Chi si esalta sarà umiliato
«D isse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di essere giusti e disprezzavano gli altri: 'Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l' altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: 'O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo'. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: 'O Dio, abbi pietà di me peccatore'. Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell' altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato'». (Lc 18,9-14)
LA PARABOLA / IL FARISEO E IL PUBBLICANO
Il peccato dentro di noi lo constatiamo ogni giorno: vorremmo fare il bene e ci troviamo a compiere il male che non vorremmo.
Come dobbiamo pregare? Non solo con una fiducia «sfacciata» e con un' insistenza che non si arrende (vedi la parabola del mese precedente) ma con la convinzione di aver bisogno di essere salvati. Noi crediamo di essere «giusti», perché facciamo qualche opera buona. In realtà , tutta la nostra vita, immersa in un mondo di ingiustizia e di disordine, ha bisogno di essere salvata, perché siamo tutti peccatori.
Q uesta è una parabola tremenda. Capisci perché sta scritto che la Parola è una spada a doppio taglio (Eb 4,12). Gesù è stato un provocatore, e questo passo è uno dei record in materia: la più pericolosa delle parabole. Come una trappola: la leggi, ti senti coinvolto, vai avanti e alla fine applaudi convinto, sei contento che la cosa finisca così, ti pare che Gesù abbia davvero sistemato quel fariseo presuntuoso e superbo; ti senti vicino al pubblicano, lo approvi, vorresti stringergli la mano e in fin dei conti ti trovi - come dire - a stringerti la mano da solo, perché ringrazi Gesù di aver messo a posto quelli che somigliano al fariseo così antipatico e di aver manifestato la preferenza Sua per chi somiglia al pubblicano così simpatico e, in ultima analisi... così vicino a te. È scattata la trappola: simpatizzando col pubblicano, mi trasformo nel fariseo in persona. Capitò una volta anche a David (2Sam 11-12) quando il saggio Natan gli raccontò la storia del pastore ricco e prepotente e del povero che aveva una pecorella sola... Lui era il re di Israele, e aveva appena fatto uccidere il povero Uria per prendergli la moglie, e Natan parlava proprio per questo. David non capì, si commosse al racconto e si indignò, acceso d' ira contro l' ingiustizia... E Natan dovette buttargli la verità in faccia: «Quell' uomo sei tu!». Come viene bene, a quel punto del racconto, il «Miserere »! Guarda caso: sono proprio le parole del pubblicano in questa parabola. Eccoci al punto. Perciò la parabola va letta lasciando da parte la persona del pubblicano come tale: l' attenzione va tutta puntata su Gesù che parla del Padre e sul fariseo impettito davanti alla maestà di Dio, ridicolo, ma tremendamente capace di prendersi sul serio...
Tutti peccatori, siamo. Ma è difficile riconoscerci tali, nei fatti, con circostanza, data, luogo, e magari aggravanti. Una delle aggravanti - sia chiaro - spesso si chiama «a fin di bene»: siamo capacissimi, noi, soprattutto noi di Chiesa, di peccare di superbia e magari di pretendere che gli altri la chiamino umiltà , perché - diciamo - l' umiltà è verità .
Il rischio di non aver capito nulla. Siamo Chiesa santa, certo, per quanto dipende dall' alto, ma anche peccatrice, per quanto dipende da noi. Chiesa salvata e insieme traditrice, come Pietro, Chiesa che canta il Te Deum e che insieme celebra il suo «mea culpa » sul serio, che ringrazia il Padre dei doni della Parola, della Redenzione, della Croce e della Resurrezione e insieme ha chiara la coscienza dei suoi peccati e mette il bigliettino che pesa come i secoli di tradimento e sangue nella fessura del Muro del Pianto... |