Santi al Santo

Il santuario antoniano ha accolto dozzine di santi tra le sue secolari mura. A cominciare da alcuni frati che hanno condiviso con sant’Antonio la «primavera francescana», come Luca Belludi e Bonaventura da Bagnoregio.
20 Luglio 2015

Quando mettevano piede in Basilica erano solo «santi in erba», cioè cristiani seriamente intenzionati a vivere fino in fondo il Vangelo. Come lo era stato sant’Antonio, di cui ammiravano l’assoluta coerenza, la carità e tutto il resto che essi intendevano imitare per essere autentici testimoni dell’amore di Cristo. Sono stati poi forti nel perseverare e la Chiesa, riconoscendo il loro coraggio, li ha proposti ai cristiani come modelli da imitare, in un susseguirsi incessante di testimonianze di santità. 

Santi, il santuario antoniano ne ha visti a dozzine tra le sue secolari mura. Un cronista s’è premurato di mettere in fila quelli del cui passaggio è riuscito a rintracciare segni certi: un centinaio, circa. Probabilmente sono stati di più, non segnalati dalle cronache. Per ragioni di spazio, qui ne ricordiamo solo alcuni.   Tra i primi della lista, compaiono i frati che hanno condiviso con il Santo il fervore della «primavera francescana», ma sono sopravvissuti fino a vederlo glorificato e ricordato con un santuario importante e maestoso. Alcuni noti, come il padovano fra Luca Belludi, che di sant’Antonio fu fedele compagno nel suo missionario peregrinare di città in città ad annunciare il Vangelo della carità e della misericordia. E fra Bonaventura da Bagnoregio, ministro generale dei francescani, che presenziò nel 1263 la prima ricognizione delle spoglie mortali del Santo, ritrovando tra i resti decomposti, ancora prodigiosamente intatta, la sua lingua. Altri non sono più vivi nella memoria, come frate Fidenzio da Padova, che fu missionario in Terra Santa: le sue spoglie, ora scomparse, riposarono a lungo sotto le cupole del Santuario. 

Accanto ai confratelli del Santo, figurano poi autorevoli uomini di Chiesa. Uno per tutti: l’abate Giordano Forzaté che, insieme con altri, allestì il processo che decise la canonizzazione di frate Antonio a un anno dalla morte.   Scorrendo velocemente l’elen­co, nella seconda metà del Duecento spicca il domenicano Niccolò Boccasini, trevigiano di nascita ma per molti anni a Padova prima come studente dell’Università, poi come docente nel convento di sant’Agostino e, infine, per pochi mesi, tra il 1303 e il 1304, Pontefice con il nome di Benedetto XI. Una trentina d’anni dopo, sostava nel convento della Basilica frate Odorico da Pordenone, reduce da un lungo e rocambolesco viaggio missionario in Cina e nell’estremo Oriente. Durante il suo passaggio in India, aveva recuperato le reliquie di quattro martiri francescani (tra cui il beato Giacomo da Padova, martirizzato nel 1321 a Thana), sperimentandone la prodigiosa protezione in momenti di grave pericolo, e affidandole poi alla custodia dei frati minori di Zaiton, in Cina. Nella pace del Santuario padovano, l’intrepido apostolo – era il maggio 1330 – dettava al confratello Guglielmo da Solagna le memorie del suo straordinario viaggio. Pubblicate con il titolo Itinerarium, furono un best seller della letteratura medievale europea e diffusero nei secoli successivi la fama del beato Odorico.  Il focoso san Bernardino Un balzo in avanti nel tempo ci porta verso la metà del Quattrocento. Sorvolando su altre pur importanti presenze, ci fermiamo su fra Bernardino da Siena, predicatore di rara efficacia, in grado di tenere gli uditori davanti al pulpito per ore con la sapida freschezza del suo linguaggio, del quale diede eccellente saggio anche ai padovani le due volte che sostò nella città del Santo, nel 1423 e nel 1442. La seconda volta, vi giunse assieme ad altri due uomini di Dio, fra Giovanni da Capestrano e fra Alberto da Sarteano, per partecipare al Capitolo generale dell’Ordine che ne segnò una delle tante divisioni. Nell’occasione, Bernardino predicò in Basilica un memorabile quaresimale.   Accanto al santo senese troviamo Lorenzo Giustiniani (1381-1456), che fu studente a Padova e poi primo patriarca di Venezia; fra Giacomo della Marca (1393-1476), predicatore al Santo della quaresima del 1456, durante la quale accolse nell’Ordine francescano fra Bernardino da Feltre (1439-1494). Quest’ultimo fu in seguito fondatore dei Monti di Pietà, efficaci strumenti per sottrarre i poveri alle spire degli usurai, come aveva fatto con altri mezzi sant’Antonio.   Nel secolo successivo ci imbattiamo in due «pezzi da novanta». Il primo fu il gesuita, poi cardinale, Roberto Bellarmino (1542-1621), uno degli uomini più dotti del suo tempo. Mediatore di pace per conto del Papa, e membro del Sant’Uffizio che condannò Galileo, Bellarmino fu studente a Padova e dimorò non lontano dal Santuario antoniano. Il secondo fu Francesco di Sales, vescovo di Ginevra e seguitissimo maestro di spiritualità. Dal 1584 al 1587 (mentre era studente dell’ateneo patavino, nel quale si laureò in Legge) fu assiduo frequentatore della Basilica oltre che amico dei frati, i quali lo ospitarono in convento nella settimana santa del 1591.  I grandi della carità Continuiamo a scorrere i nomi che infoltiscono la lista degli illustri visitatori. Per ragioni di spazio, saltiamo al XIX secolo, ricco soprattutto di santi attenti in varie forme alle condizioni dei più deboli. Incominciamo con il bresciano Giuseppe Tovini (1841-1897). Francescano secolare e animatore dell’impegno sociale e politico dei cattolici, fermati dal Non expedit di Pio IX, Tovini studiò Legge a Padova e varcò più volte le porte del Santuario. Proseguiamo con don Luigi Guanella (1842-1915), apostolo della carità, che fu devotissimo di sant’Antonio al punto da intitolargli molte delle sue iniziative: fu pellegrino in Basilica nell’agosto 1897. Figurano, di seguito, altri grandi della carità vissuta, promotori di attività per l’assistenza e la formazione, soprattutto di ragazzi in difficoltà e persone abbandonate. Ricordiamo il canonico di Messina Annibale Maria di Francia (1851-1927), che pose il suo Istituto (dei Rogazionisti) e le relative attività sotto la specifica protezione di sant’Antonio. Il veronese don Giovanni Calabria (1873-1954), direttore spirituale di monsignor Elia Dalla Costa, vescovo di Padova e poi di Firenze. Don Luigi Orione (1872-1940) che, come dicono le cronache, ogni volta che passava per Padova celebrava messa in Basilica per poi fermarsi a lungo in preghiera all’altare della «Madonna del pilastro». Menzione a parte merita don Giovanni Bosco (1815-1888), del quale quest’anno si celebrano i duecento anni dalla nascita (vedi riquadro in basso, ndr) che passò in Basilica nel 1865. E Teresa di Lisieux, la popolarissima Teresina del Bambin Gesù, la quale, mentre con il papà si stava recando in pellegrinaggio a Roma per celebrare i cinquant’anni di sacerdozio di papa Leone XIII, l’11 novembre 1887 fece sosta a Padova e visitò la Basilica, ammirando in particolare l’incorrotta lingua del Santo, come annota nella sua autobiografia, Storia di un’anima.   Concludiamo con alcuni personaggi, diversissimi tra loro, ma uniti dal medesimo amore per Dio e gli altri. Cominciamo da Antonio Rosmini (1797-1855): filosofo e teologo tra i più acuti del suo tempo, fu dal 1816 studente all’Università patavina; alloggiando proprio all’ombra del Santuario antoniano, ne fece il suo abituale luogo di preghiera. Incontriamo quindi il cappuccino Leopoldo Mandic´, che trascorse una vita al confessionale nel convento padovano di Santa Croce ad ascoltare miserie e slanci di tante persone, e che di sovente fu chiamato anche al Santo per confessare novizi e frati. Anche Massimiliano Kolbe (1894-1941), francescano conventuale, martire della carità nel campo di sterminio di Auschwitz, venne più volte in Basilica.   Terminiamo la nostra carrellata con due «servi di Dio»: fra Giacomo Bulgaro (1879-1967), che visse nella comunità del Santo nell’estate del 1939 e per il resto della vita fu portinaio nel convento di san Francesco a Brescia, dove rattoppò scarpe, distribuì pane ai poveri e affascinò tutti per la santità e la semplicità di vita. E padre Placido Cortese (1907-1944), che scrisse una pagina sublime di amore al prossimo negli anni tragici del secondo conflitto mondiale, servendosi del confessionale nella Basilica antoniana che ora è diventato il suo «memoriale». E la storia continua…    

ZOOM Don Bosco e Antonio di Padova  

Tra i «giganti della carità» che hanno fatto dell’Italia una «terra di santi», ricordiamo, nel bicentenario della nascita, don Giovanni Bosco (1815-1888), fondatore dei Salesiani. Don Bosco passò per Padova (proveniente da Lonigo, nell’attuale provincia di Vicenza, e diretto a Venezia) nell’ottobre 1865. Celebrò messa in cattedrale e visitò la Basilica del Santo in forma privata.   La sua biografia è nota, così come il suo prodigarsi a favore dei giovani, soggetti, in un secolo di scarse risorse economiche ed educative, a gravi disagi e a non pochi rischi.   Ogni santo è un capolavoro dello Spirito di Dio che, scultore impareggiabile, estrae dal materiale grezzo (la natura umana) opere straordinarie e irripetibili, non scevre tuttavia da tratti comuni, come riscontriamo nel confronto tra Antonio di Padova e Giovanni Bosco. In entrambi, ad esempio, fu grande la passione educativa: essa fece del Santo un grande formatore del popolo cristiano e un maestro «nelle cose di Dio» (la teologia) dei suoi confratelli; e di don Bosco, dotato di eccezionale carisma pedagogico, una guida di tanti giovani poveri, da lui stesso inseriti, attraverso le sue scuole, nella vita e nel mondo del lavoro della Torino dell’Ottocento.   Significativo fu anche in entrambi il dinamismo pastorale, in risposta alle sfide dei tempi: esso portò sant’Antonio a «inventare» la predicazione quotidiana nel tempo di Quaresima (il «Quaresimale») seguita dall’amministrazione del sacramento della Penitenza; e don Bosco a riservare non poco del suo tempo ad ascoltare le confessioni dei ragazzi.   E ancora: il coraggio nell’incontrare i potenti che potevano decidere la sorte delle persone. Se, per esempio, il Santo di Padova affrontò un «prepotente» del suo tempo come Ezzelino da Romano, per perorare la liberazione di alcuni prigionieri, don Bosco entrava abitualmente nei palazzi del potere, avendo sempre a cuore il bene «di questa cara gioventù, che fu sempre tenero oggetto delle mie occupazioni, dei miei studi, del mio ministero sacerdotale e della nostra Congregazione Salesiana» (Epistolario).    NOTIZIEL’Assunta in Basilica  - 15 agosto 2015: Nella solennità della Madonna dell’Assunta, alle ore 11.00, nella Basilica del Santo verrà celebrata una Santa Messa solenne, animata dalla Corale della Cappella Antoniana. La Messa sarà trasmessa anche in streaming,per consentire ai fedeli sparsi nel mondo di seguirla on-line.   Info: www.basilicadelsanto.it  

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017

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