Welcome in New Zealand!

Il Paese ha da poco superato i quattro milioni di abitanti e ama tutto ciò che è italiano: cucina, moda, cultura, arte, lingua e cinema. E, immancabilmente, anche gli italiani vi hanno fatto fortuna.
17 Gennaio 2007 | di

Wellington
Alle elezioni del Parlamento Italiano del 2006, per la prima volta hanno partecipato gli italiani residenti all’estero. Questa «novità» ha messo in luce un problema di fondo al quale, in passato, si dava una risposta evasiva e di scarsa rilevanza politica, e cioè: quanti sono gli italiani nel mondo, con passaporto italiano, e quanti sono in ogni singola nazione?
Il caso della Nuova Zelanda è tipico di una nazione in cui vi è una diffusa e consistente presenza di «italici», intendendo con questo termine coloro che sono italiani e loro discendenti, anche fino alla quarta e quinta generazione. Poi vi sono gli italiani che hanno conservato la loro cittadinanza o comunque sono di prima generazione, nuovi arrivati nella più lontana terra d’emigrazione. Tenendo conto di coloro che sono ancora trincerati dietro l’anonimato, forse si può parlare di circa 3 mila italiani e di 10 o 15 mila discendenti.
Non crediamo di esagerare con quest’ultima cifra se teniamo conto dell’informazione che ci dà il console generale d’Italia di Auckland, Mario Magaraggia, e cioè che i discendenti di un certo Nicola Sciascia sono circa 3 mila. Sciascia era nato nel 1840 nella cittadina di Trani, in provincia di Bari. Era un uomo di mare, navigatore e mercante che conosceva tutti i porti d’Europa. Non si sa con precisione in quale anno sia approdato in Nuova Zelanda, ma si hanno lettere da lui scritte alla famiglia che datano del 1873. Dal suo matrimonio con una giovane neozelandese nacquero 11 figli. Per la maggior parte della vita fece il guardiano del faro in diversi porti della Nuova Zelanda. Morì nel 1898 a Portland Island. I discendenti di Sciascia organizzano degli incontri «di folla», di quando in quando, e un gruppo si è recato anche in Italia dove è stato ricevuto dal Papa, e naturalmente dal sindaco e dalla popolazione di Trani.
Con gli Sciascia ci sono i discendenti dei marinai delle Isole Eolie, in particolare Stromboli, e di Massalubrense che nella seconda metà dell’Ottocento, e nei primi decenni del Novecento, venivano in Nuova Zelanda a grappoli, richiamati da parenti e paesani; i discendenti dei contadini veneti e toscani che trasformarono in fiorenti orti tutta la Hutt Valley, non lontano da Wellington; i discendenti dei musicisti ambulanti, dei barbieri e dei boscaioli. Dopo la Seconda Guerra mondiale l’ondata migratoria riprese con l’arrivo degli esuli istriani e dei cosiddetti «matrimoni di guerra».

La nuova emigrazione
Secondo il console Magaraggia si può ancora parlare di ondate verso la Nuova Zelanda, dipendenti da situazioni impreviste, che si verificano in Italia e nel resto del mondo. «Negli anni Ottanta – ricorda il console – il flusso migratorio verso la nuova Zelanda era formato da professionisti che decisero di lasciare il Sud Africa in seguito ai mutamenti politici e strutturali di quella nazione. Tra i nuovi arrivati vi erano italiani e figli di italiani, inseriti perfettamente nel contesto anglosassone del Paese».
«In quest’ultimo decennio si assiste ad un’emigrazione d’elite, formata da italiani che decidono di venire in Nuova Zelanda per un diverso stile di vita, dettato da alcuni fattori esistenziali, che possono essere: assicurare un avvenire migliore ai figli, una vita più libera, esperienze di vita stimolanti. Vengono con una professione e spesso anche con una buona base finanziaria per cui possono “investire” in attività alternative, come l’importazione di prodotti esclusivi dall’Italia, gli scambi commerciali e il turismo».
Carolina Izzo, originaria di Roma, si è diplomata nel 1981 all’Istituto per l’Arte e il Restauro, Palazzo Spinelli, di Firenze. Ha lavorato nel settore del restauro e della conservazione di opere d’arte su commissione del Ministero italiano dei Beni Culturali. Attualmente si occupa del settore dipinti della collezione del Museo Nazionale della Nuova Zelanda, il Te Papa Tongarewa, che si trova a Wellington (capitale dello Stato) che conta 370 mila abitanti. In questo periodo vi è esposta la mostra «Qui Tutto Bene», allestita grazie alla collaborazione tra il Museo e la comunità italiana, e in programma fino al marzo 2007. Carolina Izzo è delegata per Wellington dell’Accademia Italiana della Cucina che dal 2005 è approdata anche in Nuova Zelanda.
Alessandro e Wilma Laryn hanno fatto la scelta di venire in Nuova Zelanda circa dieci anni fa. Vivevano a Roma e avevano un curriculum intensissimo di esperienze anche all’estero (Francia, Giappone, Africa). Ad un certo punto è scattata una molla nella loro mente: «Puntiamo sulla Nuova Zelanda». E la scelta è stata felicissima. Hanno acquistato una proprietà a Canterbury, nei pressi di Christchurch (la terza città del Paese con 367.700 abitanti). Tra il 1998 e il 1999 hanno piantato 5 ettari della proprietà con un vitigno di pinot grigio. In pochi anni le viti hanno dato il loro frutto, un vino eccellente, fresco e vigoroso.
Wilma è presidente della Dante di Christchurch, insegnante di «Italian for Musicians» all’Università di Canterbury (una delle due Università di Christchurch, l’altra è la Lincoln University), e di cucina italiana. Ha prodotto e presentato anche un programma televisivo in dieci episodi: A Tavola! Italian Meals ed ha un proprio segmento radiofonico di cultura dal titolo Cartolina dall’Italia. Nel 2005 Wilma è stata insignita dell’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine della Stella della Solidarietà.
Alessandra Zecchini vive ad Auckland (la città più grande con 1.241.600 abitanti). «Sono cresciuta a Sestola, in provincia di Modena – racconta Alessandra –: un piccolo paese di montagna, ma a 19 anni mi sono recata a Londra per studiare. Mi sono laureata in Arte e tessili giapponesi antichi, poi ho voluto fare un’esperienza diretta del Giappone. A Tokyo sono rimasta per oltre tre anni e ho incominciato a scrivere per riviste varie. Ora vivo ad Aukland con mio marito neozelandese e due bimbi di 6 e 5 anni. Scrivo per diverse pubblicazioni edite in Nuova Zelanda, Inghilterra, Giappone e Italia. Mi occupo soprattutto di viaggi e cucina. Faccio parte della Società Dante Alighieri di questa città e mi dedico molto al volontariato». Alessandra ha scritto due libri di cucina: As sweet...as, e Savour.

Cucina, cultura di una tradizione
Maria Pia De Razza, originaria di Morciano di Leuca, in provincia di Lecce. Con il marito americano Riccardo Klein si è trasferita in Nuova Zelanda nel 1997, ed ha aperto la Maria Pia’s Trattoria a Thorndon, poco distante dal Parlamento e dalle ambasciate, in una zona residenziale di lusso. Il suo ristorante è uno dei più popolari in Nuova Zelanda. Ha scritto il libro Mangiare Italiano ricchissimo di ricette e fotografie originali di famiglia. È l’unica ad essere scelta, dalla Nuova Zelanda, per il ricettario classico Cucchiaio d’argento: la vera bibbia della cucina italiana dal 1950, che per la prima volta nel 2005 è uscito in edizione inglese (Silver Spoon). Maria Pia ha inoltre fondato lo Slow Food Convivium raccogliendo attorno al suo ristorante un gruppo di associati dell’organizzazione Internazionale Slow Food.
Chef e scrittore, anche Beniamino Petrosino, nato a Montesano sulla Marcellana, in provincia di Salerno, può essere considerato parte della nuova ondata migratoria anche se il suo arrivo in Nuova Zelanda data del 1983. «Ho vissuto in Svizzera, Germania, Inghilterra, Sardegna, per esigenze di lavoro “stagionale”, tipico del nostro mestiere. Non sono venuto perchè avevo bisogno. Avevo conosciuto e sposato una ragazza neozelandese. Ho la famiglia qui, ma mi sono dovuto reinventare. Insegno italiano, cucina e inglese. Faccio parte della Dante di Christchurch. Qui c’è molto interesse per tutto ciò che è italiano. Adesso sono innamorato di questi spazi, di queste case con il prato davanti, e dei pali della luce ancora in legno come nel Far West». Beniamino ha scritto un libro autobiografico, denso di memorie di quando le fragole maturavano spontanee nei boschi della sua terra, tra querce, faggi e cerri.
Se vogliamo raccogliere in brevi asserzioni ciò che caratterizza il movimento migratorio italiano verso la Nuova Zelanda, possiamo dire che è formato da persone mature e ben preparate culturalmente; avviene spesso a conclusione di spostamenti in vari Paesi europei e a seguito di legami affettivi (matrimonio con neozelandesi); e, infine, si stabilizza senza rimpianti e nostalgia, e si esprime in attività di promozione della cultura, della cucina, della moda e del made in Italy nella sua forma migliore.

Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017