Morti sul lavoro. La pandemia silenziosa
Non si ferma la scia di morti sul lavoro, nonostante le proteste e gli appelli alle autorità. In poche ore, a perdere la vita sono stati Francesco Albanese, un operaio di 23 anni a Stornara, nel foggiano e Gaetano Mastroieni, autotrasportatore di 66 anni, a Mosciano sant’Angelo, in provincia di Teramo; il primo schiacciato dal materiale di accumulo di uno scavo il 27 febbraio, il secondo travolto dalla motrice del camion di un collega, il 26. Pochi giorni prima, il 16 febbraio, altri cinque operai erano deceduti nel crollo avvenuto a Firenze, nel cantiere del supermercato Esselunga in costruzione.
Secondo dati Inail, i decessi al 31 dicembre 2023 sono stati 1041, in calo del 4,5 per cento rispetto al 2022, ma sempre alti, quasi 3 persone al giorno di media. Tuttavia, l’Osservatorio Nazionale di Bologna, l’unico che registra anche i morti sul lavoro in nero o non assicurati Inail, attesta che i deceduti reali nel 2023 sono stati 1485. Una vera ecatombe silenziosa, che ad allargare lo sguardo all’intero Pianeta ha numeri da pandemia. Secondo l’ultimo rapporto Ilo (Organizzazione internazionale del lavoro), le persone che ogni anno perdono la vita nel mondo a causa di incidenti o malattie collegate al lavoro sono circa 3 milioni. La maggior parte dei decessi è causata da malattie correlate, ma 330 mila morti sono provocati da incidenti, legati soprattutto alla mancanza di regole, al troppo lavoro, ai subappalti a prezzo stracciati, al guadagno a costo della sicurezza.
Papa Francesco è intervenuto molte volte su questo argomento. Lo scorso settembre, durante l’udienza per gli 80 anni dell’Associazione Nazionale Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro (ANMIL), ricordando i 5 operai travolti da un treno a Brandizzo, nel torinese, aveva affermato: «Le tragedie iniziano quando il fine non è più l’uomo, ma la produttività. E l’uomo diventa una macchina di produzione». E aveva aggiunto: «Non possiamo abituarci agli incidenti sul lavoro, né rassegnarci all’indifferenza verso gli infortuni. Non possiamo accettare lo scarto della vita umana. Le morti e gli infortuni sono un tragico impoverimento sociale che riguarda tutti, non solo le imprese o le famiglie coinvolte».