Il coraggio di sperare un futuro di pace
Lasciate, cari amici lettori, che apra questa pagina rivolgendo a tutti voi l`augurio di buon anno. Cordialmente. Sinceramente. Ce ne siamo scambiati tanti di auguri: vogliamo sperare, anzi siamo certi, che qualcuno otterrà l`effetto desiderato. È straordinario che, nonostante tutto, sia ancora viva in noi la speranza di un anno migliore del precedente.
Nel vecchio catechismo (il nuovo lo dice solo in modo diverso) le virtù teologali, cioè i doni particolari di Dio, venivano individuate in: fede, speranza e carità . La speranza, dunque, è un dono di Dio. Noi però dobbiamo metterci il coraggio di sperare! Ogni nuovo anno lo apriamo invocando un orizzonte di pace, anche questa dono di Dio non meno di altri, soprattutto se guardiamo che cosa possono produrre perverse alchimie o interessi sottostanti la «naturale» aggressività dell`uomo.
Ai primi di dicembre la stampa ha riportato con rilievo una frase pronunciata dal Papa nell`abituale «catechesi» del mercoledì. Commentando il Lamento del popolo in tempo di fame e di guerra del profeta Geremia, Giovanni Paolo II ha parlato del dramma del nostro tempo, prodotto non solo dalle guerre, dalla fame e dall`ingiustizia, ma anche da quel «silenzio di Dio» pesantemente calato sulla storia degli uomini, un Dio quasi disgustato dall`agire dell`umanità : una situazione in cui «ci si sente soli e abbandonati, privi di pace, di salvezza, di speranza. Il popolo lasciato a se stesso, si trova sperduto e invaso dal terrore. (`¦) Non è forse questa solitudine esistenziale la sorgente di tanta insoddisfazione, che cogliamo ai giorni nostri? Tanta insicurezza e tante reazioni sconsiderate hanno la loro origine nell`aver abbandonato Dio, roccia di salvezza».
Rispetto al Lamento di Geremia ` il profeta vissuto sei secoli prima di Cristo ` che cosa c`è di nuovo? «Sentinella, cosa vedi all`orizzonte?». Forse il coraggio di sperare. Il non stancarsi mai nell`impegno di creare una cultura di pace. Come si legge anche nel «Messaggio del Papa per la giornata mondiale della Pace 2003», non mancano strutture e procedure adeguate ` giuridiche, politiche ed economiche ` necessarie e, fortunatamente, spesso presenti, «frutto della saggezza e dell`esperienza accumulata lungo la storia, mediante innumerevoli gesti pacifici, posti da uomini e donne che hanno saputo sperare senza cedere mai allo scoraggiamento». Gesti che nascono da costanti atteggiamenti pacifici, vissuti e attuati da quegli «operatori di pace» che il Vangelo chiama «beati».
Sul tema della pace ` a quarant`anni dalla Pacem in terris, il magistrale documento scritto da Giovanni XXIII in un momento particolarmente tormentato della storia, al quale Giovanni Paolo II si è riferito nel suo messaggio sopra citato ` abbiamo voluto costruire il dossier centrale del numero di gennaio; pensando che possa dire una parola di speranza «agli smarriti di cuore» e dare coraggio a quei «miti» che coltivano pensieri di pace.
Nuovo anno e novità nella rivista. Abbiamo voluto rinfrescarla nella veste grafica, per renderla più leggibile e più gradevole. Continueremo a lavorare riflettendo sulla storia che stiamo vivendo: con i suoi problemi e speranze.
Abbiamo voluto anche dare più voce alle testimonianze di fede e devozione inviateci e riscritte da uno scrittore, nostro nuovo collaboratore. Dalle pagine della rivista, sant`Antonio continuerà a rivolgerci la sua parola e la sua testimonianza di carità . Ancora vive dopo otto secoli, con l`apporto di nuovi collaboratori che ci aiuteranno a fare del «suo e nostro» «Messaggero» una rivista capace di essere compagnia alle domande della vita. Ci siamo riusciti? Lo speriamo, ma la risposta non può che essere vostra.