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07 Giugno 1998 | di

Il sogno americano dei nonni molisani emigrati in America alla fine dell'Ottocento. La travolgente carriera politica di Thomas M. Foglietta fino al Congresso. Ma sono rimaste a Monteroduni le radici del più illustre italo-americano.

Roma

L'orgoglio di rappresentare un grande Paese, l'affetto anch'esso orgoglioso per l'Italia, terra d'origine della sua famiglia, la consapevolezza dell'immenso patrimonio culturale che l'emigrazione italiana ha portato in dote agli Stati Uniti, l'analisi lucida dei rapporti tra Washington e Roma improntata su stima e fiducia per la nazione nella quale è stato inviato dal Presidente Clinton, il riconoscimento di come si sia accresciuto negli ultimi anni il ruolo italiano nel mantenimento della pace nel difficile scacchiere euro-mediterraneo: c'è tutto questo nell'intervista che il nuovo ambasciatore statunitense in Italia Thomas M. Foglietta ha concesso al 'Messaggero di sant'Antonio'.

 

Msa. Signor ambasciatore, che effetto le fa rappresentare il suo Paese nel Paese d'origine della sua famiglia?

Foglietta. Quando i miei nonni lasciarono l'Italia intorno al 1880, andarono in America in cerca di opportunità , non per fuggire da persecuzioni o dalla schiavitù. Una volta giunti in America, costruirono la loro casa insieme a tanti altri emigrati e portarono con sé le proprie tradizioni, mantenendo i legami con l'Italia. I miei nonni venivano dal Molise, ma in realtà  si conobbero a Philadelphia, e lì si sposarono in Santa Maria de'Pazzi, la prima chiesa italo-americana in America. Ma a questo patrimonio ne aggiunsero un altro: le tradizioni della loro nuova patria americana. Nella nostra famiglia alcune di queste tradizioni facevano capo simbolicamente all'Indipendence Hall, l'edificio dove fu scritta la Costituzione americana e dove la nostra Dichiarazione di indipendenza proclamò quella che divenne nota come 'la prima nazione nuova'. I miei nonni si sposarono civilmente in quell'edificio. Mio padre, una volta eletto nel Consiglio comunale, si impegnò con successo perché venisse edificato il Parco Storico Nazionale intorno all'Indipendence Hall. Una generazione più tardi, quando fui eletto al Congresso, toccò a me impegnarmi affinché fossero garantiti da parte del governo federale, i mezzi per proteggere e preservare questo simbolo della nostra nazione e della nostra filosofia.

Oggi io continuo a fare tesoro dell'eredità  della nostra famiglia italiana, proprio come dell'affetto e della devozione per la nostra nuova patria. Perdoni l'immodestia, ma non credo ci sia nulla di più importante che io possa fare per onorare queste due tradizioni che rappresentare gli interessi dell'America in Italia.

 

Lei è un esempio del 'successo' ottenuto dai figli dell'Italia negli Usa. Pensa che la piena integrazione degli emigrati li porti a perdere le loro radici o che le diverse tradizioni culturali costituiscano un patrimonio che gli Usa conservano?

Gli americani sanno che gli emigrati sono gli ingredienti di base del nostro carattere nazionale: rinnovamento, creatività , fiducia nel futuro. Siamo una terra di emigrati e per questa ragione giudichiamo molto importante l'emigrazione e tanto importanti le diverse 'radici'. L'emigrazione costante ha stimolato la mobilità , impedendo la rigidità  di classi e stati sociali differenti. L'assimilazione non è mai stata un processo di omogeneizzazione nel quale le differenze si sono annullate, ma un processo di adattamento in cui ciascun gruppo ha preso qualcosa in prestito dall'altro mentre si adeguava a nuovi linguaggi e istituzioni. Il pluralismo è diventato una caratteristica della vita americana e l'emigrazione ha conservato e rafforzato questa tendenza. Fondamentalmente il segreto di una rapida integrazione si è basato su pluralismo, tolleranza, diversità , oltre alle crescenti aperture del sistema politico ed economico.

La maggior parte degli emigrati italiani, e tra questi i miei nonni, si trovavano al gradino più basso della scala economica. Ma nel corso del ventesimo secolo queste persone intraprendenti, compresi i miei familiari, si sono fatte strada in tutte le attività  sociali, passando da occupazioni modeste al mondo professionale, divenendo medici, avvocati, dirigenti d'azienda e parlamentari. Oggi non c'è simbolo di rettitudine politica più rispettato di Fiorello La Guardia; e nessun mito sportivo più grande di Joe Di Maggio.

 

Per molti emigrati il 'sogno americano' si è realizzato, ma per molti altri c'è stato più dolore che successo. A suo giudizio la storia dell emigrazione italiana negli Usa ha segnato più vittorie o più sconfitte?

Statisticamente, noi italo-americani abbiamo avuto successo. Il reddito medio familiare dei quindici milioni circa di italo-americani supera di quasi un terzo quello medio nazionale, e la maggior parte di loro hanno avuto come minimo alcuni anni di istruzione secondaria. I sogni sono tuttavia molto personali come le difficoltà  e le soddisfazioni nell'adattamento a una nuova vita. Mio nonno Angelo era un musicista: suonava la tromba. Ma quando è giunto a Philadelphia ha incominciato a fare il lustrascarpe. La mancanza di pregiudizi della nuova società  in cui viveva gli consentì però di acquistare un chiosco di lustrascarpe dopo un paio d'anni. Successivamente comprò l'edicola dei giornali lì accanto, e poté migliorare le condizioni di vita della sua famiglia. Non aveva mai dimenticato la sua tromba e così nei fine settimana andava a suonare ad Atlantic City nel complesso di un famoso compositore, John Philip Sousa. Non credo che da ragazzo avrebbe mai immaginato di suonare pezzi come 'The Stars and Stripes Forever' ('Stelle e Strisce per sempre', l'inno alla bandiera statunitense, ndr).

Voglio dire che le caratteristiche della società  di emigrati che ho appena descritto, in particolare la sua mancanza di pregiudizi e il suo pluralismo, rappresentavano una fonte insolita e inesauribile di opportunità . Penso che ciò abbia dato alla gente più possibilità  di migliorare e di realizzare i propri sogni di qualsiasi altro sistema.

 

La chiesa cattolica ha avuto un grande ruolo nella storia dell'emigrazione italiana. Che eredità  pensa abbiano lasciato negli Usa, figure come Francesca Cabrini e Giovanni Battista Scalabrini?

Madre Cabrini è stata la prima santa americana. Questa emigrata dalla Lombardia ha creato scuole, orfanotrofi, ospedali. Con lei la tradizione cattolica di carità  è diventata parte del generale modello di filantropia americano.

Di Scalabrini è stato immenso l'aiuto per risolvere i problemi degli stranieri poveri. La chiesa cattolica ha sempre offerto un importante contributo non solo per le vite individuali dei cittadini americani, ma anche per l'integrazione nelle rispettive comunità . La chiesa americana ha svolto diversi compiti e funzioni all'epoca sconosciuti in Italia, tra cui missioni, società  di laici e scuole domenicali. Ma la più significativa manifestazione dello sforzo cattolico di mantenere la fedeltà  degli italiani e degli altri gruppi etnici emigrati, è stata l'istituzione di parrocchie nazionali. Questo sistema ha aiutato gli emigrati dalle diverse regioni italiane a dimenticare i pregiudizi vicendevoli, e a conservare le tradizioni comuni.

Lei viene da Philadelphia, la culla della Costituzione americana. Pensa che i valori della Costituzione facciano oggi degli Usa un Paese che garantisce reale libertà , effettiva democrazia e uguali opportunità  a tutti i gruppi etnici?

Lei pone una questione importante. Libertà , democrazia, pari opportunità  non sono cose che si guadagnano una volta per sempre. Sono valori che richiedono continua cura, e che vanno affrontati singolarmente ovunque uno si trovi. Penso che abbiamo fatto grandi progressi in molti campi per molte persone in America. Un recente rapporto del Center on Budget and Policy Priorities mostra come i programmi federali siano riusciti a sollevare milioni di americani da una condizione di povertà . Solo nel 1996, 27 milioni di cittadini sono usciti dalla povertà  grazie ad aiuti di carattere sociale. Tuttavia, la mia più grande preoccupazione in tutta la mia carriera politica sono stati sempre coloro che sono rimasti ancora indietro. E c'erano oltre 30 milioni di persone in povertà  nel 1996, e questo dimostra che c'è ancora una lunga strada da percorrere per costruire una società  che tutti siano in grado di apprezzare appieno.

 

Per concludere, una domanda 'politica'. Dopo la fine della 'guerra fredda', Washington considera ancora l'Italia un alleato strategico?

Certamente. Le nostre relazioni bilaterali sono radicate negli interessi e nei valori che condividiamo. Poi sono basate sulla forza delle nostre relazioni politiche, culturali e finanziarie.

Vista dalla prospettiva americana, la vostra politica estera è più energica e attiva. Penso al ruolo dell'Italia nell'Europa orientale; penso alle vostre iniziative culturali, al vostro sforzo di assistere altri popoli, alla vostra presenza in Bosnia, sia militare che umanitaria. Vorrei citare la crisi in Albania, dove l'Italia ha assunto un ruolo di guida, coordinando gli sforzi con altri alleati europei e operando per conto della comunità  internazionale. E ora c'è l'ulteriore successo del Governo Prodi che ha collocato l'Italia tra i Paesi costituenti l'Unione Monetaria Europea.

Per Washington l'Italia è ora più importante di prima. Dal punto di vista strategico, gli Stati Uniti hanno una forte presenza militare in Italia. La rilevanza strategica del Mediterraneo è aumentata dopo la fine della guerra fredda. In un'area caratterizzata da instabilità  e conflitti, l'Italia fornisce e rappresenta un ormeggio sicuro per gli interessi dell'Occidente. Dal punto di vista politico, noi pensiamo che l'Italia è sempre più avviata verso la stabilità  e una efficace azione di governo capace di coniugare le scelte politiche con le aspettative della gente.

       
  Un filantopo da Philadelphia a Roma
Profilo dell'ambasciatore
     

Thomas M. Foglietta è nato il 3 dicembre 1928 a Philadelphia, in Pennsylvania. Ha conseguito la prima laurea nel 1949 al St. Joseph College, una delle principali università  cattoliche americane, e si è laureato in giurisprudenza nel 1952 alla Temple University.      

Deputato da nove legislature per il distretto di Philadelphia, eletto inizialmente al Congresso nel 1980 come indipendente, Foglietta si è occupato a fondo di questioni relative ai trasporti urbani, agli afro-americani, alle donne, alla fame nel mondo, ai diritti umani e ai beni culturali.     

Nel corso della sua carriera parlamentare, Foglietta si è occupato in modo particolare dei problemi della modernizzazione economica nelle grandi città , della creazione di opportunità  di lavoro, di trasporti e altri servizi essenziali per i poveri delle aree urbane, del miglioramento e della tutela della salute, e di altri benefici nel quadro della riforma dello stato sociale, della protezione dell'ambiente marino e delle sue risorse, dello sviluppo della democrazia e della difesa dei diritti umani, specialmente in Corea, Haiti e nelle ex Repubbliche dell'Unione sovietica.

Prima di essere eletto al Congresso, tra il 1953 e il 1980, Foglietta ha esercitato la professione forense nel distretto di Philadelphia. Tra il 1976 e il 1977 è stato direttore di distretto e rappresentante del Segretario al lavoro a Philadelphia. Tra il 1955 e il 1975 è stato consigliere comunale della città  di Philadelphia.     

Il suo distretto al Congresso comprende gran parte del cuore storico di Philadelphia, dove i padri fondatori dell'America scrissero, intorno al 1780, la Costituzione nella Independence Hall, e dove la Campana della Libertà  ancora simboleggia i valori americani più amati.

Nel corso di oltre quarant'anni di carriera politica, l'ambasciatore Foglietta ha partecipato attivamente a numerose organizzazioni civiche, di servizio, filantropiche, professionali e di altro tipo, tra cui il St. Luke's Hospital, la Croce Rossa e molte altre organizzazioni per l'assistenza sanitaria, e il Philadelphia Art Museum.

 

     
Monteroduni, prima patria di Foglietta
Dove la cordialità  è di casa
     

D a quando ha assunto l'incarico di ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, Foglietta       ha potuto visitare solo una volta il paese d'origine della sua famiglia: Monteroduni, in provincia di Isernia. Per Foglietta la gente di questo paesino di montagna è tra 'le più affabili del mondo - dice l'ambasciatore - . Per anni è stato per me un luogo dove tornare e riposare, apprezzare la buona tavola e un bicchiere di vino, parlando con parenti e amici'.      

Ma Foglietta ha un occhio di riguardo anche per le associazioni che operano in ambito migratorio. 'Queste danno spessore ai sentimenti profondi - sostiene Foglietta - e all'identità  che abbiamo ricevuto dalla famiglia. Spesso le associazioni sono di aiuto per i loro iscritti, per risolvere problemi pratici e, naturalmente, hanno un valore inestimabile per salvaguardare le tradizioni culturali'.
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017