Virginio uccide l’«adorata Concetta»
ARoma, ogni anno, quindici uomini uccidono la propria convivente. Che sia «ufficiale» (la cosiddetta legittima consorte) o morganatica (una «compagna» di lungo corso). Gli assassini son di solito persone anziane, dai sessanta in su. A uccidere l`amato bene ci arrivano mossi da un propellente banale: la gelosia. Questo nel sessanta per cento dei casi, il resto precipita nell`uxoricidio diabolicamente sospinto dalla incompatibilità di carattere. Ma come, si chiederà il lettore, gli ci son voluti (all`uomo che uccide la donna) venti, trent`anni per realizzare l`incompatibilità di carattere? Gli psicologi spiegano che proprio in età avanzata, venuti meno entusiasmo e attrazione fisica, ci si salva dalla routine in forza dei sentimenti. Se i sentimenti non invecchiano, lui e lei varcheranno sereni l`uscio dei trenta e magari quaranta anni di unione, garantendosi una vita da buoni coniugi: coniugando, cioè, gioie e dolori, tolleranza, affetto e naturalmente rispetto. Al contrario, se i sentimenti si sono logorati, han perduto freschezza, ci si accorge dei difetti dell`altro sopportandoli, prima, con crescente fastidio e, infine, ahimé non più sopportandoli.
Ma dove sta scritto che il fastidio di vivere con chi si è convissuto a lungo debba avere come sbocco un delitto, un assassinio? Non sta scritto da nessuna parte, si tratta in ogni modo di casi limite epperò accadono. E dunque bisognerà interrogarsi un po` su codesto fenomeno. Nel suo celeberrimo Physiologie du mariage, Balzac scrive che «esser geloso è il colmo dell`egoismo, è l`amor proprio in difetto, è l`irritazione di una falsa vanità ». Insomma, nella gelosia c`è più amor proprio che vero amore.
Ho letto non senza disagio la per altro civilissima cronaca-ricostruzione sul «Corsera» di Fabrizio Peronaci sulle «motivazioni» del signor Virginio T., pensionato di 69 anni il quale ha ucciso, dopo nove anni di «felice rapporto», la sua «adorata Maria Concetta» di anni 62: «La notte di san Silvestro, davanti agli amici si è messa a ballare con quell`altro, non con me. Io che l`ho riempita di regali, fiori, io che le ho sempre aperto lo sportello della 600. (`¦) Commissario, al posto mio che avrebbe fatto?».
È di qualche anno fa una acuta analisi sociologica del cardinale Ratzinger incentrata sul male terribile che avvelena il tempo procelloso in cui viviamo: il Relativismo.
Corrode i Valori, insidia il matrimonio, sfascia la famiglia. I fidanzati non sono più fidanzati, ci si sposa affrettatamente senza aver ponderato sul «gran passo». Tutto è relativo, ferocemente: il rapporto fra coniugi, degli stessi coi figli. Lui di solito è un ex sessantottino fallito, al quale, davanti ai figli, lei rimprovera appunto il fallimento. Ad ogni piè sospinto. I casi sono due: o lui tace, sminuendosi sempre di più agli occhi dei figliuoli, ovvero straparla. Oppure esplode.
Come sappiamo il Papa è molto preoccupato del destino della famiglia in questa nevrotica società postmoderna schiava del Vitello d`oro, cioè del miraggio della ricchezza facile. Paradossalmente, mi dice un Cardinale-Pastore, la Chiesa dovrebbe far corsi di vita non già ai promessi sposi ma ai coniugi in età avanzata. Ma l`approccio «è tutto da creare», i vecchi strumenti (l`ammonimento, la minaccia di castighi divini) si sono spuntati contro la corazza dell`egoismo, dell`edonismo. La tolleranza, la condivisione sono i grandi rimedi: ma esigono tempo, pazienza; e un ripensamento dei doveri pastorali. Difficile, il tutto, tuttavia sappiamo che Dio è buono e dietro il suo silenzio non c`è corruccio ma pietà .