Alunni di strada

I bambini di strada di Sucre in Bolivia hanno qualcosa di speciale: vivono e lavorano sulla strada per studiare. È il loro modo di sfidare la vita. L’impegno di una parrocchia dei frati del Santo e il vostro aiuto economico sono il loro sollievo.
13 Marzo 2000 | di

Vivere di niente, soli, sulle strade di Sucre in Bolivia, magari a 8 o a 13 anni. Alle spalle l'abbandono o una famiglia disastrata: alcol, disoccupazione, botte e tante bocche da sfamare. E allora c' è la strada, parvenza di libertà , di fuga, di compagnia. La compagnia di altri cuccioli randagi. Vengono dall'interno, questi ragazzi, dagli altopiani avari di raccolti; la povertà  che sfiora la miseria. Sucre è la città , il sogno. È la capitale costituzionale, la sede del potere giudiziario e di importanti università . Con le sue splendide architetture coloniali, i musei, le attività  culturali, è il cuore dell'orgoglio boliviano, la culla dell' indipendenza, l'anelito di riscatto per una nazione che ha poco da offrire ai suoi figli: l' analfabetismo tocca il 17 per cento, mentre 66 boliviani su 100 vivono al di sotto della soglia di povertà  (The Year Book, Cia 2000).
Non si può aiutare questi ragazzi senza tenere in considerazione i due estremi: povertà  e abbandono da un lato, orgoglio e voglia di riscatto dall' altro.
«I ragazzi vengono qui dall' interno per studiare - spiega fra Carlos, uno dei frati minori conventuali a cui la Caritas antoniana ha affidato i fondi per un progetto - . Figli di contadini poveri, conoscono la durezza della vita e lottano per migliorarla. Sono diversi dall' immaginario di 'ragazzo di strada' che ormai ci siamo fatti. Di giorno lavorano, lustrano scarpe, vendono chincaglieria e giornali, puliscono le strade. La sera vanno a scuola». Alcuni di loro sono in balia degli sfruttatori, che offrono un letto e un po' di cibo in cambio del guadagno del giorno. Altri pagano a caro prezzo la libertà : di notte cercano un riparo per dormire, sotto vecchi androni ispanici o sulla soglia di un edificio. E la fame è dura a sopportarsi.
I frati del Santo a Sucre curano la parrocchia di San Francesco, un gioiello architettonico nel cuore della città  vecchia e un punto di aggregazione popolare importantissimo. È situata in una zona di poveri negozi, di stanze date in subaffitto agli studenti, di mercatini multicolori. Le risorse economiche di Sucre stanno tutte qui; non esiste industria e l' agricoltura, a 2850 metri di altezza sul livello del mare, è un' ardua impresa.
«Li incontriamo per le strade, questi bambini, - continua fra Carlos - sono sempre più numerosi e sempre più giovani. Per sentirsi più sicuri e ricostruire una specie di affettività  familiare si riuniscono in piccoli gruppi. C'è, però, il rischio della criminalità , ma fortunatamente è marginale. Siamo ancora in tempo per evitare il peggio».
Sì, c'è molto da fare. I vestiti dimessi, la loro fame, i loro volti sono una provocazione evangelica: chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me (Marco 9,37). Da quando il fenomeno dei bambini di strada si sta allargando, l'impegno principale della parrocchia San Francesco è convogliare le risorse finanziarie e umane a loro favore. Così l'opera del pane dei poveri, che in parrocchia esiste addirittura dal 1536, sta progressivamente cambiando volto.
Il pane di sant'Antonio una volta alla settimana, il sabato, diventa latte al cioccolato e gallette; una volta al mese si converte in un pranzo completo con tutti i nutrienti, e poi ogni giorno si distribuisce in spese mediche, vestiti, quaderni, libri. Tutto ciò che consente la carità  degli uomini. «Quando i piccoli sono qui - commenta fra Carlos - parliamo, giochiamo, facciamo festa e loro dimenticano i problemi. D'incanto ridiventano bambini».
Merito della capacità  di amare che hanno frati e animatori parrocchiali. «Non perdiamo occasione per ricordare ai ragazzi che la loro vita è preziosa, anche per questa società  che sembra dimenticarsi di loro. Dio li ama, noi li amiamo, sono parte di questa Chiesa. Cerchiamo insomma di sviluppare l'autostima, il senso di appartenenza e soprattutto i rapporti affettivi. In questo sono fondamentali i volontari. Sono giovani universitari che a fatica si ricavano il tempo per prendersi cura di loro. I più grandi quindi diventano punti di riferimento per i più piccoli. E succede qualcosa di bello: i ragazzi di strada diventano responsabili di altri ragazzi di strada perché qualcuno sta facendo così con loro».
Appoggio materiale, affettivo ma non solo. I bambini, prostrati dalle difficili condizioni di vita, hanno spesso lacune scolastiche. «Non è facile stare attenti e studiare dopo tante ore di lavoro sulle spalle - chiarisce fra Carlos - . I volontari rispiegano le lezioni e aiutano a fare i compiti. Quando serve, paghiamo un professore per le materie più difficili e organizziamo delle lezioni di recupero al sabato».
Un impegno totale che sgorga dal cuore, quello della parrocchia San Francesco. Un impegno difficile perché i bambini che chiedono assistenza sono ormai più di cento mentre l'estrema povertà  degli abitanti non consente di contare su risorse locali.
Per questo, quando la Caritas antoniana ha ricevuto una richiesta di aiuto, non ha voluto sottrarsi. Già  da due anni, con la generosità  dei lettori, finanzia le attività  del centro parrocchiale. Nel 1999 ha inviato 10 milioni di lire, per l'anno in corso sono previsti altri 15 milioni. Un impegno insolito per la Caritas antoniana, che predilige ai progetti di assistenza quelli di autopromozione. Ma in fondo finanziare la speranza è anche un grande investimento per il futuro.

 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017