Caritas antoniana: la solidarietà dei lettori in Brasile. I piccoli, per primi
La povertà del Sud del mondo appare, spesso, ai nostri occhi come un fenomeno lontano, le cui cause sono confuse e poco comprensibili. Senza conoscerle, è difficile fare qualcosa per porvi rimedio. Di fronte a questo problema, si è trovata la Caritas antoniana quando ha ricevuto una richiesta di aiuto dalla diocesi di Palmares, nello stato del Pernambuco, nel Nord Est del Brasile.
Palmares è una città di 60mila abitanti, il 50 per cento dei quali vive al di sotto della soglia di povertà , misurata su livelli brasiliani e, quindi, ancora più misera. I fortunati, cioè i pochi che lavorano, riescono a guadagnare circa 120 dollari al mese, cioè 180mila lire italiane per mantenere cinque, sei e più figli. Per descrivere il degrado in cui vivono le famiglie, basta citare alcuni dati: cresce il livello di violenza tanto che a Palmares si registrano cinque omicidi a settimana; aumenta in modo impressionante il numero dei bambini di strada e dilaga lo sfruttamento umano e la prostituzione, specie dei più piccoli.
La spirale della povertà
La causa principale ha un nome: «globalizzazione», cioè il libero movimento dei capitali e del commercio come se il mondo fosse un unico, grande mercato. Il fenomeno non è di per sé negativo, lo diventa perché non tutti i Paesi del mondo hanno uguali opportunità , mezzi, peso politico e ricchezza economica. In questo squilibrio, le risorse umane e naturali dei Paesi poveri vengono sfruttate e rese dipendenti dalle economie dominanti.
È quanto è successo a Palmares, allorquando il «mercato» ha imposto allo Stato del Pernambuco di coltivare su tutta la superficie agricola solo la canna da zucchero (monocoltura, si dice). Tutta la produzione e il lavoro della povera gente si sono concentrati in quest'attività . Ma è venuta la crisi. Crisi ancora più nera perché il territorio collinare non è il più adatto a questa piantagione e, soprattutto, a causa della struttura del latifondo, presente nella zona, che è rigida e priva di spirito imprenditoriale. Per questo, la produzione di canna da zucchero delle grandi pianure del Sud del Paese, attuata con tecniche all'avanguardia, è risultata subito più competitiva.
Il macigno è caduto su molte famiglie di Palmares, il cui unico reddito è rappresentato dal lavoro stagionale del capo famiglia come tagliatore di canna, attività che può durare dai 4 ai 6 mesi, con un salario che non consente alle famiglie di sopravvivere per l'intero anno.
La situazione impoverisce tutti, ma pesa maggiormente sui più deboli. Il fenomeno di bambini abbandonati che per sopravvivere ricorrono a furti, accattonaggio ed espedienti di vario tipo, scatena ondate di odio e di violenza nei loro confronti, mentre il governo brasiliano non riesce ad aiutarli e offrire loro possibilità di recupero. Secondo l'«Ibge», l'Istituto di statistica brasiliano, il 40 per cento dei bambini delle zone di Recife e Palmares non riesce a iscriversi alla scuola pubblica perché non passa il pre-esame; il 23,8 per cento viene eliminato nel passaggio dalla 1ª alla 2ª classe elementare. Sta crescendo una generazione di bambini senza alcun punto di riferimento, né familiare né istituzionale, che non ha le basi minime su cui costruire un futuro.
La risposta della Chiesa
Ancora una volta è la Chiesa a prendere l'iniziativa. Nel 1988, viene costituita l'Associazione sociale Parrocchia Palmares, la quale, nel 1989, compra un edificio su una collina nei pressi della città . Nasce così la «Granja Paraiso», una struttura di accoglienza che offre ai bambini di strada una casa, una parvenza di famiglia e il sostegno per la frequenza scolastica.
Oggi, le attività sono aumentate in numero e qualità per far fronte ai tanti bisogni. Oltre alla casa-famiglia che ospita 30 bambini abbandonati, una scuola materna accoglie 79 bambini per assicurare loro una migliore alimentazione e un'educazione di base; una scuola di alfabetizzazione sta preparando 53 bambini a entrare nella scuola pubblica; un centro educativo comunitario con attività di doposcuola è frequentato da 72 ragazzi. Una casa per ragazze, segue 88 adolescenti sempre per attività di doposcuola e per corsi di formazione professionale e artistica; è attivato un corso di alfabetizzazione, frequentato da 270 adulti.
L'associazione si è resa conto che la possibilità di futuro dipende dal recupero della dignità , dalla formazione umana, dalla ricostruzione dei legami familiari, attraverso due passaggi fondamentali: l'alfabetizzazione e la formazione professionale. Sono nati corsi professionali, come dattilografia, agricoltura, falegnameria, e vere e proprie microimprese per avviare i ragazzi al lavoro: allevamento di vacche, polli e quaglie, i cui prodotti vengono venduti in una rete di supermercati. I ragazzi che ci lavorano ricevono un salario commisurato all'età e al loro impegno.
Il contributo della Caritas antoniana
Queste attività , in una zona dove non esiste lavoro, diventano di primaria importanza, e non poteva mancare, in questo filone, la solidarietà dei lettori del «Messaggero».
Grazie al loro aiuto, è nato il corso di taglio e cucito, costato appena 8 milioni, che ha offerto a 20 ragazze la possibilità di imparare un mestiere. Le giovani sono esposte, fin dalla più tenera età , al rischio di prostituzione e sfruttamento. Nella maggior parte dei casi, si sposano giovanissime e hanno, quasi sempre, più di cinque figli. La loro condizione le inchioda nell'ignoranza e nella dipendenza. Il corso, che a noi potrebbe sembrare poca cosa, è stato per molte un punto di svolta: «Ho otto figli. Ho scelto questo corso perché per la gente povera è importante imparare a cucire la roba dei propri bambini», dice Monica. Vera ha persino un'intenzione imprenditoriale: «Vorrei imparare questo mestiere - dice - non solo per i miei cari, ma per cucire abiti per gli altri: aiuterei un po' mio marito che guadagna pochissimo». Il corso ha avuto ricadute personali insospettate: «Ho scoperto che sono capace di fare qualcosa, non sono più triste e la mia vita per questo è cambiata moltissimo».
Quest'anno, inoltre, la Caritas antoniana sta sostenendo, con un contributo di 10 milioni di lire, alcune spese per la conduzione della Casa-famiglia dei bambini di strada, in particolare, parte degli stipendi degli educatori e i costi per l'alimentazione e il vestiario.