Le lacrime del perdono
Come dobbiamo pregare? Non solo con una fiducia «sfacciata» e con un' insistenza che non si arrende, ma con la convinzione di aver bisogno di essere salvati.
La preghiera del fariseo, dietro l' apparente devozione e pietà , è una preghiera atea. Il fariseo fa solo mostra di sé, del suo credito davanti a Dio. Per autoesaltarsi si contrappone agli altri e crea quella divisione sociale e religiosa che gli serve per mettere in evidenza la sua presunta «giustizia».
Per questo egli torna a casa con un peccato in più: perché «presume di essere giusto» e disprezza gli altri.
La preghiera dell' esattore del fisco, invece, è la preghiera del peccatore, di colui che è consapevole del suo peccato; per questo egli chiede perdono e si rimette completamente nelle mani di Dio; per questo egli torna a casa perdonato: riceve la «giustizia» come dono misericordioso di Dio.
Siamo tutti peccatori. Noi crediamo di essere «giusti», perché facciamo qualche opera buona. In realtà , tutta la nostra vita, immersa in un mondo di ingiustizia e di disordine, ha bisogno di essere salvata, perché siamo tutti peccatori.
Questa affermazione, che siamo tutti peccatori, sembra fatta apposta per indisporre gli uomini. Agli uomini d' oggi, come a quelli del tempo di Gesù, non piace sentir parlare di peccato. La preoccupazione di liberarsi da complessi di colpa e da tabù reali o presunti li porta a relativizzare ogni norma morale, a non saper riconoscere più il male e a ritenersi innocenti. Eppure il male esiste: attorno a noi e dentro di noi!
- Il peccato del mondo sta davanti agli occhi di tutti; siamo immersi in un mondo malato. Il male è una realtà di tutti i giorni: guerre, genocidi, torture, oppressioni di popoli inermi, abuso di potere; discriminazioni razziali, sociali, religiose, ideologiche; disprezzo della vita, aborto, eutanasia; violenze sulle persone e in particolare sui minori, imbrogli, corruzione amministrativa, mafia, camorra, egoismo elevato a sistema...
- Il peccato è visibile anche nella comunità ecclesiale e tra i cristiani: cattive testimonianze, relativismo etico, indifferenza religiosa; mancanza di comunione, irrigidimento delle divisioni, chiusure campanilistiche; compromissione con le potenze del mondo, attaccamento ai beni materiali; mancate prese di posizione contro le ingiustizie, in difesa dei deboli...
- Il male è intorno a noi, perché è dentro di noi. L' esperienza e la parola di Dio ci avvertono che il «cuore» dell' uomo non è così libero e forte da potersi sottrarre alla suggestione del male. Anche il cristiano che si mette in cammino al seguito di Gesù e si impegna a vivere la vita come dono, in un rapporto di servizio, si scopre vittima dell' egoismo e delle numerose debolezze quotidiane. Tutta la vita umana, sia individuale sia collettiva, presenta i caratteri di una lotta drammatica tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre.
L' uomo è incapace di superare efficacemente da solo gli assalti del male, così che ognuno si sente come incatenato. Ce lo ricorda lo stesso apostolo Paolo nella Lettera ai romani. Egli è consapevole di essere schiavo del peccato e di non riuscire a liberarsi con le sole sue forze. «C' è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti, io compio non il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Sono uno sventurato. Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?' (Rm 7,18-20.24).
Riconosciamoci peccatori. È necessario che riconosciamo l' esistenza del peccato nella nostra vita: questo atteggiamento di «sincerità » ci aprirà all' accoglienza di Dio e all' incontro con lui e ci aiuterà a stabilire relazioni «nuove» tra di noi. Secondo l' apostolo Paolo, la consapevolezza della propria situazione umana di peccato è il punto di partenza di ogni itinerario di salvezza. Ma se manca questa, non c' è speranza e tutto è perduto.
Il peccato è rifiuto dell' amore di Dio, ingratitudine verso di lui, presunzione di essere autosufficienti. Rifiutando Dio e perdendo la comunione con lui, l' uomo si mette in contraddizione con la propria tendenza originaria al bene, subisce l' oscuramento della coscienza, deforma il modo di rapportarsi agli altri e alle cose, produce conflittualità sociale e strutture di peccato, che a loro volta opprimono le persone e ostacolano il loro sviluppo.
Per salvarsi è necessario riconoscere la gravità del peccato. Una seria considerazione di questa gravità è il punto d' avvio di ogni altro discorso positivo di speranza. Chi non percepisce la contraddizione che lacera l' uomo e l' impotenza di fronte al male che coinvolge l' intera umanità , chi sottovaluta la gravità e l' irrimediabilità della cattiveria umana, sempre risorgente nonostante la sincerità degli ideali e dei buoni propositi, non può capire che cos' è la salvezza.
La salvezza è liberazione ricevuta, dono offerto, potenza divina che prende per mano l' uomo impotente e lo libera dalla sua intera e alienante divisione. È proprio questo il pensiero di san Paolo: egli, infatti, conclude la sua amara diagnosi sul peccato con la celebre esclamazione: «Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore!» (Rm 7,25). Dio soltanto, in Cristo, ci libera dalla schiavitù del peccato. «La salvezza può venire solo da Dio. E Dio va a cercare l' uomo, gli fa prendere coscienza del peccato, gli promette la vittoria sul 'tentatore'» (CdA 393). La salvezza comincia a realizzarsi con la venuta di Gesù. Gesù Cristo, con la sua morte e risurrezione, ci libera dal peccato e dalla morte, che ne è la conseguenza immediata.
Liberati dal peccato. Questa «liberazione» operata da Dio è perdono e rinnovamento, morte del vecchio e creazione del nuovo; è redenzione che ricupera e risana, è giustificazione che lega a Dio e santifica. Essa è tutta opera e dono di Dio. Per questo si può concludere che la Bibbia conosce una sola risposta al problema del peccato: l' affidamento totale e senza riserve di tutto se stessi al giudizio di Dio e al suo gratuito perdono, un affidamento che san Paolo chiama «fede».
UNA PARABOLA PER I NOSTRI GIORNI
Gennaro e la prostituta di Adriana Zarri A veva il nome più prestigioso, più religioso e più sacrale che possa portare un napoletano. Gennaro l' avevano chiamato, e battezzato nella chiesa del Santo (e quando, a Napoli, si dice, «il Santo» non c' è bisogno di nominarlo perché si sa chi è e nessuno penserebbe mai di confonderlo con altri). Fariseo, figlio di farisei, come qualcuno diceva, in Israele, ai tempi di Gesù, se voleva vantare le sue origini. Così lui: napoletano, figlio di napoletani e di devoti del Santo. Cattolico osservante, aveva sempre votato nel modo giusto (anche se ormai non era più così chiaro come un tempo), era andato a Roma a prendersi le sante indulgenze giubilari (si poteva anche nelle chiese locali, lo sapeva, ma era un giubileo di seconda categoria e lui lo voleva di prima, vicino al Papa, com' era giusto per un Gennaro napoletano, virtuoso e osservante). |
PIETRO, IL PECCATORE SALVATO
N el racconto della Passione fatta dall' evangelista Luca, Pietro è l' immagine del peccatore salvato. Il suo errore, come accade a tutti noi, era stato quello di prendere alla leggera l' impotenza umana di fronte al male: «Sono pronto ad andare alla prigione e alla morte!». Poi finì anche lui per fare quello che non voleva: rinnegò il suo Maestro, senza rendersi ben conto della gravità di quello che faceva. Ma Luca dice che «il Signore, voltatosi, guardò Pietro». Questo sguardo di denuncia e di grazia portò Pietro alle lacrime e alla salvezza. E questo sguardo del Signore, per nostra fortuna, è rivolto per sempre sul mondo e su ciascuno di noi. |