A muso duro

Il palco è metafora della vita. Com'è stato per Pierangelo Bertoli. Il primo che, a Sanremo, ci ha dimostrato come a contare siano le parole, la poesia e le abilità.
12 Maggio 2017 | di

Caro Pierangelo, oggi mi ritrovo a pensare a quanta strada abbiamo percorso, con le nostre ruote e le nostre teste, in questi ultimi cinquant’anni.

La prima volta che ti ho visto era un pomeriggio del 1971. Una fredda domenica nuvolosa. La classica domenica da passare in famiglia, con i miei genitori a guardare la televisione, questa scatola che da poco tempo era entrata nelle case di tanti italiani. Io ero solo un ragazzino, avevo circa 11 anni, eppure la tua performance mi colpì molto.

Devo ammettere che all’inizio non fui preso dalla tua voce e nemmeno dalle parole del tuo brano. Ero troppo piccolo e il mio background musicale era ancora nullo. Mi colpì quello che vedevo, o meglio intravedevo. Eri su una carrozzina, proprio come me. Ed era la prima volta che vedevo in televisione un adulto in carrozzina.

Lei, la carrozzina, la intravedevo appena. Non è che fosse così evidente. Non pensavo, però, a questo aspetto. Ero piuttosto convinto che le coreografie e quelle belle ballerine si muovessero semplicemente a ritmo. Perché, riguardandoti a tanti anni di distanza mentre intonavi Tu sei lontana, appare soprattutto una cosa: lo sforzo fatto da quei giovani, seduti ai piedi del palco, per coprire la tua sedia a rotelle.

L’imbarazzo si scorgeva in alcuni dei loro visi. Per la prima volta dovevano confrontarsi con un ausilio, la carrozzina, che faceva parte della nostra realtà, ma che era difficile mostrare agli italiani. Tu, con il tuo «muso duro» (come dicevi in una canzone), di certo non ti scomponevi.

Le cose ora sono cambiate. Chissà se dalle nuvole potete anche gustarvi il Festival di Sanremo e un palco, quello dell’Ariston, che tu conosci bene, sul cui nuovo volto mi piacerebbe confrontarmi con te. Già nel 1991, quando ti presentasti al Festival con l’indimenticabile Spunta la luna dal monte, erano cambiate tante cose.

Contavano le tue parole, la tua poesia, le tue enormi abilità e la carrozzina, lo abbiamo visto, poteva ormai essere inquadrata. Se il Festival di Sanremo, in tutte le sue componenti, è una rappresentazione della nostra penisola che diamo al mondo, il palco è sempre la metafora perfetta della vita.

Così, a rappresentare il fascino e l’arte italiana, nel 2012 troviamo Simona Atzori, avvenente ballerina senza braccia. Nel 2016, a renderci orgogliosi in Eurovisione, arriva un pianista, un musicista sensazionale: Ezio Bosso.

E quest’anno, ad aprire la puntata finale della grande kermesse canora, niente meno che la band rock Ladri di Carrozzelle. Ancora più diversi: poco avvenenti, poco teneri, per nulla carini. Semplicemente rock. Anche con loro, a trionfare, è stata l’ironia delle parole e il talento delle loro mani e corde vocali. A trionfare non è stato il mondo della disabilità, ma quello delle abilità.

Questo il punto che mi preme sottolineare. E qui, amico Pierangelo, riconosco tutti i tuoi meriti, come uno dei precursori. Il primo, in casa Rai, a mostrare il talento senza paura di mostrare anche la propria immagine, bandendo ogni pietismo. Una piccola grande rivoluzione culturale. Quanta strada abbiamo fatto! Caro Pierangelo, mantieni, sulle nuvole, quel tuo muso duro!

E voi, avete mai tirato fuori il vostro muso duro? Scrivete a claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina Facebook.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017

1 comments

13 Maggio 2017
E' per le persone come Pierangelo e come te che vale la pena ancora lottare ogni giorno A muso duro con un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro!
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di Franca

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