Chiamati a vivere l’incontro con il Risorto

L’importante è che non si spenga l’esperienza dell’incontro con il Risorto, che ci fa credenti e comunità.
01 Aprile 2001 | di

Il soggetto scelto per la copertina di questo numero di aprile illustra significativamente l' evento pasquale che come cristiani siamo chiamati a vivere in questo mese: l' emergere del Signore risorto dalla notte della morte, nel scintillio luminoso della miniatura; le frontiere della vita e della morte che interpellano di continuo l' esistenza dell' uomo.
La parola Pasqua significa in ebraico «passaggio»: da una festa legata alla vita dei pastori, con il transumare delle greggi nella stagione primaverile verso nuovi pascoli, è passata a significare poi un altro «passaggio» fondamentale della fede d' Israele: dall' Egitto alla Terra Promessa attraverso il Mar Rosso. Dalla schiavitù alla libertà . Dalla morte alla vita.
Possiamo ritrovarci nel senso simbolico, che fa riemergere domande ancestrali, che portiamo dentro di noi ma che non esauriscono pienamente il nostro vivere la Pasqua come cristiani. È Gesù il Cristo che è risorto. Una verità  proposta alla nostra fede, ma che forse non la provoca più di tanto, che è diventata scontata o non significativa. Colpisce che da tante inchieste fatte sul rapporto tra l' essere cristiano e le verità  che questo comporta, anche la resurrezione di Gesù sia considerata da una percentuale non indifferente, un aspetto relativo.
Risuona la parola di Paolo (segno di un problema antico?): «Se Cristo non fosse risorto, vano sarebbe il nostro credere».
In tempi recenti ho trovato di frequente recensiti e dibattuti nella stampa italiana (e mi riferisco soprattutto alla «grande stampa», tanto per intenderci) libri di argomento teologico o strettamente legati a temi religiosi. Stimolanti nel gioco del rapporto delle grandi idee, delle teorie culturali. Libri che alimentano la domanda del senso religioso proprio all' interno di una cultura che sembra, per altri aspetti, rifiutare la domanda religiosa o guardarla con sospetto. Rileggendo, tuttavia, i racconti della risurrezione tramandati dai Vangeli, stupisce che si riferiscano soprattutto all' esperienza, individuale o collettiva, dell' incontro con il Risorto. Un incontro personale, carico di stupore, che nulla toglie alla domanda di cosa e come abbia potuto accadere.
Dall' incontro con Maria nel giardino del sepolcro (il giardino del nuovo Eden!) visitato con le lacrime di occhi gonfi di una troppo recente tragedia. Una donna che viene chiamata per nome: un gesto carico di dolcezza e affetto; l' esperienza di Pietro e Giovanni che giungono trafelati al sepolcro: l' intuizione del discepolo che più di altri aveva capito il mistero del Rabbi (Maestro); l' esperienza di Tommaso che vuole toccare con le sue mani la carne del Risorto nei segni della violenza subita. Li riascolteremo questi incontri. Ognuno di essi rimanda alla nostra esperienza di credenti, anche oggi chiamati per nome, che corriamo trafelati, spinti dal bisogno profondo di essere confermati nella fede; rimanda alle nostre intuizioni, alle domande di razionalità .
Il dossier di questo numero tocca un tema non facile ma incontrovertibile nella nostra cultura: venuto meno un sistema di «cristianità » (l' omogeneità  cioè tra i valori cristiani e la società  civile) ci riscopriamo minoranza sociale. Ma il costatarlo non ci fa paura, il fatto appartiene al ritmo della storia: l' importante è che non si spenga l' esperienza dell' incontro con il Risorto, che ci fa credenti e comunità . E ciò avviene per grazia, non per anagrafe o per convenienza sociale.
Questo il motivo del nostri ottimismo. Un ottimismo che ci viene dalla nostra fede nel Risorto: non è possibile che il sangue del Figlio di Dio che ha bagnato la terra sia stato sparso invano. Ma anche perchè i «segni dei tempi» lasciano intravedere un mondo migliore, nonostante tutte le contraddizioni della transizione.
Afferma Giovanni Paolo II: «Se si guarda in superficie il mondo odierno, si è colpiti da non pochi fatti negativi, che possono indurre al pessimismo. Ma è questo un sentimento ingiustificato: noi abbiamo fede in Dio Padre e Signore, nella sua bontà  e misericordia. In prossimità  del terzo millennio della Redenzione, Dio sta preparando una grande primavera cristiana, di cui già  si intravede l' inizio».
Ma una cosa comunque è certa: il cambiamento non avverrà  da solo, per forza endogena.
Il nostro futuro dipenderà  in gran parte dalle scelte responsabili di oggi. Scelte che dovranno avere come misura e guida Gesù Cristo risorto.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017