La quattordicesima grazia del Santo
Msa. Lei, che non era presente in quei giorni di febbraio, ha vissuto l’esperienza dell’Ostensione attraverso le immagini registrate e le cartoline «Caro sant’Antonio» lasciate dai pellegrini. Che effetto le ha fatto?
Damosso. Per me ha significato calarmi improvvisamente in un mondo inatteso. Ammetto che durante il primo incontro con la Direzione del «Messaggero di sant’Antonio» (quando, appunto, mi è stato affidato l’incarico di realizzare il dvd) mi sono chiesto come avrei potuto raccontare un evento così importante senza avervi partecipato, vedendolo solo dopo, attraverso i racconti e le testimonianze di chi vi aveva preso parte. Mi chiedevo come poter esprimere quell’entusiasmo che percepivo dalle parole dei testimoni. Per chi vi aveva partecipato l’Ostensione era stata un fatto meraviglioso e io mi sentivo, a un tempo, straniero ed entusiasta.
Come ne è venuto a capo?
Ho ascoltato i frati con grande attenzione, cercando una chiave di lettura utile per riordinare un mare di immagini e di testimonianze meravigliose. Una prima risposta mi è venuta dalla partecipazione popolare che si è tradotta nelle oltre 75 mila cartoline «Caro sant’Antonio». In esse ho colto un’eccezionale testimonianza di umanità, di devozione, di affetto, di fede; quell’elemento capace di accendere una lampadina, l’idea vincente per realizzare il video che stavo cercando. In tutti questi pensieri rivolti per iscritto a sant’Antonio mi hanno colpito la vicinanza e l’amicizia tra le persone e il Santo: un rapporto diretto, talmente chiaro da commuovermi.
E poi, cos’altro c’è stato di commovente?
Il Rettore della Basilica, padre Enzo Poiana, mi ha detto: «Se non si guardasse con gli occhi della fede, quelle di Antonio sarebbero solo spoglie mortali, semplici ossa». Ma la fede restituisce in esse Antonio nella sua interezza. Per questo la gente ha fatto la fila, per ore e ore: per incontrare un amico. Quando ho potuto vedere una parte di questi biglietti è stato come leggere quello che la gente portava nel cuore e cosa affidava al Santo: 800 anni venivano superati d’un balzo, senza falsi pudori, col cuore in mano. È questo il cardine dell’esperienza di sant’Antonio tra la sua gente.
Ha percepito dei rischi mentre cercava un filo conduttore per realizzare il dvd?
La tentazione era quella di insistere su stereotipi. Nel video invece si è dato voce solo alle persone, facendo silenzio su tutto il resto. Da qui l’idea di «far parlare» gli scritti dei devoti, testimonianze dirette e vive dell’amore della gente per sant’Antonio. Quando ci siamo accostati a essi siamo stati semplicemente sommersi da un’ondata di affetto: pulito, diretto, senza fronzoli. Mai successo prima! Allora eravamo lì, partecipavamo all’Ostensione anche noi, quasi trascinati dolcemente da una grande corrente del cuore. Ci siamo messi in coda anche noi, nel nostro studio. Abbiamo faticato per orientarci, ma abbiamo fatto il nostro pellegrinaggio. A un certo momento abbiamo proceduto spediti, quasi seguissimo una strada ben precisa.
Ma è vero che vi siete addirittura emozionati?
Sì. E quando ci si emoziona in una sala di montaggio (luogo che, vi assicuro, non favorisce l’emozione), allora si è certi di essere sulla strada giusta, perché qualcosa di straordinario ci ha toccato. Da quel momento, dal punto di vista della regia, per me è stato tutto in discesa: mi sono sentito un pellegrino come tutti gli altri. Mi sono affidato al Santo e anch’io ho scritto il mio «Caro sant’Antonio», che compare nel video. L’esperienza lavorativa si è trasformata in un’esperienza di vita. Devo ammettere che questo è uno dei doni più belli che il mio lavoro a volte mi riserva ed è una cosa di cui ringrazio sempre il Signore.
Cos’altro è successo in sala montaggio?
(A rispondere questa volta, invece del regista Paolo Damosso, è Antonella Taggiasco, del cast tecnico di Nova-T, il centro di produzione televisivo e multimediale dei Frati Cappuccini, che ha realizzato il dvd).
Taggiasco. Sono stata colta di sorpresa dalle preghiere dei colleghi di Nova-T con i quali abbiamo realizzato il video. Dopo aver chiesto loro di leggere alcuni «Caro sant’Antonio» lasciati davanti al Santo durante l’Ostensione (per il sonoro), alcuni colleghi, nel buio dello studio, hanno fatto spontaneamente una preghiera personale. In quel momento hanno messo sul tavolo i loro problemi, pur sapendo che dall’altra parte della stanza c’eravamo noi operatori. Immaginate la sorpresa! Non era mai successo prima che si realizzasse un lavoro così corale, ci voleva proprio sant’Antonio. Io pensavo di inserire nel video voci di gente qualunque, per questo avevo chiesto ai colleghi e anche ai loro figli di leggere le preghiere. Si è creato, a sorpresa, un coro inedito, una preghiera collettiva straordinaria. Davvero un’esperienza unica.
Che cosa vi resta dopo questo lavoro così particolare?
Taggiasco. Tra le altre sorprese che questo lavoro mi ha riservato, ce n’è stata una molto personale. Parlando con mia madre del dvd che stavo realizzando, infatti, ho scoperto di portare questo nome proprio grazie al Santo, al quale mia mamma si era rivolta durante la gravidanza perché andasse tutto bene. Non me lo aveva mai detto... In fin dei conti per me realizzare questo video è stato in un certo senso un mettermi al servizio di un progetto di fede. L’ho fatto con la bussola in mano, ovvero con il «Caro sant’Antonio». E con una certezza: se dopo 800 anni Antonio mobilita ancora tutta questa umanità; se questi scritti testimoniano un rapporto autentico, di affidamento, affetto, amicizia; se, ancor oggi, in tempo di incredulità generale, la gente è disposta a fare la coda per ore, anche di notte, per delle «ossa», allora non è vero che questo mondo è fatto di persone «di plastica». Il cuore, l’essenza delle cose, il silenzio, possono ancora trionfare.
È ciò che ho avvertito guardando le ore e ore di immagini registrate nei giorni dell’Ostensione e ascoltando e leggendo le testimonianze dei devoti. Abbiamo affidato tutto questo al video e, non a caso, tutti siamo stati d’accordo sul titolo del dvd: Caro sant’Antonio.