Benvenuti alla casachiesa
L’esperienza della casachiesa o la chiesacasa aperta a Facen di Pedavena alle porte di Feltre (BL) durante il lockdown – e ancor oggi in corso – sarebbe piaciuta a sant’Antonio. Come molti viandanti di oggi, vi sarebbe entrato scoprendovi un mondo. Nel tabernacolo di questa chiesa-oratorio dedicata al patrono san Francesco Saverio, c’è il Santissimo che tutto irradia. In un angolo c’è la «cucina», dove si può gustare un «cafffè» con tre effe – buono e giusto, scelto da un’ampia selezione di caffè equo e solidale – e una profumata fetta di dolce, fatta dai detenuti del carcere Due Palazzi di Padova. C’è poi lo «studio», con tanto di computer per lo smart working e la biblioteca. E per i più esigenti ecco l’armadio delle stole, che custodisce una collezione di ben cento paramenti appartenuti a santi, vescovi, Papi e illuminati sacerdoti, da don Milani ad Antonio Riboldi, da Leopoldo Mandić a Giovanni XXIII, da Hélder Câmara a David Maria Turoldo, da Albino Luciani a papa Francesco.
Un viaggio nell’umanità, nella Chiesa e nel mondo, racchiuso in un luogo in apparenza sperduto, a mezza collina, nella diocesi di Feltre e Belluno, oggi meta di turisti ma anche di sacerdoti, incuriositi dall’esperimento di una Chiesa che si rinnova. Un luogo d’incontro che è anche un luogo dei segni, dove le cose parlano di Dio e degli uomini in un mix da capogiro. «I sogni sono così, senza limiti e senza confini» ride Aldo Bertelle, ideatore della strana casa e direttore della Comunità Villa san Francesco per ragazzi in difficoltà, realtà nata in seno al Cif (Centro italiano femminile) di Venezia nel 1948 e che ha gemmato in oltre 70 anni di vita altri «boccioli» di bene: tra questi, la cooperativa Arcobaleno che accoglie persone con disabilità mentale.
Ma c’è anche il più visionario museo che ci sia, il Museo dei Sogni, della Memoria, della Coscienza e dei Presepi, dove trovi l’inimmaginabile: un pezzo del muro di Berlino, un frammento di tegola di Hiroshima, i sassi dell’11 settembre ma anche le macerie della scuola di San Giuliano di Puglia, dove morirono 27 bambini e una maestra. E c’è anche un mappamondo di vetro che contiene, mischiate, le terre dei 199 Paesi del mondo. Accoglienza, condivisione, solidarietà, ascolto, memoria e futuro. Ancora una volta, un mix da capogiro.
È qui che sant’Antonio si fermerà durante il suo viaggio ideale per l’Italia che stiamo seguendo da inizio anno, lasciando un segno concreto: un’offerta da destinare ai ragazzi della Comunità Villa san Francesco e della cooperativa Arcobaleno, dopo mesi di difficoltà umane ed economiche, dovute alla pandemia. Una realtà di bene, piccola, locale, che ha però la capacità di aprirsi al mondo in modo profetico. Una scelta provvidenziale, che segna anche un passaggio nel percorso di sant’Antonio, da naufrago a frate sperduto per l’Italia, a cittadino del mondo. «Quando l’ho saputo mi sono emozionato – afferma Bertelle –. Credo che l’idea di far camminare sant’Antonio per le strade d’Italia e farlo fermare nelle realtà che s’impegnano a favore delle persone in difficoltà e delle comunità sia un bellissimo segno».
E Bertelle di segni se ne intende, visto che nella sua comunità tutto ciò che succede è vita condivisa: «I ragazzi della comunità, anche quelli con più difficoltà, accolgono i visitatori del Museo dei sogni o le persone che vengono nella casachiesa». La Parola si fa segno, il segno si fa Parola. «Se ami la Chiesa – conclude – devi sperimentare, devi osare. Non devi arrenderti alle chiese vuote. E se osi e cerchi di volare alto anche i giovani ti seguono». Vangelo e carità, le due parole al cuore del carisma di sant’Antonio vivono già in questa realtà. Preparate un caffè con «tre effe», sant’Antonio sta per arrivare.
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