Ultima puntata del viaggio «nel» terremoto. Ancora in montagna, in provincia di Macerata. Per una storia di bella, forte, ostinata, generosa Italia sociale. «Siamo vivi, ci siamo. E allora, ricominciamo».
«Ognuno di noi lotterà perché il nostro paese non venga abbandonato, farà di tutto per veder tornare le cose alla normalità, perché andremmo contro noi stessi non perseguendo questo proposito». Parola dei ragazzi del terremoto.
È la «normalità» il terremoto? Le impalcature, lo svuotamento dei centri storici, la chiusura dei piccoli negozi? L’Aquila è a un’ora di strada da Amatrice. Come è ripartita? Quale prezzo ha pagato?
Non fatevi ingannare: l’edificio sembra aver resistito alle scosse, ma non è così, andrà demolito. «Ho lavorato tutta la vita per poter avere amici a tavola» dice Alberta, la titolare. Ma ora è ferma. E altri cucinano per lei.
Sui giornali tutto sembra funzionare, tutto è incoraggiante, ma poi alzo gli occhi e quello che vedo non torna, non corrisponde a ciò che sta accanto a me, a ciò che sfioro, a ciò che ascolto.
Per capire cosa è oggi il terremoto infinito dell’Italia centrale bisogna passare dei giorni su queste montagne. Intuire cosa è vivere in un container, senza sapere niente di cosa accadrà tra un mese, tra due, tra un anno.