Quando le idee sconfiggono la fame

Pozzi, scuole, ambulatori e mezzi agricoli. Il sistema, realizzato dalle suore salesiane, con il finanziamento di Caritas Antoniana, è un modello da imitare per prevenire i danni delle ricorrenti carestie.
18 Marzo 2008 | di

A Zway, in Etiopia, era appena finita una grande carestia. L’ennesima in questa zona arida e polverosa, nel cuore della Rift Valley, al centro del Paese. Suor Elisa, una delle cinque suore salesiane operanti nella zona, era esausta. La sua fatica non era solo fisica, nonostante avesse passato mesi a preparare con le consorelle una farina proteica, la faffa, per 10 mila bocche da sfamare al giorno. Ciò che più la opprimeva era la sofferenza dei bambini: le pance abnormi, i capelli radi e i grandi occhi allucinati. Era venuta in Caritas Antoniana con una piccola richiesta e un grande sogno: «Aiutatemi a costruire i pozzi. Non è più accettabile che una donna dei villaggi faccia quindici chilometri per dar da bere alla sua famiglia»; l’altra richiesta sembrava grande quanto una montagna, talmente grande da poter essere espressa solo al condizionale: «A noi suore piacerebbe cambiare alla radice le condizioni di vita di questa gente, dar loro i mezzi per assicurarsi un minimo di sufficienza alimentare. È contro ogni logica, contro ogni umanità aspettare rassegnati la prossima carestia». Un lampo d’indignazione aveva attraversato il suo viso altrimenti dolcissimo. Poi, aveva preso a fare uno schizzo sul foglio che aveva davanti. «Nei villaggi più lontani, intorno ai pozzi che costruiremo, potrebbero sorgere le piantagioni con alberi da frutto, verdure e piante per il rimboschimento. Accanto, una piccola scuola per l’educazione informale e per la formazione delle donne e un ambulatorio con la farmacia. E poi un allevamento di mucche per assicurarsi latte e carne. E poi i corsi per gli agricoltori e poi…». Il sogno prendeva forma in quello schizzo e, mentre sognava, suor Elisa volava alto e la fatica non era più un fardello. In Caritas Antoniana si iniziò a pensare in silenzio che quel sogno forse era un’occasione. A volte per stare davvero con gli ultimi serve solo avere fede.


Progettare la speranza

Quello schizzo, rielaborato con le suore, sottoposto al consenso delle autorità locali, è diventato un progetto proposto ai lettori nel giugno del 2006 e oggi, nel 2008, è un modello di sviluppo da imitare. Suor Elisa è tornata in Caritas Antoniana per dar conto e ringraziare. Mentre parla fa fatica a trattenere la gioia: «Sta cambiando tutto, è un miracolo! Vedeste la gente, i bambini».
Nei tre villaggi più lontani da fonti idriche, Edo Gojole, Boromo Wolicho e Girmana, intorno al pozzo c’è ora una scuola con quattro classi e l’ambulatorio con un’infermiera, realizzati anche grazie al prezioso impegno di alcuni volontari italiani. «Quando abbiamo iniziato a costruire − racconta suor Elisa – la gente cambiava atteggiamento man mano che procedevano i lavori. La loro vita non era più scontata: ora potevano fare progetti per la prima volta dopo secoli». Un cambiamento oggi molto visibile: le donne non devono più fare chilometri per trovare l’acqua e possono dedicarsi alla cura dei figli e alle attività per aumentare il reddito familiare. I bambini vanno a scuola. Il piccolo ambulatorio controlla le epidemie e offre le prime cure, organizza corsi di igiene e salute o di alimentazione, segue le donne incinte. «Secondo le autorità – afferma suor Elisa – i nostri ambulatori sono l’unico presidio sanitario per 15 mila persone».

Il finanziamento della Caritas Antoniana ha consentito anche l’acquisto di due trattori. Un altro cambiamento epocale per gente che ancora dissoda la terra con aratri di legno e solo nella stagione delle piogge, quando la crosta argillosa è meno dura. Il primo terreno arato è stato quello di Marie, una vedova poverissima. «Possiede tre ettari di terra – racconta suor Elisa – ma fa la fame perché non ha i soldi per coltivarla. Quando ha capito che stavamo arando proprio il suo campo ha cominciato a baciarci ed abbracciarci decine di volte. Era pazza di gioia. Noi invece stavamo muti per la commozione». Per Marie e per quelli che assistevano al prodigio della terra umida che riaffiora, la vita è cambiata in un minuto: «Dopo quel giorno sono venuti in molti a chiederci il trattore: all’inizio si presentavano solo nella stagione delle piogge, ora che hanno capito che si può arare in qualsiasi momento sta cambiando anche il loro modo di pensare il lavoro agricolo». Le piantagioni appena nate vicino ai pozzi faranno il resto: «Stiamo selezionando colture adeguate alla zona e vogliamo sperimentare l’irrigazione a goccia, che permette di far crescere le piante senza sprecare acqua. I contadini più esperti insegneranno agli altri». I trattori sono alla missione e danno da vivere a due meccanici, ex impiegati dello Stato. Sono loro a tenerli sempre in funzione e a dare consigli ai coltivatori, in cambio di un piccolo contributo: «Non abbiamo consegnato i trattori a nessun villaggio, a differenza delle altre realizzazioni, perché sono un bene di tutta la comunità di Zway».
Accesso all’acqua, sanità, scuola, formazione e lavoro: tutto in piccolo, senza strafare, rispettando il livello di sviluppo e i tempi di cambiamento. Un modello che sta facendo scuola nella zona e che coinvolge sia le autorità scolastiche che sanitarie: «Ci hanno aiutato fin dall’inizio sia fornendoci conoscenze, come gli standard di costruzione richiesti o la scelta migliore per la collocazione degli edifici, sia con aiuti materiali come la pulizia del terreno, lo sbancamento e la recinzione, il trasporto degli operai». Alla fine dei lavori l’autorità sanitaria ha provveduto all’arredamento e all’invio di un’infermiera. Mentre quella scolastica ha inviato due insegnanti e un direttore.

«Vorrei esprimervi la gioia che provo – conclude suor Elisa – quando ai villaggi vedo le donne che attingono l’acqua, i bambini seduti sui banchi di scuola, con un libro o un quaderno tra le mani. In questo deserto, dove la polvere penetra nei pori della pelle, ho visto nascere la speranza. L’ho letta negli occhi dei piccoli, nei sorrisi degli adulti, nella forza delle strette di mano. Grazie, amici della Caritas Antoniana, non solo perché avete donato, maperché avete avuto il coraggio di credere».



Il progetto in breve

Modello di sviluppo comprendente:

–    Costruzione di tre scuole di 4 classi

– Tre ambulatori

– Due trattori

– Messa in opera del terreno per le piantagioni

Periodo: 2006-2007

Costo totale: euro 150 mila

    Precedenti realizzazioni: Pozzo (2005)

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017