13 giugno: il popolo di Antonio
Il popolo di Antonio è quello che anche stamattina (e per tutto il giorno) gremiva la Basilica del Santo, durante la Messa delle ore 10.00, presieduta dal delegato pontificio per la Basilica del Santo, monsignor Diego Ravelli, e concelebrata dal direttore editoriale del «Messaggero di sant’Antonio», fra Massimiliano Patassini, e dal direttore generale, fra Giancarlo Zamengo. Un popolo di ogni età e provenienza, di ogni cultura e professione. Persone in cammino che ogni giorno faticano e sperano, gioiscono e piangono, che hanno dolori nascosti e silenziose speranze. E che tutto questo affidano al Santo, al loro amico Antonio, colui per il quale oggi hanno percorso tanta strada, con la certezza che lui non le lascerà mai sole, indicando loro il sentiero di una fede che illumina e consola. Indicando loro la vera sapienza, quella del cuore.
E proprio la sapienza (protagonista della prima lettura tratta dal capitolo 7 del Libro della Sapienza) è stata al centro dell’omelia che monsignor Ravelli ha pronunciato. «La Parola di oggi – ha sottolineato – comincia con un inno di lode e di ringraziamento, tratto dal Libro della Sapienza: “Pregai e mi venne elargita la prudenza, implorai e venne in me lo spirito di sapienza”. Parole pronunciate da Salomone, che in questa Basilica risuonano accanto a quelle perenni e vive di sant’Antonio, accanto alla sua testimonianza. Di grande uomo e santo». E noi oggi, insieme con lui, invochiamo lo spirito di sapienza che, come Salomone ci ha ricordato è prezioso più di ogni bene, più di ogni gemma, ricchezza, più della salute. «Una sapienza – ha proseguito il vescovo – che ci viene dal Vangelo e che significa imparare a guardare la realtà con gli occhi di Dio. Questo spirito ha riempito l’intera vita di Antonio, ma è importante anche per noi oggi, per aiutarci a discernere la realtà. Per non essere, come dice la seconda lettura di oggi tratta dalla Lettera agli Efesini, “portati qua e là”, ma agire secondo la verità della carità». «Antonio – ha insistito monsignor Ravelli – ci è stato donato come insigne e appassionato predicatore (“arca del testamento”, “scrigno delle scritture” lo aveva definito Gregorio IX, il papa che lo canonizzò ad appena un anno dalla morte). Predicatore instancabile, capace di attrarre i cuori della gente del suo tempo, anche i più duri, e di donare loro il pane celeste. Perché ancora oggi continua a donarci Gesù, anche nel tempo della prova e sofferenza». Monsignor Ravelli si è quindi soffermato sul Vangelo di Marco (16,15-18) proclamato in Basilica, un vangelo che ci invita ad andare in tutto il mondo a portare la speranza di Dio. «Antonio ha fatto suo questo mandato, ha portato il Vangelo di Gesù a ogni creatura. È questo il vero pane, il Vangelo di Gesù che ci fa desiderare la sua sapienza. Oggi ai fedeli qui presenti viene distribuito un pane che ciascuno porterà a casa, ma non come un portafortuna, bensì come pane di vita, pane di Gesù, unico pane vero che ci sfama».
In chiusura della sua omelia, il delegato pontificio ha poi ricordato che sant’Antonio è patrono dei poveri e infatti i suoi miracoli sono stati quasi tutti per la povera gente. Miracoli e segni (ricordati dal Vangelo) che hanno accompagnato la vita di Antonio e accompagneranno quella di coloro che credono. Anche se Antonio era consapevole che non erano questi i miracoli più grandi, bensì il portare, anche attraverso la predicazione, il Vangelo agli uomini e alle donne nel mondo. «La predicazione – ha concluso monsignor Ravelli –, Antonio lo sapeva bene, è efficace quando parlano le opere, Anche noi oggi possiamo compiere miracoli, ce l’ha detto Gesù, possiamo portare nel mondo la speranza e la sapienza del Vangelo. Quindi, portiamo a casa il pane che oggi verrà distribuito nel sagrato della Basilica, ma diventiamo noi stessi pane per i fratelli e le sorelle: “Donaci o Signore lo spirito di sapienza, perché sull’esempio di sant’Antonio la nostra vita compia i miracoli del suo amore».
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