una tragedia giovanile moderna. Dalla fuga da casa a una ricerca disperata perché priva di direzione e di mete, in una corsa autodistruttiva: il passaggio dall'alcol al'eroina, i piccoli reati, gli anni di carcere, l'incontro con l'Aids.

Da tre mesi, si trova in una casa alloggio, unico rifugio per le persone malate che non hanno una loro casa. Al suo arrivo, pesava trentasei chili ma si «vedeva» grassa: uno stato di deperimento così forte da non trarre beneficio dalle nuove cure. Ha trovato un ambiente accogliente, che non le ha chiesto nulla, se non il rispetto degli altri e di se stessa. Ha racimolato tre chili, ha adottato un cane e, assieme, un modo per sentirsi responsabile e per dare affetto, e, finalmente, un po' di voglia di vivere e di fiducia negli altri. Così, ha cominciato a raccontare di sé, della sua esperienza di questi anni che non è stata attraversata soltanto dal vuoto e dal buio, ma anche da alcuni incontri importanti.

Ha vissuto due anni in Spagna, sulla strada, con il popolo dei «randagi»: ragazzi e ragazze che vivono, dormono, si spostano dividendo il poco che raccolgono tra loro o con i loro cani. È un piccolo mondo che campa di mutuo soccorso, di solidarietà  di gruppo, lontano dai bagliori del facile consumo.

Al rientro in Italia, Aurelio, un vecchio alcolista, le ha offerto riparo nel suo misero alloggio, per il quale arriva faticosamente a pagare la pigione a fine mese. Adesso che Viola è in casa alloggio, lui è contento e va ogni settimana a trovarla, lasciandole qualche migliaio di lire perché «una ragazza si deve pur comprare qualcosa». La pensione minima di cui vive non gli consente neppure di sfamarsi, ma a lui non importa privarsi di quelle poche lire che gli sarebbero d'aiuto. Per Aurelio, l'importante è sentirsi utile a Viola, di vederla ritrovare, assieme ai chili di peso, il sorriso e la voglia di vivere.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017