Semplicemente il bicchiere
Un nuovo anno… come sarà? Bello o brutto? Sembra proprio che in questi casi l’umanità, e cioè ciascuno di noi, si divida inesorabilmente tra chi vede il famoso bicchiere mezzo pieno e chi, invece, lo stesso bicchiere ma senz’altro mezzo vuoto. Se è tale, e cioè mezzo vuoto, vuol dire che siamo pessimisti. Vediamo tutto nero. Percepiamo solo le cose che non vanno bene, quello che ci manca.
Del resto, Gesù stesso è assolutamente di questa idea: «Se voi che siete cattivi…» (Mt 7,11). In fin dei conti, però, chi vede il bicchiere mezzo vuoto in realtà è a conoscenza delle proprie fragilità: noi diremmo che non vive con la testa tra le nuvole. È realista e concreto. E non è nemmeno detto che l’esito finale per lui sia solo piangersi addosso, e non anche darsi da fare per migliorare, avendo appunto ben identificato qual è la mancanza di partenza.
Sempre Gesù sembra elogiare questo atteggiamento «attendista» e ragionatore: «Quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila?» (Lc 14,31). Essere consapevoli dei propri limiti, di ciò che non sappiamo (ancora o per sempre) fare, riconoscere ciò che ci manca e di cui abbiamo bisogno, è un grande segno di maturità: siamo davvero uomini e donne!
Se, piuttosto, è mezzo pieno, vuol dire che siamo inguaribili ottimisti. Vediamo tutto bianco. Riconosciamo molto bene i nostri punti forti e siamo in grado di cogliere, invece di quello che ci manca, tutto quello che comunque già abbiamo, e che probabilmente non è davvero poco. Sappiamo su che cosa possiamo contare, che sarà pure limitato o inadeguato ma è comunque meglio di niente. Insomma, qualcosa pur valiamo! Ciò ci permette un approccio «positivo» alle nostre giornate.
Anche in questa seconda ipotesi, alternativa alla prima, Gesù ha qualcosa da dirci, lì dove ci racconta la parabola dei talenti: anche uno solo, ma ognuno dei servi avrà i suoi talenti in dono dal padrone (Mt 25,14-30)! O, meglio ancora, quando volendo sfamare la folla che era stata ad ascoltarlo, moltiplica sì i pani e i pesci, ma solo dopo che un ragazzino lì presente gli offre la sua merenda: cinque pani d’orzo e due pesci (Gv 6,9). Certo, a forza di voler essere a tutti i costi ottimisti, rischiamo di banalizzare la realtà, non volendo sul serio vederla nella sua complessità di bene e male. Far finta che tutto vada sempre bene è persino ingiusto nei confronti di chi in realtà non sta assolutamente bene.
E se fosse che, dopo aver visto il nostro bicchiere sempre mezzo vuoto oppure sempre mezzo pieno, fosse alfine arrivato il momento di vedere semplicemente il… bicchiere?! Che è quello che è, svolge perfettamente la sua funzione così, allo stesso tempo mezzo pieno e mezzo vuoto. È «uno», e non due. Come la nostra vita, del resto. Che è un po’ più complicata, più ricca e fantasiosa di quanto la semplificazione «pieno/vuoto» lascerebbe supporre. Dove sia l’uno che l’altro hanno un senso. Di più, l’uno è proprio rispetto all’altro: il vuoto si definisce tale proprio perché c’è un pieno, e viceversa.
That’s life! Con le sue gioie e le sue fatiche, i suoi momenti up e quelli down. Dove niente va sprecato e niente è inutile: parafrasando una legge della fisica che sicuramente a scuola abbiamo studiato, il postulato fondamentale di Lavoisier, tutto viene reimpiegato per costruire sempre meglio quello che siamo e vorremmo essere. Senza paura, neanche di nostri vuoti, assieme a san Francesco ringraziando Dio: «Tu sei tutto, ricchezza nostra a sufficienza!» (Lodi di Dio Altissimo). Già, come sarà il 2022?
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