L’uragano Mitch e la buona Novella
Sono passati due anni dall' attacco di Mitch, l' uragano che a fine ottobre del 1998, in appena 72 ore, ha messo in ginocchio l' Honduras, uno dei paesi più poveri del Centroamerica. Per noi è un ricordo lontano di drammatiche immagini televisive, per gli onduregni è un buco nero nella storia, una voragine da cui farsi ingoiare o da cui uscire con le unghie e con i denti. Dopo due anni sono ancora sull' orlo del precipizio, ma con quella capacità di accettare e reagire che hanno i poveri. «So che per voi è strano - afferma Marcio Matute, frate minore conventuale con cui stiamo collaborando dai giorni immediatamente seguenti alla catastrofe - , eppure nonostante la sofferenza, la mancanza di tutto e i lutti, la mia gente va avanti, ha ancora più fede, sa ridere e persino fare festa».
Di questo intervento della Caritas antoniana vi parliamo solo adesso, per due motivi. Innanzitutto, perché per molto tempo le notizie erano incerte e frammentarie e ancora poco sapevamo su come i vostri fondi sarebbero stati utilizzati. Erano in mani sicure, questo era certo. Ma le necessità erano tante. Era giusto aspettare che un po' di ordine regnasse. Il secondo motivo è forse ancora più importante: delle tragedie umane bisognerebbe ricordarsi soprattutto quando non fanno più notizia. Alla lunga, la solitudine nel dolore può essere più pesante, più insopportabile del momento in cui un fatto grave occorre.
Leggo da uno speciale del quotidiano «La Prensa» del febbraio del 1999: «Dieci giorni dopo l' arrivo di Mitch ci fu un' invasione di giornalisti stranieri. Alcuni domandavano ai colleghi onduregni... 'dove ci sono più morti?'... Per l' ennesima volta ci veniva sottolineato che il Centroamerica per il mondo esiste solo quando i cadaveri si contano a migliaia».
Tutto inizia il 26 ottobre del 1998. Il Centro nazionale degli uragani di Miami informa che una depressione nell' Oceano Atlantico è diventata uragano. Le forti piogge hanno già procurato tre morti e un migliaio di senzatetto in Costa Rica. All' inizio, la minaccia non sembra così grave, anzi le previsioni indicano che l' Honduras sarà toccato marginalmente. Niente di più sbagliato. Con una traiettoria che sembra disegnata da una mano diabolica, Mitch attraversa l' intero paese causando la peggiore tragedia dell' Honduras nel secolo appena passato.
Il bilancio è agghiacciante: 5657 morti, più di 8 mila dispersi e 12 mila feriti, 80 mila case distrutte. Il 70 per cento delle infrastrutture non esiste più. Persi i raccolti per il fabbisogno interno, ingoiate dal fango le piantagioni per l' esportazione. Alla fine, i danni superano i 2 mila milioni di dollari cioè più del 50 per cento del debito estero del paese. «L' Honduras - afferma gravemente il presidente Carlos Flores - è arretrato di 30 anni». Considerazione terribile per un paese tra i più poveri del mondo: già prima dell'uragano circa 70 abitanti su 100 vivevano sotto la soglia di povertà , mentre la disoccupazione superava il 53 per cento.
Il 3 novembre del 1998, a pochi giorni dalla catastrofe, un disperato appello raggiunge la Caritas antoniana. Sono i frati minori conventuali della Custodia Maràa Madre de los pobres di Comayaguela (DC): «Quanto dolore, sofferenza, tristezza sta attraversando l' Honduras. Mancano cibo, acqua potabile, medicine. Temiamo le epidemie. Che cosa possiamo fare noi frati? Innanzitutto pregare, pregare molto che il Signore dia la forza e la speranza a chi ha perduto tutto. E poi mettere a disposizione ciò che abbiamo e chiedere aiuto ai fratelli».
L' 8 novembre la Caritas antoniana manda 50 milioni di lire e si mette a disposizione per eventuali progetti di ricostruzione. Ma già quel contributo, piccolo rispetto alla grandezza della tragedia, moltiplicherà i suoi frutti. I frati, infatti, hanno un piano di emergenza nelle parrocchie dove sono presenti. Nel nostro caso, suddividono la somma inviata su quattro progetti specifici: l' acquisto di una blocchiera per la fabbricazione di mattoni da costruzione, un progetto di salute e igiene, un sostegno a una cooperativa di produzione agricola, dei fondi per due cooperative di risparmio e credito parrocchiali per consentire anche ai più poveri di avere denaro in prestito a condizioni agevolate per la ricostruzione.
Recentemente fra Marcio Matute ha inviato a noi e a tutti i benefattori una lettera di ringraziamento. «Quanto è importante per chi è nella lotta, nel dolore e nella miseria ricevere buone notizie - scrive con palpabile emozione . Grazie al vostro contribuito unito a quello di molti altri fratelli in tutto il mondo, più di 100 famiglie vivono in case nuove, 150 hanno potuto ristrutturare le loro abitazioni, mentre 700 famiglie hanno già acquistato il terreno per la costruzione. E ancora, più di 80 famiglie possono mangiare con gli ultimi raccolti, più di 500 giovani e bambini hanno accesso all' educazione, migliaia di persone possono curarsi grazie alla costruzione di tre piccoli ambulatori. Ma soprattutto, tantissime persone hanno cambiato la loro vita perché hanno sentito nel dolore la presenza del Padre. La disperazione è diventata speranza. La vostra solidarietà , fratelli e sorelle, ci ha permesso e ci permette di essere intermediari della Buona Novella».
UTILIZZAZIONE DEI FONDI
Soldi inviati : lire 50 milioni= dollari 30.200 (all'epoca) Suddivisi in: |