Vivere a tutti i costi
È accaduto a Los Angeles, sulle cui colline sorge Hollywood: la mecca del cinema. Sandie Taylor, una donna di 31 anni, aveva imparato a convivere con il male del secolo per molti anni. Era ancora adolescente quando alla sorella primogenita, Roxanne Barboza, era stato diagnosticato un tumore maligno al seno. Roxanne combatté contro l'implacabile carcinoma per tre anni. Alla fine dovette arrendersi. Morì quando aveva appena 29 anni, lasciando orfani i suoi figli piccoli. Passò solo un anno, e anche la madre, Senaida Barrera, fu colpita dalla terribile malattia che la portò alla tomba dopo quattro anni di dolori lancinanti e implacabili. Ad accudire la madre fu ancora Sandie su cui gravava anche la cura delle sorelle più piccole e dei nipotini, figli di Roxanne.
La sequela di fatti dolorosi, così vicini l'uno all'altro, e l'ineluttabilità di un destino nient'affatto promettente, indusse Sandie a fare alcune riflessioni sulla possibilità di sviluppare anche lei, presto o tardi, quel male che avrebbe pesato sul futuro della sua famiglia. Lei e la più piccola delle sorelle non erano ancora state colpite dal cancro, ma poteva capitare senza preavviso che i geni si «ribellassero» anche contro di lei, come era capitato alle tre sorelle, sulla soglia dei vent'anni. Fu solo grazie alla diagnosi precoce e alle cure dei medici, che le condizioni delle tre sorelle migliorarono fino alla remissione della malattia. Sandie, ulteriormente impressionata dal nuovo assalto del male, sentiva il fiato della morte sul collo. Col marito Steve, discusse per parecchi giorni prima di decidere di avere un figlio che forse avrebbe dovuto crescere senza la guida e l'aiuto della mamma. «Il mio corpo - diceva - poteva essere colpito dal cancro quando mio figlio in grembo avrebbe avuto più bisogno di me. La storia della mia famiglia era una minaccia esattamente come lo era la leggendaria spada di Damocle sospesa a un filo di crine di cavallo sul capo di Dionigi il Vecchio di Siracusa, ricordate? Avrebbe potuto abbattersi sulla mia testa in qualsiasi momento, lasciando mio figlio e mio marito privi della mia presenza. In tal caso anch'essi avrebbero sofferto molto, aggiungendo dolore al dolore già presente in famiglia. No - si disse Sandie - . Bisognava decidere al più presto che cosa fare per evitare il peggio».
La decisione più logica era quella di togliere i seni. Era il tumore che la impauriva e la tormentava. Aveva saputo che le donne a cui erano stati asportati i seni, avevano ridotto le probabilità di sviluppare la malattia a meno dell'1%. Dopo molti confronti con il marito e innumerevoli consultazioni con i medici oncologi, Sandie e Steve optarono per l'asportazione dei seni. Per la donna e per il marito, fu una decisione sofferta ma necessaria. Anche i medici dell'UCLA, la University of California di Los Angeles, alla quale la coppia si era rivolta per un parere e per eseguire la delicata operazione, propendevano per l'asportazione radicale dei seni.
L'operazione chirurgica di rimozione dei seni fu affidata al dottor Robert Bennion, chirurgo oncologo dell'UCLA che tenne la paziente sul tavolo operatorio per oltre due ore. La ricostruzione dei seni venne eseguita dal dottor Andrea Da Lio, Assistant Professor alla cattedra di Chirurgia plastica e ricostruttiva presso la stessa Università californiana. L'operazione eseguita da Da Lio durò oltre 5 ore. «È veramente raro - ricorda Da Lio - asportare i seni a una paziente non ancora affetta dal cancro». Ma il pensiero della sofferenza che avrebbe dato inevitabilmente anche ai suoi cari, non mancava di tormentare Sandie sin da quando aveva deciso di sposare Steve Taylor. «La sofferenza - diceva - rimane un ospite inevitabile dell'umanità : visita la mamma che allatta, il bambino che si diverte a giocare con i coetanei, l'anziano che passa il tempo con i nipotini. Nessun momento della vita, nessuna età o ceto sociale è esente dalla sua presenza. C'è chi nasce e vive con la sofferenza, c'è chi la incontra mentre sta sbocciando alla vita, chi la deve fronteggiare all'apice di una situazione familiare felice, come la sua, e chi la incontra negli anni della vedovanza quando più avverte la solitudine».
La ricostruzione dei seni è stata molto laboriosa e irta di difficoltà perché coinvolgeva la resezione di masse di tessuti dall'addome per trasferirle nelle sedi dei seni asportati. Infine, occorreva rimodellare i seni col tocco dello scultore. Al risveglio dall'anestesia, vedendosi allo specchio, Sandie si sentì felice per aver fatto quella scelta così radicale. «Ora, io e Steve potremo pensare a un futuro senza paure per i nostri figli e anche per noi».
I tessuti e i linfonodi tolti a Sandie con la mastectomia sono risultati, all'esame di laboratorio, completamente privi di tracce tumorali. Un altro sospiro di sollievo per Sandie e per la sua famiglia. Il merito di questa serenità ritrovata va riconosciuto anche al dottor Andrea Da Lio, 37 anni, di origini venete (la mamma Ninetta è di Asiago, in provincia di Vicenza), da dove emigrò con i genitori e la sorella Annette a Ironwood nel Michigan. Dopo aver frequentato la locale Catholic High School, Andrea conseguì la laurea in Medicina presso la prestigiosa Università del Michigan, e lavorò 5 anni come medico condotto presso la cittadina di Darthmouth, nel New Hampshire ottenendo, dopo un breve apprendistato, l'incarico di Assistant Professor presso la Scuola di Medicina annessa alla UCLA di Los Angeles.
L'intervento di chirurgia plastica eseguito su Sandie Taylor, una paziente con una storia familiare così toccante e sfortunata, ha destato un grande interesse anche tra i mass media: in particolare, Michelle Terwilleger sul popolare Bakersfield Californian di Los Angeles e sul Daily Globe di Ironwood.
Ho incontrato Andrea Da Lio, appassionato di montagna e di sci, ad Ironwood e anche ad Asiago dove si reca quasi ogni estate per trascorrere con i genitori, Ninetta e Armando, le sue vacanze ossigenandosi tra il profumo di resina dei boschi. La sorella Annette gestisce ad Ironwood, con il marito Robert Burchell, il magnifico Sandpiper Motel, situato sulla via principale del centro cittadino, che conduce alla frontiera con il Canada.
Asiago vanta alcuni medici di grande valore, quali il professor Mario Serembe dell'Università di Padova, il professor Maurizio Guglielmi, primario, oltre al dottor Da Lio: un altro fiore all'occhiello della presenza italiana nel mondo.