09 Ottobre 2019

Amazzonia, i difensori dei più deboli

Tanti i missionari che, anche mettendo a repentaglio la propria vita, hanno difeso i diritti delle popolazioni indigene in Brasile.
monsignor Donizetti Tavares De Lima
monsignor Donizetti Tavares De Lima tra i suoi parrocchiani

Vite che si donano anche a prezzo della loro stessa vita. Sono tanti i missionari e le missionarie impegnati nella difesa dei popoli dell’Amazzonia. «Quasi tutti i problemi – spiegano alla Fondazione Missio – derivano dalla terra e dalle sue risorse, dall’ingordigia di troppi potenti che vogliono impadronirsene a ogni costo». Molti i testimoni-martiri che hanno difeso le popolazioni derubate dei loro diritti, compreso quello della terra divisa tra nove Stati. «Annunciavano un Dio fraterno – ha detto dom Pedro Casaldáliga Plá, vescovo, teologo e poeta d’origine spagnola, naturalizzato brasiliano, egli stesso minacciato di morte –, promuovevano la giustizia e cercavano una vita in pienezza per questi popoli».

Tra le tante storie, quelle della paolina suor Dorothy Stang, uccisa da sicari pagati dai latifondisti nel 2005. O quella di monsignor Erwin Krautler, ancora oggi in prima linea a fianco dei popoli indigeni nonostante le minacce, insignito nel 2010, proprio per il suo impegno, del Nobel Alternativo. E ancora: Chico Mendes, sindacalista e ambientalista, assassinato nel 1988; Eusebio, leader indio Ka’apor, ucciso nel 2015.

Il Brasile è presente nella vita e nelle opere del sacerdote Donizetti Tavares De Lima (nella foto sotto), a breve beato. Il «parroco degli ultimi» visse nello Stato di San Paolo dove, tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, giunsero migliaia di immigrati italiani che finirono vittime delle prepotenze e del razzismo dei ricchi proprietari terrieri. Padre Tavares ereditò il nome Donizetti dalla passione di suo padre per la lirica. Nel 1926 gli fu affidata la parrocchia di Sant’Antonio a Tambaú. Anche qui sempre dalla parte dei poveri che lo riconoscevano come taumaturgo.

Altra figura legata all’Amazzonia è quella di padre Ezechiele Ramin, missionario comboniano, ucciso il 24 luglio 1985, a soli 32 anni, da una squadra armata al soldo dei latifondisti. Un «martire della carità» lo definì Giovanni Paolo II. Il 25 marzo 2017 si è chiusa a Padova, sua città natale, la fase diocesana della causa di beatificazione. Padre Dario Bossi, provinciale dei comboniani del Brasile e co-fondatore della rete «Chiesa e miniere», ha proposto padre Ramin come uno dei «protettori» del Sinodo. «Più di 200 vescovi, durante la recente assemblea della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile, hanno scritto una lettera a papa Francesco, chiedendogli che il martirio di padre Ramin venga rapidamente riconosciuto, in modo che possa diventare una figura di riferimento per il cammino della Chiesa in Amazzonia – afferma Bossi –. Lo uccisero mentre era in missione di pace. Sapeva che sarebbe successo, prima o poi. In un’omelia, immaginando di parlare con il suo assassino, disse: “Fratello, se la mia vita ti appartiene, ti apparterrà anche la mia morte”». In Brasile, in un sobborgo alla periferia di Manaus, capitale dello Stato di Amazonas, nel settembre 2009 fu ucciso il missionario padovano don Ruggero Ruvoletto. Versione ufficiale: rapina. Ma non fu rubato nulla. Modalità dell’assassinio? Un’esecuzione.

Data di aggiornamento: 09 Ottobre 2019
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