Materiali del convegno "Tra l'altro - Crescere nella diversità"

Profili biografici dei relatori, abstract e videoregistrazione integrale di tutti gli interventi
30 Agosto 2018 | di

Venerdì 7 settembre

L’arte dell’ospitalità - Marco Dal Corso

Se l’arte, come dice il vocabolario, è un’attività umana che richiede cognizioni sia teoriche che pratiche, tra cui la conoscenza di determinate regole e tecniche, parlare di ospitalità e della sua “arte” significa, allora, esplicitare le ragioni e i modi con cui esercitare quest’arte. L’etimologia latina della parola ars, artis rimanda, infatti, ad una “maniera di agire”, ad uno stile che dice della persona e della comunità che ospita e che viene ospitata. Molto più che una pratica morale ed etica, l’ospitalità, insomma, è un pensiero. Alla cui fondazione può aiutare anche la riflessione teologica. Di tale pensiero ospitale proveremo a dire le ragioni e i modi con cui praticarlo, interrogando la teologia e le religioni.

Breve biografia
Insegna religione in un liceo di Verona, docente di dialogo interreligioso presso l’Istituto Studi Ecumenici “San Bernardino” di Venezia, coordinatore del progetto di ricerca “Per una teologia dell’ospitalità” presso lo stesso Istituto, membro della redazione di Studi Ecumenici. Per Pazzini Editore dirige la collana “Frontiere”. È autore di diversi libri tra cui «Molte volte e in diversi modi». Manuale di dialogo interreligioso (con Brunetto Salvarani, 2016), oltre a “Il vangelo secondo Mafalda”, (2018). Con il figlio Tobia ha pubblicato il testo “Testimonianza e desiderio: dialogo sulla fede tra un padre e un figlio” (2017).

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“Dire” la diversità - Salvatore Soresi

Abstract

  1. Tempi duri per chi è interessato a lavorare per un futuro di qualità per tutti
  2. Le minacce all’inclusione: attenzione a come parliamo
  3. Due proposte in favore dell’inclusione
  4. Le sentinelle dell’inclusione

Tempi duri. Sono tempi duri in quanto gli scenari che abbiamo di fronte sono tutt’altro che rassicuranti. Anche a detta dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu), sono già presenti alcune emergenze particolarmente preoccupanti e di cui ci si dovrà occupare con decisione e particolari impegni. Si tratta della crescente disuguaglianza, della polarizzazione della ricchezza e del lavoro, dell’incremento dei movimenti dei popoli, con tassi di migrazione in aumento, dell’esaurirsi delle risorse naturali, dell’impatto della tecnologia sul lavoro e sulla qualità della vita, della presenza di condizioni lavorative sempre più precarie e poco dignitose e della paradossale richiesta che si indirizza alle persone di diventare più competitivi, più resilienti, di essere ‘costantemente’ pronti e all’altezza di imprevedibili opportunità. Per far fronte a queste emergenze c’è bisogno di tutti, anche degli altri e di inclusione.
Le minacce all’inclusione: attenzione a come ne parliamo. Mai come in questo ultimo decennio il dibattito anche scientifico attorno alle tematiche dell’inclusione è riuscito a raggiungere fasce sempre più ampie della popolazione. Più se ne parla meglio è, purché questo non determini unicamente e superficialmente il diffondersi di luoghi comuni e di espressioni spesso vuote di significato o, addirittura, sature di inesattezze, pregiudizi e stereotipi. Questo pericolo, all’interno del Centro di Ateneo per la Disabilità e l’Inclusione dell’Università di Padova, è stato avvertito sin dalla sua fondazione agli inizi degli anni ‘90, quando con il proprio statuto si era proposto di diffondere una visione corretta della disabilità ponendo in guardia dall’uso di espressioni che potrebbero far veicolare informazioni scorrette se non proprio pregiudizi e stereotipi. Nel corso dell’intervento si farà riferimento ad una ricerca a proposito del ricorso ad espressioni stigmatizzanti che vengono utilizzate nei mass media, ma anche nelle scuole e, persino, nel dibattito scientifico.
Due proposte in favore dell’inclusione. Al fine di fornire alcune esemplificazioni a proposito di ciò che scuole potrebbero fare in favore dell’inclusione sarà presentata la struttura del Programma di coinvolgimento precoce ‘Giuggiole di inclusione’ sperimentato in alcune scuole primarie del Veneto e del progetto “Stay hungry, stay foolish”, ma anche “stay curiosus, visionary, passionate” indirizzato alle scuole secondarie per promuovere l’Agenda 2030 dell’ONU.
Le sentinelle dell’inclusione. L’inclusione ha bisogno di tanti alleati e di operatori scolastici adeguatamente formati. L’inclusione, come il benessere delle persone va difeso… e quando si iniziano ad intravedere segnali di deterioramento e la presenza di disagi di marcata intensità gli interventi dei professionisti delle relazioni di aiuto e di quei “cittadini” ai quali stanno a cuore il benessere e l’inclusione debbono essere, se necessario, allertati e sollecitati.
Le scuole e gli insegnanti interessati all’applicazione e alla sperimentazione dei programmi di Coinvolgimento precoce ‘Giuggiole di inclusione’ o al progetto ‘Stay hungry, stay foolish.., ma anche stay curiosus, visionary, passionate…’ per promuovere l’Agenda 2030 dell’ONU, possono contattare il Laboratorio Larios dell’Università di Padova o direttamente salvatore.soresi@unipd.it.

Salvatore Soresi Ha fondato il laboratorio LaRIOS e il Centro di Ateneo di Servizi e Ricerca per la Disabilità, la Riabilitazione e l’Integrazione dell’Università di Padova. È inoltre socio fondatore della Società Italiana per l’Orientamento (SIO), di cui è stato presidente per 8 anni e dell’European Society of Vocational Designing and Career Counseling. Nel 2008 è stato premiato dalla Society of Counseling Psychology (American Psychological Association), e nel 2013 dalla ESVDC, per il suo contributo nel campo della Psicologia dell’Orientamento. Nel 2014 ha ricevuto il riconoscimento “Distinguished Contributions to International Counseling Psychology” dall’International Association of Applied Psychology. Nel 2000 ha ricevuto l’Alto Patrocinio del Presidente della Repubblica per il progetto Magellano. È membro del Life Design Group, del Career Adaptability International Collaborative Group, e del Comitato Direttivo del progetto NICE. È, inoltre, membro dello Special Task Group ‘Globalization’ of Division 17 – American Psychological Association (dal 2011).
È fondatore e coordinatore del Network Universitario per il Training in Vocational Guidance (dal 2010) e dell’International Hope Research Team – IHRT (dal 2011), che include numerose Università italiane ed internazionali. È fondatore e coordinatore del Network Universitario per il Counseling (dal 2012). È autore di oltre trecento pubblicazioni, di oltre venti libri e di alcuni importanti strumenti di assessment, tra cui i portfoli Optimist e Clipper ed il progetto Magellano (OS, Firenze).
Nel campo della Psicologia della Disabilità e dell’Inclusione, gli interessi di ricerca riguardano l’analisi dei problemi associati allo sviluppo delle abilità sociali, delle problematiche legate all’inclusione scolastica, lavorativa e sociale.
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“Fratelli IN Italia” - Spettacolo teatrale
Testo di Loredana D'Alesio. Regia di Alberto Riello

Otto attori sul palco - quattro italiani e quattro stranieri provenienti dalla Romania, America, Guinea e Nigeria - per raccontare non solo storie di migrazioni, accoglienze e pregiudizi ma anche per promuovere progetti concreti di integrazione, a partire dalla realizzazione stessa dello spettacolo.
I giovani attori sono stati protagonisti di un cammino di fraternità cresciuto prova dopo prova dove l’arricchimento è stato reciproco e l’osmosi è costante. È questo il progetto che sta alla base di Fratelli IN Italia, lo spettacolo teatrale su testo di Loredana D’Alesio per la regia di Alberto Riello.
Lo spettacolo racconta, attraverso oggetti e scenografia volutamente essenziali, sia l’aspetto ordinario delle migrazioni che il dramma del viaggio che molti affrontano. Gli attori sono: Amy Kohn, Eleonora Benazzato, Lucy Ramona Bordaş, Ibrahima Kalil Camara, Alessandro Destro, Alice Friscione, Benedetta Blessing Onuh e Luca Torassa. Fratelli IN Italia nasce dalla stretta collaborazione tra Ufficio diocesano di Pastorale della Missione, Ufficio diocesano di Pastorale dei Migranti, Ufficio diocesano per le Comunicazioni sociali e Servizio diocesano Assistenza Sale Sas-Acec.

Leggi l'articolo del Corriere del Veneto
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Il mito della razza - Patricia Santos e Maria Teresa Vizzari

Culture, razze, confini.
La nostra tendenza a classificare i nostri simili, ad attribuire loro un’etichetta razziale, ci ha impedito per secoli di capire quanto siano piccole le nostre differenze biologiche e come si siano formate. E così, da quando ci siamo tolti gli appannatissimi occhiali della razza, siamo riusciti a leggere nel nostro DNA un sacco di cose sulla nostra preistoria. Oggi sappiamo molto meglio chi siamo (una specie straordinariamente mescolata, in cui ognuno porta pezzi di DNA di provenienza diversissima) e da dove veniamo (dall’Africa), mentre su dove andiamo, purtroppo, siamo incerti e confusi come sempre. Sappiamo che le differenze fra le varie popolazioni umane sono sfumature, reali ma minuscole, in una tavolozza genetica in cui ognuno è identico al 99,9% a qualunque sconosciuto. Stiamo studiando come in quell’uno per mille di differenze ci siano i fattori che spiegano le nostre diverse tendenze ad ammalarci e a rispondere al trattamento farmacologico, il che apre grandi prospettive in medicina preventiva. E abbiamo capito che il nostro carattere, le nostre scelte e i nostri gusti c’entrano pochissimo con i nostri geni, e molto invece col complesso di situazioni ed esperienze individuali che riassumiamo nella parola cultura.
C’è un paradosso: mentre la biologia abbandona la visione razziale perché ha capito che ogni gruppo umano comprende individui molto diversi, con caratteristiche che si sono evolute attraverso scambi e commistioni, una visione simile sta affiorando in ambito culturale. E così nascono forme di razzismo più sottili, secondo cui quello che ci separerebbe dagli altri non starebbe magari nei geni, ma nei nostri schemi culturali, che però sarebbero profondamente radicati e sostanzialmente immutabili. Scontro fra culture, chi non l’ha sentita questa espressione? Col corollario: Non sono razzista, ma santo cielo! questi musulmani sono proprio diversi da noi. Per generare un ampio catalogo dei nuovi razzismi, basta sostituire di volta in volta alla parola “musulmani” l’etichetta di quelli che vorremmo discriminare. Noi speriamo che ragionare insieme sulle nostre migrazioni, sulle nostre differenze e sugli scambi che sempre ci sono stati fra popoli e culture diversi ci aiuti ad affrontare a mente fredda questa difficile fase, in cui nubi di intolleranza sempre più cupe si addensano sul cielo d’Europa.

Patrícia Santos, laureata in Biologia Umana presso l'università di Lisbona. Nel 2015 ha vinto una borsa di studio in Biodiversità ed ha lavorato presso il gruppo di Genetica di Popolazioni dell'Istituto Gulbenkian de Ciência guidato dal Dr. Lounès Chikhi, dove si è occupata di analizzare dati genomici di specie animali in via di estinzione per ricostruire la loro storia demografica. Attualmente sta svolgendo un Dottorato di Ricerca in Biologia Evoluzionistica presso il gruppo di Genetica di Popolazioni dell'Università di Ferrara, sotto la supervisione del Prof. Guido Barbujani. L'oggetto della sua ricerca è quello di studiare le relazioni fra genetica e linguistica nelle popolazioni umane.
Maria Teresa Vizzari, laureata in Archeologia Preistorica presso l'Università di Ferrara, attualmente sta svolgendo un Dottorato di Ricerca in Biologia Evoluzionistica ed Ecologia presso il gruppo di Genetica di Popolazioni dell'Università di Ferrara, sotto la supervisione del Prof. Guido Barbujani. L'oggetto della sua ricerca è quello di indagare la storia demografica ed evoluzionistica della specie umana attraverso lo studio di genomi moderni ed antichi.
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Il principio di reciprocità è secondo giustizia? - Paolo De Stefani

La reciprocità non è sinonimo di giustizia. È piuttosto un habitus (un atteggiamento mentale e pratico condiviso, uno stile) che “obbliga senza obbligo” a rendere quel che si è ricevuto; restituire, nel bene e nel male, torto su torto, favore su favore. Serve a ribadire e radicare la giustezza dei criteri che tengono insieme una società e una comunità. La reciprocità conferma e consolida l’ordine sociale, sia nelle relazioni tra persone, sia nelle relazioni tra gruppi e tra stati. La legislazione sullo straniero, il diritto internazionale, il diritto bellico offrono molti esempi dell’operare della reciprocità “difensiva”. L’avvento dei diritti umani ha aperto una breccia in questo meccanismo conservatore, lasciando spazio ad una reciprocità “positiva”. L’idea di “umanità” rinvia ad uno spazio che va oltre la reciprocità. Uno spazio ideale e storico in cui il diverso, lo straniero, il lontano, lo scandaloso, possono trovare riconoscimento, nella logica inedita del per-dono.

Breve biografia
Paolo De Stefani è ricercatore confermato di diritto internazionale al Dipartimento di Scienze politiche, giuridiche e studi internazionali dell’Università di Padova e professore aggregato di “Human rights international law” presso il corso di laurea in Human rights and multilevel governance della stessa Università, dove insegna anche “Tutela internazionale dei diritti umani” nel corso di laurea triennale in Scienze politiche, relazioni internazionali e diritti umani. Svolge ampia attività di ricerca presso il Centro per i diritti umani dell’Università di Padova. È National Director per l’Italia dello European Master's Degree in Human rights and democratisation (Venezia), coordinator accademico della laurea magistrale in Human rights and multilevel governance e vice-coordinatore del dottorato congiunto internazionale in Human Rights, society and multilevel governance (Università di Padova e altre). Dall’a.a. 2012-13 è titolare del corso “Diritti umani e religione” presso l’Istituto di scienze religiose di Padova. Dal 2018 è direttore dell’Annuario Italiano dei dirtti umani.

 
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A contatto - Paolo Berti

L’intervento presenta il lavoro di ricerca svolto coinvolgendo circa duecentocinquanta ragazzi e ragazze dai 14 ai 18 anni di Padova, Roma e Salerno. Attraverso un metodo di consultazione partecipata è stato chiesto loro di “puntare” lo sguardo sugli adulti e di raccontare ciò che vedono.
Lo scopo di questa analisi non è solo di comprendere meglio le idee, i vissuti e i bisogni dei ragazzi, ma soprattutto raccogliere informazioni utili agli adulti per riflettere sulla propria condizione e sulla relazione con loro, per migliorarsi e per crescere. Lo sguardo dei ragazzi sul mondo è sempre “competente” e se gli adulti sono disponibili ad ascoltarli fino in fondo, possono arricchirsi, come persone e come educatori, aprendosi a nuove positive consapevolezze. 


Breve biografia
psicologo, psicoterapeuta famigliare, svolge la propria attività nell’area minori e con famiglie accoglienti e bambini e ragazzi in affido famigliare, presso il Villaggio S. Antonio di Noventa Padovana (PD).
Collabora con altre associazioni ed enti per interventi di formazione e di consulenza.
Svolge attività di psicoterapia privatamente
 
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Sabato 8 settembre


Tavola rotonda "Visti dagli altri"- Ritanna Armeni, Ritika Handa, Nader Akkad

Nella tavola rotonda Sabina Fadel, caporedattore del Messaggero sant’Antonio, ragionerà con Ritanna Armeni, giornalista e saggista; Ritika Handa, induista e Nader Akkad, imam di Trieste. Non credenti e credenti non cattolici metteranno sotto la lente di ingrandimento pregi e difetti della cultura dell’incontro nella tradizione occidentale, oggi a confronto con un dinamismo culturale, religioso e di pensiero che chiede continuo confronto con l’altro, diverso – per qualche aspetto – da me. 
 

RITANNA ARMENI
Ritanna Armeni è nata a Brindisi il 12 luglio 1947. E' sposata, ha una figlia e due nipoti.
Ha cominciato a fare la giornalista  negli anni '70 a Noi donne, settimanale dell'Udi, poi è passata al Manifesto di cui è stata fra le prime redattrici. In seguito, dopo una breve esperienza al settimanale Pace e guerra, ha lavorato all'agenzia Asca e di seguito al settimanale Rinascita diretto da Alberto Asor Rosa e, quindi, per nove anni all'Unità. In queste testate si è occupata dei temi sociali, politici e culturali. E' stata per molti anni giornalista parlamentare.
Ha interrotto il suo lavoro giornalistico quando è diventata, nel 1998, responsabile dell'Ufficio stampa di Rifondazione comunista e portavoce del segretario Fausto Bertinotti. Lo ha ripreso nel 2004  con la conduzione sulla 7 di Otto e mezzo insieme a Giuliano Ferrara. Ha condotto anche molte trasmissioni su Radio 3. Ha scritto per Il Mondo, per Sette, Io donna, Anna e altre testate quotidiane e settimanali.  E' stata editorialista dell'Unità ,del Riformista e di Liberazione. il Caffè. il Foglio, il Messaggero di Sant'Antonio, Rocca e L'Osservatore romano. E' opinionista in molte trasmissioni di Rai1. Si è particolarmente occupata della "questione femminile" in tutti i suoi aspetti. Fra i suoi libri :"La colpa delle donne", "Prime donne", "Parola di donna", "Devi augurarti che la strada sia lunga" ( con Fausto Bertinotti e Rina Gagliardi), " Due pacifisti e un generale", insieme a Emanuele Giordana ,"Lo squalo e il dinosauro".
Di recente ha scritto “Di questo amore non si deve sapere” La storia di Inessa e  Lenin”. Il suo ultimo libro :” Una donna può tutto”:1941 volano le streghe della notte.

 
RITIKA HANDA
Induista, Ritika Handa viene dall’India e da 15 anni vive in Italia felicemente con i suoi figli. Yoga, meditazione, ayurveda fanno parte della sua quotidianità. Da 11 anni lavora in una casa di riposo.
Fa parte dell’Unione Induista Italiana.
L’Unione Induista Italiana - sanatana dharma samgha è l'Ente religioso riconosciuto dallo Stato che rappresenta gli induisti in Italia, ne tutela i diritti in un dialogo con le istituzioni, si impegna nel favorire il processo di integrazione delle comunità induiste provenienti da India, Sri Lanka, Bangladesh, Mauritius ecc., mantenendo la propria identità culturale e religiosa.
È libera e aperta a tutti, poiché ispirata ai principi di fratellanza, pace, tolleranza, armonia secondo i dettami della religione induista ed è esente da ogni forma di proselitismo in quanto contrario ai principi della religione stessa.
L’Unione Induista Italiana sostiene l’educazione alla non-violenza e al rispetto della diversità valorizzandola come arricchimento della persona e della collettività. Collabora con enti ed istituzioni e con le altre religioni, per sviluppare la cultura del rispetto e della dignità di ogni essere umano, e favorire nei giovani la consapevolezza di sé, la coscienza di essere "altri" rispetto a culture e situazioni diverse, la scoperta  del valore del dialogo e lo spirito di solidarietà.
L'Unione Induista Italiana prende parte a progetti educativi ed interculturali nell'ambito scolastico.
Come Ente formatore accreditato dal MIUR, propone corsi sull'induismo per  la formazione degli insegnanti in relazione al crescente pluralismo etnico e religioso in cui l'educazione è uno dei principali protagonisti.
 
NADER AKKAD
Il dr. Nader Akkad è un ingegnere, ricercatore e imam italiano, nato ad Aleppo in Siria, vive a Trieste dal 1992. Arrivato a Trieste per perfezionare i suoi studi scientifici, ha conseguito una laurea magistrale in ingegneria civile, diversi master e un dottorato di ricerca in ingegneria sismica, ispirato dal modello del professor Abdus Salam primo scienziato musulmano ad essere insignito del premio Nobel in fisica, fondatore del centro di fisica teorica ICTP nel 1964 a Trieste. Impegnato fin dal suo arrivo a Trieste con la comunità islamica locale dove ha assunto il ruolo di imam e, dal 1994, di direttore della scuola coranica, nel 2015 ha conseguito a Padova il master in studi sull’islam d’Europa promosso dal ministero degli interni per la formazione di Imam italiani ed è divenuto il primo imam formato in Italia, per la comunità islamica di Trieste. È membro e referente per l'Italia del moonsighting committee worldwide MCW per il calcolo ISNA del calendario islamico, è docente del corso “Conoscere l'Islam: culto e cultura” del centro Veritas di Trieste, è vicepresidente e delegato per il dialogo Interreligioso dell'unione della comunità islamica d'Italia UCOII, ha incontrato Papa Francesco diverse volte, impegnato nel Dialogo Cristiano Islamico della CEI. 
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Tra identità e diversità, tra conflitti e abbracci - Matteo Righetto

Matteo Righetto, padovano, scrittore e docente di lettere. I suoi romanzi sono tradotti in numerose lingue e pubblicati in tutto il mondo. Studioso di Literary Ecology ed Ecocriticism.
Membro del comitato etico-scientifico di Mountain Wilderness. Vincitore nel 2016 del Premio Cortina d'Ampezzo con il romanzo "Apri gli occhi".
In occasione della XX edizione del CinemAmbiente Festival di Torino, gli è stato conferito il premio "Le Ghiande" 2017 per essersi sempre distinto con una scrittura costantemente rivolta a uno sguardo sull’azione del paesaggio e dell'ambiente nella vita dei protagonisti delle sue storie.
I suoi romanzi più noti sono:
• La pelle dell'orso (Guanda), 2013, dal quale è stato tratto l'omonimo film con Marco Paolini
• Apri gli occhi (TEA), 2016 (Premio Cortina d'Ampezzo 2016 / menzione speciale Premio Rigoni Stern 2016)
• Dove porta la neve (TEA), 2017 • L'anima della frontiera (Mondadori), 2017
• L'ultima patria (Mondadori), 2018
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Data di aggiornamento: 05 Settembre 2018
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