13 giugno assieme ai matti di Grégoire

Un progetto in Togo a favore dei malati psichiatrici, seguendo le tracce di Grégoire Ahongbonon, il «Basaglia d’Africa». Ecco il racconto di viaggio del direttore generale del «Messaggero di sant’Antonio».
10 Giugno 2019 | di

Mi appresto a partire per l’Africa. Il prossimo progetto di giugno, lanciato in occasione della festa del Santo, sarà in Togo, nella parte occidentale del continente. Al centro del progetto la categoria di poveri forse più abbandonata e reietta: i malati psichiatrici. In molte zone d’Africa essi sono visti come esseri posseduti dagli spiriti maligni, quindi abbandonati o legati a ceppi fuori dai villaggi, spesso fino alla morte. In questo viaggio seguirò i passi di un uomo che un tempo era un riparatore di gomme e oggi è un riparatore di menti, tanto da essere considerato il «Basaglia d’Africa»: Grégoire Ahongbonon.

Viaggio nella tenebra

Non è facile accettare ciò che vedremo. Me ne rendo conto fin da subito. Con me partono fra Fabio Scarsato, in veste di fotografo, e Federica Ferro, progettista dell’Associazione italiana Jobel, che sostiene le opere di Grégoire e della sua Associazione Saint Camille de Lellis.

L’aeroporto di Lomé, la capitale, è un edificio moderno, in netto contrasto con l’estrema povertà del Togo. Ad accoglierci al gate, suor Delia e suor Simona in variopinti abiti africani. Entrambe appartengono a una piccola congregazione, quella delle suore Misericordine di san Gerardo di Monza. Suor Simona, in particolare, diventerà l’angelo custode del nostro viaggio ad Afanyagan, nella diocesi di Aneho.

È lei a condurci, il giorno dopo il nostro arrivo, al Centre Miséricorde de Zooti, fondato nel 2015 da Grégoire. Il tragitto in jeep è un’odissea tra le buche. Il centro attualmente può accogliere 200 malati, ma in certi periodi il numero supera la capienza. Per ora ciò che riesce a offrire è un rifugio dopo la liberazione, la protezione dai pericoli della strada, cibo, abiti puliti, le prime cure di base e psichiatriche. Il gradino dopo è affiancare all’accoglienza e alle medicine la cura del lavoro e del recupero della dignità. Per questo l’Associazione San Camillo de Lellis ha acquistato un terreno a circa un chilometro dal Centre Miséricorde e ha chiesto a Caritas Antoniana di sostenere la costruzione di un centro di formazione professionale per i pazienti in via di guarigione.

La prima luce oltre il tunnel

Il Centre Miséricorde de Zooti, come tutti i centri di Grégoire, può contare su poche risorse mediche specializzate. Entriamo negli scarni uffici della direzione. Il mobilio è povero. Nella zona abitata dai malati ci sono uomini e donne sdraiati per terra o su stuoie, coperti alla buona di stracci. La pazzia in Africa si rivela con la nudità. Non a caso la prima cosa da fare – mi spiega un operatore – è ridare la dignità al corpo. Lavarlo, coprirlo, pettinarlo, sbarbarlo. Alcune mamme hanno un neonato in braccio. Mi colpisce una donna che sembra ancora molto sofferente: «È stata vittima di violenza – mi spiega suor Simona –. Qui resiste la credenza che violentare una ragazza con problemi mentali permetta di ottenere forza e poteri magici. E noi purtroppo non sempre riusciamo a proteggerle». Tra gli ospiti ci sono dei bambini, ᾽Ndi, che in lingua ewé significa «mattino», ha circa 9 anni e non si sa da dove venga: lo chiamano così perché è l’unica parola che pronuncia. Mi guardo intorno: mi sembra di essere in un girone di anime perse in cerca di una storia.

Allo sguardo di un occidentale tutto questo sembra poca cosa. In realtà è l’anticamera della salvezza. Secondo l’Oms (2004), in Africa ci sono 26 milioni di persone colpite da disturbi mentali, eppure nel continente c’è solo uno psichiatra ogni 5 milioni di abitanti; in Europa ce n’è uno ogni mille.

Una sanità mentale a misura di Africa

Non a caso Grégoire ha escogitato una formula di assistenza rudimentale, ma sostenibile: libera i malati e ricostituisce una comunità accogliente. Non solo, promuove sul campo gli operatori dei suoi centri, quasi tutti ex malati che conoscendo la malattia sanno come trattarla, restituendo loro un ruolo sociale. Un circuito virtuoso che, nel tempo, diventa cultura, abbatte i pregiudizi. «La cura dell’amore» la chiama Grégoire, che con il suo metodo ha salvato migliaia di vite. Nel sistema di Grégoire ci sono, ovviamente, anche gli psichiatri, ma, essendo pochi, li centellina, mandandoli a turno nei suoi centri a formare gli operatori e gli infermieri.

Mentre cammino all’interno del centro, le persone riconoscono la mia tonaca da frate. Si avvicinano. Le mani incrociate sul petto, la testa china, mendicanti di carezze e di benedizioni. Poso la mano su quelle fronti piene di fantasmi. E benedico. E prego. Saremo davvero in grado di aiutarli? Suor Simona coglie i miei dubbi silenziosi: «Oggi è un grande giorno – afferma –. Sant’Antonio farà quello che non fanno neppure le grandi organizzazioni umanitarie, starà con i nostri matti».

Il mistero Grégoire

D’improvviso ci raggiunge il rumore di motori e di sportelli che si chiudono tra grida di giubilo. All’esterno è un incrocio di abbracci: è arrivato Grégoire. Indossa una sahariana, i jeans, gli occhiali da sole appoggiati sui capelli ormai bianchi. Sprigiona un’inesauribile energia. Prima di questa vita, era un gommista e proprietario di taxi in Costa D’Avorio. Cristiano di nascita, ma ormai lontano dalla fede. Una vita agiata la sua, piena di vizi, finché, all’improvviso, tutto cambia: gli affari vanno male, gli amici lo abbandonano, entra in depressione, medita il suicidio. Si salva per miracolo e, grazie all’aiuto di un sacerdote, diventa un uomo nuovo in cerca di uno scopo. Lo trova, dopo un pellegrinaggio a Gerusalemme, nel Vangelo, che segue alla lettera, e nell’opera di salvezza dei suoi «matti», che lui considera il volto più dimenticato di Dio. Oggi ha centri in Benin e in Costa D’Avorio e ha salvato decine di migliaia di vite. C’è chi lo ritiene un folle, chi un santo. Lui si fa una risata e dice: «Ti pare che a fare tutto questo posso essere io? Sono solo un gommista!».

Il progetto in Togo

In Togo approda per caso o, meglio, per Provvidenza, come dice lui. Nel 2014 si trova in Francia per l’operazione a un ginocchio, quando una giornalista va a trovarlo, per denunciare la terribile condizione dei malati mentali in Togo. Se sai, non puoi ignorare. È Dio che chiama. La visita di Grégoire in Togo apre la strada. Un ramo dell’Associazione San Camillo de Lellis sboccia anche nella diocesi di Aneho e, nel 2015, parte il Centre Miséricorde de Zooti.

Il resto è storia di oggi: il centro di salute mentale ha liberato i malati, ha aperto loro un percorso di cura e l’accesso alle medicine. Ora il testimone passa a noi. Con il vostro aiuto costruiremo un centro di riabilitazione che offrirà ai malati una concreta possibilità di riscatto, un nuovo lavoro, una nuova vita.

Lungo la strada verso l’aeroporto di Lomé penso a quanto grande sia la sfida di quest’anno. Ma, ne sono sicuro, sant’Antonio non si tirerebbe indietro. Mi vengono in mente le parole di Grégoire, quando mi ha salutato: «Affidati alla Provvidenza. Troppi calcoli ti inchiodano alla logica umana. A Dio nulla è impossibile». E mentre rifletto, d’improvviso, dal finestrino, nel caos della città, vedo un uomo nudo, steso sull’asfalto. È un attimo. Un fotogramma di dolore. La macchina sfreccia, mi giro. Lo perdo nel traffico, lo imprimo nel cuore. Grégoire direbbe che è un segno della Provvidenza.

 

Trovi il racconto completo del Progetto 13 giugno 2019 di Caritas Antoniana sul numero di Giugno 2019 del "Messaggero di sant'Antonio" di carta, e sulla corrispondente versione digitale.

Data di aggiornamento: 11 Giugno 2019

1 comments

22 Giugno 2019
sono rimasto profondamente colpito da questa storia che ho letto, in forma integrale, su Il Messaggero. Non possiamo rimanere insensibili rispetto a un dramma come questo. Contribuiamo anche noi a un progetto che restituisce dignità all'essere umano. E Sant'Antonio benedica tutti.
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di FABRIZIO MICHELE

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