La scuola dopo la tempesta

All’indomani della fine dei lavori di ristrutturazione del dormitorio, la Bukalasa secondary & vocational school veniva gravemente colpita da una tempesta. Ecco come una sciagura si è trasformata in un’opportunità. Con l’aiuto dei lettori.
24 Novembre 2008 | di

Capita a volte che un progetto di sviluppo inizi in sordina, quasi per caso, magari seguendo una piccola richiesta – un pozzo, del materiale scolastico o una macchina agricola – e poi si trasformi in un intervento risolutivo, inatteso e tempestivo. La storia della Bukalasa secondary & vocational school, una scuola secondaria nell’entroterra di Masaka, in Uganda, inizia da un tetto in pessime condizioni. La Bukalasa è la scuola cattolica più vecchia del Paese. Costruita dai padri bianchi nel 1963 è un fiore all’occhiello della diocesi di Masaka. Da sempre pionieristica sia nella formazione accademica che in quella professionale, ha preparato dirigenti e alti prelati, politici e amministratori, provenienti dalle schiere dei poveri per i quali ogni altra scuola era inaccessibile.

Se le crepe del tempo avevano risparmiato la didattica, altrettanto non si poteva dire del tetto in cemento del dormitorio che ospitava i 250 allievi, ormai sgretolato dal clima tropicale e dalle forti piogge. Ogni anno le crepe si allargavano e con esse l’angoscia di un crollo imminente. La svolta si ebbe nel 1994, quando, dopo un periodo di piogge eccezionali, l’acqua iniziò a invadere le stanze e i letti dei ragazzi penetrando pericolosamente fino alle fondamenta. Non si poteva più aspettare. Alunni e genitori si diedero da fare: fecero una colletta, ma nessuno di loro era ricco abbastanza da poter contribuire in modo significativo. I 4 mila dollari raccolti non riuscivano a coprire neppure un quarto dei costi di materiale e manodopera. Fu così che il direttore del tempo Fr. Edward Ssekabanja inviò una richiesta a Caritas Antoniana: «Come scuola privata non possiamo ottenere alcun fondo statale. Temo che il dormitorio crolli sui ragazzi, siete la nostra unica speranza». I 10 mila euro inviati dai lettori attraverso Caritas Antoniana caddero su quel tetto come una benedizione, unica pioggia davvero attesa. Gli operai costruirono lo scheletro in legno su cui posarono lamiere nuove fiammanti, che fuoriuscivano dal vecchio tetto formando una salutare veranda a protezione dei muri portanti. Poi fu la volta di porte e finestre, sostituite con serramenti resistenti alle intemperie. Infine gli interni: sparirono dai soffitti le grandi macchie di muffa e dalle pareti i rigagnoli d’umidità. Una mano di bianco restituì, insieme all’odore di nuovo, l’orgoglio di vivere in un luogo dignitoso. L’entusiasmo contagiò gli alunni, tanto che l’anno successivo la Bukalasa arrivò terza nella graduatoria delle migliori scuole del Paese.

Ma mancava la ciliegina sulla torta: i servizi igienici rimanevano ormai l’unico brusco ritorno al passato. Molti rubinetti non funzionavano più, il sistema idrico-sanitario era al collasso, aumentando il rischio di epidemie. I tubi, non più riparabili perché incorporati ai muri, dovevano essere sostituiti da un nuovo impianto. Ma dove trovare i fondi? Come chiedere ancora senza prima provarci da soli? I ragazzi iniziarono l’ennesima colletta e riuscirono a racimolare il corrispettivo di 1400 euro, un sacco di soldi per le loro magre tasche ma ancora una volta troppo pochi per raggiungere il fine. Il nuovo direttore, Joseph Bukoola, spronato dal gesto degli allievi, prese coraggio e chiese ancora agli amici italiani: «Vi ringraziamo per averci aiutato a rifare il tetto del dormitorio. Ora il nostro cruccio è l’impianto idrico-sanitario, ormai bloccato. Spero ci aiuterete anche in questa fase». Un appello subito accolto da padre Valentino Maragno, direttore dalla Caritas Antoniana: «Gli insegnanti e gli allievi della Bukalasa sono l’esempio dei partner ideali. Non si arrendono di fronte alle difficoltà, provano a farcela da soli e soprattutto i loro progetti non sono mere ristrutturazioni ma cercano di migliorare la funzionalità degli edifici. Per esempio, il nuovo tetto del dormitorio permette di raccogliere e stoccare l’acqua piovana per avere un’altra fonte di acqua salubre. In più l’impianto costruito al posto di quello vecchio ha tubature esterne per una più semplice manutenzione. Un impegno intelligente che merita fiducia».

I soldi, 4500 euro, arrivarono alla Bukalasa nei primi mesi del 2007. Ma nel bel mezzo della ristrutturazione, nella notte tre il 22 e il 23 marzo, una tempesta di pioggia si abbattè con una violenza mai vista proprio sul tetto della scuola. Pochi minuti per distruggere un sogno. Per ironia della sorte, la Bukalasa ora aveva un dormitorio nuovo fiammante e un’ala della scuola a pezzi, con le classi inagibili. Il morale dei ragazzi piombò a terra: «Mi sentivo così triste – racconta Mark, uno degli allievi –. Vedendo assi di legno, calcinacci e lamiere sparsi su tutto il cortile mi rendevo conto che ci sarebbero voluti un sacco di soldi per rimettere le aule a posto. Le nostre lezioni s’interruppero per un periodo, poi ripresero all’aperto e nel refettorio. Sentivamo che il nostro futuro era compromesso». Poi, come succede spesso agli africani, il bicchiere ritornò mezzo pieno: «Quella notte ho sentito che Dio ci ha protetto – testimonia Luke, un altro allievo –: siamo sopravvissuti solo perché stavamo dormendo nel nostro dormitorio. Se fossimo stati in classe avremmo perso la vita». Motivo sufficiente per ritornare a lottare. E via all’ennesima straordinaria colletta: ogni ragazzo tornato al villaggio per le vacanze di fine anno iniziò a sensibilizzare non solo i parenti ma le autorità del posto in cui viveva. E questa volta riuscirono a raccogliere la metà dei soldi che occorrevano per ripristinare tetto e aule: 7800 euro, ne mancavano altrettanti per vincere anche questa battaglia. «Mi sono rivolto ancora una volta a Caritas Antoniana – racconta il direttore Joseph Bukoola – forte dello stretto rapporto di fiducia che ormai si era creato negli anni. In fondo i nostri benefattori erano alla base di tutti i miglioramenti della Bukalasa».

E così il terzo atto di questa storia comincia nella primavera di quest’anno con l’invio di 8 mila euro e finisce con «l’ala sant’Antonio» – è questo oggi il nome dato all’edificio ristrutturato –, pronta per il nuovo anno scolastico. Da bravo formatore di coscienze prima che di intelletti, Bukoola ha voluto che questa brutta esperienza diventasse per i suoi ragazzi un momento di crescita: «Vi dobbiamo molta gratitudine – afferma – perché il vostro aiuto ha fatto sì che i sacrifici dei miei studenti per raccogliere fondi e per proteggere la scuola non siano stati vani». Ma non è l’unico insegnamento: la tempesta ha fatto toccare con mano i danni provocati dal riscaldamento globale, tanto che in questi mesi una delle attività degli alunni della Bukalasa è la riforestazione del terreno circostante. «Oggi – conclude Bukoola – i ragazzi hanno compreso sulla propria pelle una verità importante: la madre terra ma anche la loro scuola sono beni preziosissimi da proteggere e curare per la loro vita e per quelli che verranno».  


I progetti in breve

➜ 2004 - Ristrutturazione tetto del dormitorio euro 10 mila

➜ 2006 - Ristrutturazione sistema igienico sanitario euro 4500

➜ 2008 - Ristrutturazione tetto della scuola euro 8 mila

 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017