Un asilo a Timor Ovest
«Vuoi vedere che apriamo un asilo?». La proposta, buttata là come se fosse un gioco, diventa un affar serio per le giovani suore del Santo Volto che vivono a Kupang, una delle città più povere dell’Indonesia, nell’isola di Timor Ovest. È il 2008. La congregazione ha aperto da poco una casa nella periferia della città. Non è ancora una vera e propria missione, ma un convento per le suore che studiano per diventare maestre. Carisma della congregazione è infatti quello di promuovere lo sviluppo umano tramite la scuola. Ma mentre passano il tempo sui libri, è difficile ignorare cosa succede fuori. In questa periferia desolata i genitori, in maggioranza contadini poveri, lasciano i figli di pochi anni da soli. Alcuni li portano con loro sui campi. Altri piccoli fanno i venditori ambulanti o lavorano per pochi spiccioli nei cantieri edili. La scuola sembra l’ultimo dei problemi. Quasi un lusso. Figuriamoci un asilo, a che servirà mai? Difficile convincere i genitori che non è così. Difficile andar contro corrente. Ma da qualche parte bisognerà pur iniziare. Sono le suore a fare il primo passo: «Abbiamo ristretto i nostri spazi di vita – racconta suor Aloisia dal Bo, italiana, superiora della comunità di Kupang, in missione in Indonesia da 25 anni – e ricavato un piccolo asilo nei locali della nostra casa». Povero, striminzito, e presto con la pioggia che filtra dal tetto, ma pur sempre un asilo, con tanto di licenza dal Ministero. Pochi anni dopo, il seme germoglia: alcuni genitori vengono persino da fuori quartiere pur di portare i figli dalle suore. Si rendono conto che un bimbo con gli stimoli giusti può diventare un adulto che avrà più possibilità rispetto a loro. «La scuola materna – spiega suor Aloisia – aiuta la crescita psicofisica del bambino, stimola la voglia di sapere, previene l’abbandono scolastico e lo sfruttamento minorile». Crescono le richieste. Ma l’asilo è quello che è: striminzito e pieno di buchi sul tetto. C’è bisogno di una svolta. Una svolta che arriva quando meno te lo aspetti: «Ero in Italia in vacanza e come di consueto ho letto il “Messaggero di sant’Antonio”, a cui sono affezionata fin da bambina. Chiuse le pagine dedicate alla Caritas Antoniana, il pensiero è immediato: perché non provarci?». Le suore hanno già raccolto oltre la metà dei 65 mila euro necessari per costruire un edificio di tre classi, nel terreno adiacente alla loro casa, che sono appena riuscite ad acquistare. Ma i soldi per portare a termine l’opera proprio non ce li hanno. Il progetto arriva sul tavolo di Caritas Antoniana il 30 luglio 2015. E i frati accettano la scommessa di quell’asilo nato quasi per caso. Caritas Antoniana invia i 25 mila euro che mancano a realizzare il sogno. A novembre 2016, i lavori sono conclusi. «Ce l’abbiamo fatta, grazie a voi – scrive nell’ultimo resoconto suor Aloisia –. La scuola è pronta! Ora i nostri piccoli possono godere di un ambiente dignitoso e sano. Sono infinitamente grata e riconoscente a tutti coloro che mi hanno aiutato in questa impresa. Il Signore è grande!».